LAVAGNE DELLA STRENNA
Destinate a coloro che saranno accompagnati dai bambini al cinema

Ma passerà per il camino?                      (a cura di Paola Tarino)                                  Non è l'abete di Piazza San Pietro: manca il sangue

 

 

 

"Chicken Run" (Galline in fuga) di Nick Park e Peter Lord, GB/USA, 2000, 85'

"Dinosaur" (Dinosauri) di Ralph Zontag e Eric Leighton, USA, 2000, 82'

"How The Grinch Stole Christmas" (Il Grinch) di Ron Howard, USA, 2000, 105'

"Princes et Princesses" (Principi e Principesse) di Michel Ocelot, F, 1999, 70'

 

 

 

UN IMPEGNO PRECISO: DEPORTARE LE GALLINE

Plastiline di tutto il mondo unitevi!

Se avrete la fortuna di farvi trascinare dai bambini all'interno del pollaio della terribile fattoressa, Mrs. Tweedy, sicuramente la vostra digestione natalizia sarà messa a repentaglio dal fatto che, anziché concedervi tregue nelle evasioni vacanziere, vi state cacciando - magari a vostra insaputa - nella visione di un film comunista (o "Komunista", come si pronuncia ad Arcore), interpretato da galline ribelli e pertanto unite nella lotta, stanche di aumentare la qualità totale delle uova o di trasformarsi in carne da macello: chicken pie, lo sformato di pollo, che forse avete appena avuto la sventura di assaggiare in uno dei tanti banchetti festivi.
I riferimenti marxisti del film di Nick Park e Peter Lord, CHICKEN RUN, traggono però maggiore ispirazione dal racconto "La fattoria degli animali" di George Orwell (noto a tante generazioni dal dopoguerra in poi), dove gli animali entravano in rivolta contro l'autoritarismo staliniano, ed è stato coprodotto dalla DreamWorks di Spielberg: non a caso l'allusione ai lager e ai campi di sterminio è evidente, come il riferimento al film Stalag 17 di Billy Wilder del 1953, citazione colta nel numero che contraddistingue la baracca dove cova Gaia, la gallina organizzatrice della fuga dal pollaio, evidenziata anche nei momenti corali di assembramento.

Il pollaio lager ricorda il campo di prigionia di Stalag 17

"I recinti sono nella vostra testa", dice Gaia di fronte all'ottusità delle altre galline compagne di sventura, rassegnate al loro destino di covatrici stakanoviste di uova: carne buona da mettere all'ingrasso per finire in pentola non appena la produzione comincerà a diminuire.
Il mondo illustrato attraverso le plastiline animate è fatto di sfruttamento: produzione industriale di uova, mancanza di libertà, eliminazione degli esuberi; "Edwina se ne va in vacanza?", esprime il coccodè della più svampita delle galline, che sferruzza come una vecchia zia e non comprende nemmeno la purga thatcheriana della collega, ormai considerata improduttiva rispetto agli standard del pollaio britannico; di fronte alle ossa della gallina operaia appena sgozzata, un'altra avicola avrà addirittura il coraggio di dire in assemblea: "Il nostro è pur sempre un mestiere: se avesse trascorso più tempo a deporre uova ("lavorare" in linguaggio umano) e meno a fuggire (da tradursi in "lottare") sarebbe ancora viva". Un meccanismo che svela come il lavaggio del cervello subito dagli internati sia la cifra emblematica dei danni - non solo fisici, ma soprattutto mentali - compiuti dall'orrore nazista o dai meccanismi produttivi neoliberisti: pur di non passare per il camino, si cerca di sopravvivere, adattandosi al proprio tragico destino di reclusione.

A Gaia però questo mondo non convince e si ribella: nei primi minuti del film tenta ripetutamente e disperatamente la fuga attraverso il filo spinato che recinta il pollaio. Sempre acciuffata dal cane e dal kapò, sorvegliante marito, a sua volta sfruttato dalla moglie, proprietaria nazista, Msr. Tweedy.

Nel pollaio si respira un'atmosfera che ricorda anche un altro grande film, La grande fuga (The Great Escare) di Preston Sturgess del 1963, quando plana dal cielo il ruspante Rocky Bulboa (un nome scelto non a caso), gallo yankee che il sarcasmo britannico fa provenire "dalla terra dei liberi e patria dei valorosi". Rocky è scappato dal circo, dove veniva sparato in aria da un cannone: si è stancato di fare il gallo volante, proiettile non certo intelligente. Anche se non sarà capace di volare, come ha promesso in un primo tempo alle galline, si industrierà per aiutarle ad organizzare la grande fuga dal pollaio verso l'isola della libertà ("là fuori, dove non c'è allevamento"), in una città del sole, dove, dopo i titoli di coda, ci si può concedere il lusso di speculare sull'annosa querelle se sia nato prima l'uovo o la gallina.

L'avventurosa fuga di Rocky su una motocicletta ricorda quella di Steve McQueen nel citato film di Sturgess: la chiave comica in questo caso è essenziale per mediare il ricordo di quell'eroica impresa!

Il poster del film

"Le galline sono le bestie più stupide: non complottano, non cospirano e non sono organizzate", erronea supponenza del potere, smentita subito dall’assemblea nello stalag 17, dove si inneggia al valore dell'organizzazione dal basso.
"É tempo di imparare a volare" e quindi di rialzare la cresta! - "O moriremo galline libere o moriremo nel tentativo di esserlo" canta il galletto anziano, rinverdendo slogan di un passato passionario.
Il gallo cedrone fa il verso ad un vecchio ufficiale della Raf, intento dapprima a passare in rassegna le truppe internate con fierezza tutta britannica (anche se poi si scoprirà che faceva solo la mascotte nella guerra anti-nazista!), nel finale si trasformerà invece in pilota del rudimentale aereo che porterà la massa fuori dal lager.

Nella versione italiana Nancy Brilli doppia Gaia e Christian De Sica Rocky

Nel film si respira un'atmosfera scanzonata, dettata dai caratteri dei personaggi e dalla loro simpatica animazione attraverso il movimento della plastilina. Le situazioni tragi-comiche permettono di notare non solo i riferimenti all'immaginario filmico saccheggiato dai registi - citazioni tratte da film che contribuirono a formare una coscienza di classe attraverso l'epopea della lotta al nazismo - ma di accogliere con il sorriso il riecheggiare di parole d'ordine dimenticate e la gravità di alcuni predicozzi, stavolta sgravati di retorica. Si ride delle galline antropomorfizzate, ma i rimandi iconici al nazismo e l'allusione alle condizioni del lavoro salariato rendono agghiacciante l'omologazione della condizione umana all'universo avicolo.
La vittoria finale è un messaggio di speranza che si vuole trasmettere al mondo: agli adulti perché rimeditino sulla loro condizione reversibile, ai giovani perché non diventino come certi anziani, quelli complici dello strapotere.

Nel film sono stati usati 1400 pupazzi di plastilina

AARDMAN ANIMATION

"La Aardman Animation di Peter Lord e David Sproxton è diventata in pochi anni uno dei più prestigiosi studi di animazione europei. Specializzati in video musicali e filmati pubblicitari, accanto alla produzione commerciale hanno sempre sostenuto una produzione sperimentale, alla ricerca di nuove tecniche e nuovi linguaggi. L'incontro con Nick Park, un originale quanto geniale artigiano della plastilina, li convince a produrre filmati anche con quel tipo, piuttosto complicato, di tecnica.
Questo primo lungometraggio animato dalla plastilina vede la luce dopo tre anni e mezzo di lavoro in un enorme capannone appositamente realizzato a Bristol, sede della premiata ditta Aardman Animation, dalla DreamWorks di Steven Spielberg. Galline in fuga è costato 40 milioni di dollari e altrettanti sono stati spesi per la pubblicità e i gadget" (da Primissima, n°12, dicembre 2000).

"La prima difficoltà è stata di natura fisica - commenta il creatore delle galline Nick Park - le galline hanno le zampe storte, gli occhi piccoli ai lati della testa, che pure è molto più piccola rispetto al corpo, non hanno denti. Il prototipo di un personaggio animato è l'esatto opposto: testa grande, corpo piccolo, denti grossi e bianchi. Abbiamo aggirato il problema ricostruendo le pollastre con scheletri in metallo ricoperti con il latex per sostenere il peso della testa e delle ali in plastilina. Più un po' di argilla colorata e cera d'api" (da Primissima, n°12, dicembre 2000).

"Nick Park è una sorta di gallina dalle uova d'oro. Ha vinto ben tre premi Oscar: è lui l'autore dei personaggi (popolarissimi in Gran Bretagna) di Wallace e Gromit, e all'Aardman l'hanno voluto come socio. L'idea di Galline in fuga è partita da lui, e quando l'Aardman l'ha proposta agli americani della DreamWorks - che erano reduci dagli insuccessi in campo animato come quello de Il principe d'Egitto - questi hanno subodorato una buona occasione per staccarsi dal disegno animato di tipo tradizionale e imboccare una strada diversa, che poteva essere quella vincente.
In Galline in fuga, infatti, si usa il pupazzetto di plastilina, la claymation, come viene chiamata e nient'altro. In Gran Bretagna è sempre stata una tecnica molto praticata, basti pensare a Ray Harryhausen e al suo Giasone dove, negli anni 50, utilizzava dei pupazzi per una danza degli spettri che è passata alla storia del cinema animato. Credo però che uno dei motivi, per cui il sistema non incontrava il gradimento del pubblico, era che diventava molto facile fare degli errori durante la lavorazione: non c'era modo di controllare il movimento del pupazzo prima dell'invenzione del video assist, nato alla fine degli ani 70. Per cui ora, in questo modo, puoi controllare, tramite il video appunto, come si posiziona l'oggetto su cui stai lavorando. Se lo avevi mosso troppo o in maniera sbagliata, prima non potevi ricostruire esattamente la sua posizione, dando origine a dei salti, a delle imprecisioni durante le riprese che infastidivano lo spettatore. Ora, tutto è molto più preciso e il lavoro è facilitato. [...] Solo per una scena è stato usato il computer: una di quelle finali dove si vede la cattiva che viene trascinata via appesa a un filo. Lo sfondo, durante le riprese, era blu, poi è stato integrato da uno sfondo ricostruito al computer. Tutto il resto è animazione di plastilina" (dall'intervista, curata da Loredana Leconte, a Francesca Ferrario, assistente animatrice degli Studios Aardman, il manifesto, domenica 17 dicembre 2000).


Sito ufficiale:
http://www.lycos.it/gallineinfuga

 

Chicken Pie di Abeti e Papà Natale

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