LAVAGNE DELLA STRENNA
Destinate a coloro che saranno accompagnati dai bambini al cinema

Il solito Papà Natale buonista                      (a cura di Paola Tarino)                                  L'abete non ancora rubato dal Grinch

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LE STRENNE DEL 2001

 

"How The Grinch Stole Christmas" (Il Grinch) di Ron Howard, USA, 2000, 105'

"Chicken Run" (Galline in fuga) di Nick Park e Peter Lord, GB/USA, 2000, 85'

"Dinosaur" (Dinosauri) di Ralph Zontag e Eric Leighton, USA, 2000, 82'

"Princes et Princesses" (Principi e Principesse) di Michel Ocelot, F, 1999, 70'

 

 

 

UN IMPEGNO PRECISO: SEQUESTRARE IL GRINCH

Le anime belle del Natale a Kinonsò

Non lasciatevi ingannare dal look buonista e festaiolo della lavagna, perché il Grinch potrebbe albergare in ognuno di noi. Riposa sornione per tutto l'anno, per manifestarsi in qualità di giustiziere solitario, joker di fine anno, nei confronti delle frenesie consumistiche, che rendono il Natale paragonabile alla società berlusconiana che sogna di trasformare ogni cittadino dell'italietta in consumatore "giubilante", un po' ebete, frastornato dalle melensaggini degli spot dei panettoni che pagano le campagne elettorali e dai bisogni/desideri/sprechi indotti, che mostrano ben presto la loro vera identità: merce lussuosa destinata alla discarica e al pattume glocalizzato dei vari Nonsokì di turno.

Qualora la vostra digestione post-prandiale natalizia dovesse aver luogo nel buio di una sala cinematografica, scorrazzati dal dinamismo effervescente dei minori che siete tenuti ad accompagnare, è giusto avvisarvi che la vostra salute non correrà alcun rischio di fronte all'ultimo film di Ron Howard, How The Grinch Stole Christmas, il cui biglietto pagherete volentieri in omaggio al mitico Ritchie Cunningham, che da giovincello il regista interpretava nella serie televisiva "Happy Days", nonostante si tifasse tutti per Fonzie.
Da Arcore - per fortuna - non è ancora giunta la disposizione di sequestrare il film o di vietarlo ai minori, nonostante la critica nei confronti della mercificazione delle feste, religiose e/o pagane, appaia corrosiva, anticonformista, persino irriverente, seppure temperata dal climax che sorregge l'intera narrazione di questa commedia fantasy.

Nel paese di Kinonsò è iniziato il periodo della "giubilanza", che non a caso sembra avere molte analogie con il giubileo nostrano: organizzato per corporazioni, tutte destinate a portare quattrini nelle borse degli ipermercati, che promettono felicità e simoniaca beatificazione eterna.
Gli abitanti delle linde casette unifamiliari fanno a gara a chi decorerà meglio i propri edifici, ricorrendo anche a cannoni "ultimo grido", spara lucine natalizie intelligenti.
La loro unica preoccupazione è costituita dal transitare attraverso un tempo congelato in perpetua vigilia di Natale, immortalati come compratori-consumatori accaniti di inutili pacchi regalo. Questi ultimi occupano le inquadrature, stipando l'accuratissima scenografia, che risulta pertanto sovraccarica e ipercolorata: una marmellata di cattivo gusto, vero incubo per occhi troppo stanchi di stelline intermittenti, puntini luminosi, nastrini, carta lucida dalle decorazioni leziose. Anche se le geometrie sbilenche degli archi, delle volute e delle maioliche moresche rendono omaggio alla visionarietà strampalata di architetture alla Gaudì e al contempo risultano fedeli alle illustrazioni della favola, scritta nel '57 da Theodore Seuss Geisel (conosciuto da generazioni di lettori americani come "Dr. Seuss"), da cui trae ispirazione il film di Howard.
Fa da contraltare al design kitsch dell'arredo urbano la grotta dove ha scelto di autoesiliarsi il Grinch, situata all'interno del cucuzzolo nevoso del monte Crumpit: un ventre cavernoso, fuoriuscito dall'archeologia postindustriale o da una mostra di arte povera, ospitante il pattume e le scorie tossiche dell'universo sottostante, cibo per il "mostro" verde e peloso, che ha dichiarato guerra ai Natali falsi ed ipocriti dei Nonsokì.

Jim Carrey travestito da Grinch, travestito a sua volta da Babbo Natale

Dal cuore due taglie più piccole rispetto al comune e dalle scarpe troppo strette, il Grinch ha la faccia verdognola, le dita affusolate e coperte di pelo, vive in compagnia del fedele, ma solo fino ad un certo punto, cane Max (in realtà una cagnetta terrier dal pelo tosato e tinto), divora bottiglie fatte a pezzi e si tiene su il morale attraverso sedute di training autogeno, che hanno lo scopo di confermargli la propria condizione di "spiritello cattivo". Sotto la pelliccia, tra le rughe e il pesante trucco si indovina lo sguardo dell'attore Jim Carrey, la cui comicità cinica e ironica ricorda, seppure in tono minore perchè privato della faccia coperta dalla maschera, le sue precedenti interpretazioni nei ruoli di Ace Ventura o di Andy Kaufman in "Man On The Moon". Un'anima sovversiva, esclusa dalla festa fin da bambino, poiché emarginato dalla società benpensante e conformista del paese di Kinonsò: diversità causata dal suo aspetto fisico giudicato mostruoso, colpa che lo marchierà a vita, costringendolo a esiliarsi da quel vile consesso umano.
Il Grinch finirà per assecondare i desideri di chi lo ritiene malefico, incivile e "castiga natali", completando ogni anno il disegno previsto attraverso monellerie giocherellose e bonarie: sostituisce alle nenie natalizie trasmesse dagli altoparlanti i guaiti del suo cane per spaventare gli spensierati acquirenti, si diverte a sostituire presso l'ufficio postale gli auguri natalizi con ingiunzioni di pagamenti di tasse, provoca ingorghi nel traffico della vigilia, brucia l'abete della piazza, si traveste da Papà Natale, stavolta ladro e non dispensatore di doni. Ma a un certo punto comprende, seppur con l'aiuto di aiutanti magici (com'è tradizione in ogni fiaba) che i suoi dispetti finiscono per far parte dei festeggiamenti, anzi ne sono diventati lo spettacolo stesso, perchè l'intera città ha sequestrato la sua immagine, riducendolo ad un rituale senza cuore. Non è più lui ad essere il Grinch. La sindrome si è estesa, globalizzata, fagocitata, restituita a normalità: un copione da recitare, uguale ogni anno che passa.
Il bello consiste nel fatto che lui è l'unico a non possedere nulla, a non avere regali da fare (a meno che non pensi di dedicarsi in futuro al riciclaggio del pattume): gli altri non sono consapevoli nemmeno di questa ovvietà. Per questo alla fine riuscirà a dire con animo sincero: "Buon Natale a tutti voi!", una rivincita che potrebbe risultare, a prima vista, come una sconfitta. Invece si tratta di un riscatto simpatico, poiché giocato sullo stesso leitmotiv dei suoi antagonisti.

L'attrice Taylor Momsen nella parte di Cindy in compagnia della donna amata dal GrinchCome rovinare il Natale altrui?

"Il Grinch ha un cuore dolce": l'intuisce subito Cindy Lou Who, la bambina che ha compreso come il vero spirito del Natale appartenga ormai al passato, pertanto, assalita dal dubbio che "il Natale abbia un significato più complicato d'un supermercato!", decide di conoscere da vicino quel mostricciattolo verde che, lungi dallo spaventarla, le appare come creatura solitaria ed infelice (anima gemella di Edward, mani di forbice e di Skeleton di The Nightmare before Christmas), capace di gesti autentici, poiché alieni alla frenetica gara consumistica, che rende gli adulti insensibili, forsennati compratori nel paese dei balocchi. Non a caso solo a lei viene risparmiata la trasformazione in umanoide dal muso simile a quello di un riccio (acconciature stavaganti a parte): tutti i Nonsokì sono invece ridotti a marionette stupide, compreso il primus inter pares, Sindakì, il cui look, ancora più festivaliero, ricorda pacchiane operazioni di lifting a noi più note. Tra Cindy e il Grinch è naturale che scatti subito la scintilla magica: si intendono, solidarizzano a modo loro, sanno divertirsi e soprattutto recuperare una voglia genuina di fare festa, non inquinata dall'incubo del consumo.

Una notazione interessante: la voce narrante del film recita il dipanarsi della trama in forma poetica, è tutto un susseguirsi di filastrocche in rima; persino le battute fondamentali sono scandite in versi. Immagino sia stata ardua l'operazione di traduzione in italiano di un testo filmico, che mantiene inalterata la carica letteraria del libro da cui è stato tratto.

Sindakì, il Grinch da grande e da piccolo

MAKE UP

"Premiato cinque volte con l'Oscar, il truccatore Rick Baker è considerato il maggiore esperto di effetti speciali di make up. Per creare la faccia verde del Grinch sono servite ottomila applicazioni facciali, tremilacinquecento orecchie di gomma, trecento parrucche, centocinquanta piccole applicazioni di pelo. Ogni giorno erano necessarie più di cento sedute di trucco, per le quali Baker si è fatto aiutare da sessanta assistenti. Baker ha creato anche il vestito peloso del Grinch, fatto di peli di yak colorati di verde e cuciti su un costume di lycra. E non mancano gli addobbi, più di ottomila pezzi che hanno rallegrato le casette di Whoville insieme con duemila bastoncini canditi. Enorme la quantità di neve artificiale usata sul set: potrebbe sommergere fino a nove campi di calcio!" (da Primissima, n°12, dicembre 2000)


Sito ufficiale:
http://www.inwind.it/ilgrinch

 

Condizione di staticità post-incontro con il Grinch

La strenna continua con

Galline in fuga

Dinosauri

Principi e Principesse