LAVAGNE DELLA STRENNA
Destinate a coloro che saranno accompagnati dai bambini al cinema

Almeno lui non legge messaggi a reti unificate                      (a cura di Paola Tarino)                                  Qui non si appendono messaggi giubilari di fine anno

 

 

 

"Princes et Princesses" (Principi e Principesse) di Michel Ocelot, F, 1999, 70'

"How The Grinch Stole Christmas" (Il Grinch) di Ron Howard, USA, 2000, 105'

"Chicken Run" (Galline in fuga) di Nick Park e Peter Lord, GB/USA, 2000, 85'

"Dinosaur" (Dinosauri) di Ralph Zontag e Eric Leighton, USA, 2000, 82'

 

 

 

UN DOVERE MORALE: UN MILIONE DI OMBRE PER TUTTI

Favole da Mille e una notte per allietare l'immaginario di grandi e piccini

La lavagna conserva il pezzo migliore proprio al fondo della strenna natalizia, Princes et Princesses di Michel Ocelot: un gioiello di animazione anti-digitale, omaggio al teatro delle ombre, importato dall'Oriente, che, a partire dal XVIII secolo, cominciò a creare quelle "meraviglie" percettive, che stanno alla base della nascita del cinema. In effetti sembra proprio di assistere ad uno degli spettacoli che si tenevano, a partire dal 1770, al Cabaret du Chat Noir, quando artisti come Caran D'Ache e Henri Rivière incantavano gli astanti, giocando con il corpo e con le mani, oppure facendo ricorso a semplici silhouette opache e nere, illuminate da fonti luminose, alternate alla magia di vetrini colorati proiettati da una lanterna magica. L'ultima opera di Ocelot è un esempio di entertainment (intrattenimento educativo) e al contempo è un capolavoro visivo: ideato una decina d'anni fa per una serie televisiva, il progetto iniziale prevedeva una decina di storie, ma nessuna emittente europea ebbe il coraggio di finanziarlo. Così il sogno delle ombre cinesi rimase nel cassetto. Il successo di Kirikù e la strega Karabà, sua penultima opera e primo lungometraggio d'animazione pluripremiato in diversi festival, ha consentito di tirarlo fuori, seppur riducendo la narrazione soltanto a sei racconti.

Le avventure del principe Achmed di Lotte Reiniger

Il film è anche un deliberato omaggio a Die Abenteuer des Prinzen Achmed (Le avventure del principe Achmed) di Lotte Reiniger del 1926, tra i primi lungometraggi d'animazione europei. Nel 1911 la Reiniger aveva infatti prodotto una ¨silhouette¨ rudimentale, una figura nera che si muoveva su uno sfondo bianco, intitolata Das tapfere Schneiderlein versucht Mus (Il piccolo sarto coraggioso assaggia la marmellata), che rappresentò un vero e proprio esperimento all'interno del cinema d'avanguardia.
"Ci sono molte differenze tra il mio modo di animare i personaggi e quello delle ombre cinesi - osservava Lotte Reiniger - Loro muovono le ombre in senso ondulatorio, mentre io le muovo di piatto, sfruttando lo snodo del bacino per articolare i movimenti. Varia anche l'illuminazione: la loro è frontale, la mia giunge dall'alto".

Ocelot ci tiene a sottolineare di aver "scoperto questa tecnica grazie all'aiuto di alcuni bambini di Odensee, la città natale di Andersen", dove aveva tenuto un laboratorio basato su materiali poveri: marionette di papier collé animate a mano.

La cornice scelta per incastonare i sei racconti si adatta non solo all'atmosfera teatrale che introduce alla narrazione, ma ha il pregio di mostrare la metodologia che consente l'affabulazione e la ricerca dei repertori culturali, che contestualizzano le favole.
Siamo in un cinema deserto ed abbandonato, pertanto privo di spettacolo e spettatori: un ragazzo e una ragazza dalla fantasia accesa si incontrano ogni sera e, grazie all'aiuto di un tecnico, danno vita a storie meravigliose, divertendosi a travestirsi in base al gioco del "Se fossi ...". In scena ci sono infatti sempre un lui e una lei, che interpretano ruoli classici dell'universo delle favole, entrando ed uscendo da diverse epoche storiche: principi e principesse sotto incantesimo; regine - simili a Cleopatra - golose di fichi, prodotti da contadini servitori fedeli; streghe medievali che aprono il loro cuore solo a cavalieri gentili; anziane signore giapponesi che si fanno beffe di ladri inesperti; principesse da fantascienza crudeli e pronte a disintegrare i pretendenti, ma sensibili alla musica dei flauti; damerini e dame del Settecento impegnati a baciarsi, per sprigionare una ridda di simpatiche trasformazioni, che al termine rovescerà le loro identità: il principe diventerà principessa e la principessa si ritroverà principe, ben contenta di dedicarsi alla caccia, mentre la sua bella l'attenderà a casa, trastullandosi con il ricamo.  Peccato che il principe non sappia ricamare. Ma questa è un'altra storia ...

Il poster del film di Ocelot

"Era come fare degli esercizi al trapezio senza rete - ha confessato Ocelot - Tutto avveniva senza la possibilità di vedere quello che stavamo facendo, come con la registrazione digitale. Dovevamo aspettare la fine della bobina, la spedizione a Parigi, lo sviluppo e la stampa in laboratorio, per scoprire il risultato dei nostri giorni e delle nostre notti ... Ma avevamo dedicato il tempo al nostro gioco preferito: fare magie con dei pezzetti di carta ..."

La principessa e i diamanti

Armati di immaginazione, fogli di carta e matite colorate (le mani che disegnano sono ombre di quelle vere), con l'aiuto di un computer che consente di effettuare ricerche tra i repertori delle località e delle epoche storiche scelte come ambientazione per le storie, i due ragazzini danno vita ad un bricolage fantasmagorico che incanta e al contempo rassicura, poiché fa riferimento agli archetipi culturali posseduti da ognuno di noi. Passano in rassegna una serie di armature e di elmi già visti nelle illustrazioni dei libri di storia; geroglifici; acquerelli della serie egiziana di Paul Klee; bassorilievi medievali; macchine da guerra che ricordano i disegni di Leonardo; paesaggi giapponesi acquarellati dai pennelli di Katsushika Hokusai; brevi poesie giapponesi che prendono il nome di haiku; favole di Grimm e immaginari fantascientifici.
Figure piatte, ombre scure e messe di profilo bucano lo schermo, i loro impercettibili movimenti avvengono su fondali quasi monocromatici: tutte le gamme del rosa violaceo per la favola dedicata ai diamanti, toni aranciati per l'episodio ambientato nell'antico Egitto, azzurro acceso e senza sfumature per la storia medievale, gamme blu di Hokusai (fatta eccezione per la veduta del monte Fuji) per la notte giapponese, colori espressionisti per la regina della fantascienza. Nessun ricorso a trucchi o ad effetti speciali: pura poesia visiva da cogliere con sguardi sognanti su un teatrino di ombre cinesi!

Il ragazzo dei fichi

Prevedendo il coinvolgimento sinestesico di grandi e piccini allo spettacolo, un rito da consumare in silenzio e con il fiato sospeso, Ocelot ha pensato bene di interromperlo a metà per introdurre un cartello con la scritta: "Adesso un minutino di pausa per chiacchierare un po' ". In effetti l'intervallo viene sfruttato in sala per soffiarsi il naso, mangiare una caramella, distendersi sulla poltrona, intraprendere discussioni sul destino di questo o di quel personaggio ("Hai visto che il cavaliere ha scelto la strega e non ha sposato la principessa?" - "Era ora che qualcuno cominciasse ad amare una strega! ", bisbigliano le voci di alcuni bambini seduti dietro di me).

La strega-maga

La magia si interrompe proprio con l'ultima storia che scardina il sortilegio fantastico che vuole che un fatidico bacio possa trasformare la bestia in una bella e il ranocchio in un principe: l'incantesimo non funziona, o meglio sortisce effetti indesiderati, così un principe ed una principessa dovranno continuare a baciarsi attraverso le diverse spoglie animali, che, man mano andranno ad assumere, per ritrovarsi di fronte alla sorpresa finale: un curioso slittamento d'identità.
Le luci si accendono in sala, il teatrino spegne le sue ombre. La bimba accanto a me mormora al nonno che l'accompagna: "Dopo questo minutino di pausa ci sarà un'altra storia?"

Il mantello della vecchia signora

Potete trovare la sinossi delle sei favole ed un ricco itinerario didattico
presso il sito dell'Agis Lombardia

http://www.lombardiaspettacolo.com/cinema/schera_c/principi.htm

IL REGISTA

Dopo aver studiato arte in Francia - alla Scuola di Belle Arti ad Angers, all'Ecole National Supérieure des Arts Décoratifs a Parigi - e negli Stati Uniti, Michel Ocelot si è dedicato ai film d'animazione. Ha realizzato trenta cortometraggi e alcune serie a episodi per la televisione e il cinema. Ha vinto numerosi premi nei festival internazionali più importanti, tra cui il César a Parigi, il Bafta a Londra e altri premi a Zagabria, Odensee, Annecy, Kiev, Ottawa. Nel 1994 è stato eletto presidente dell'ASIFA (Association internationale du Film d'Animation).
Nel 1998 realizza Kirikù e la strega Karabà, il suo primo lungometraggio di animazione, con cui ottiene immediato successo ed è stato insignito di numerosissimi premi in tutto il mondo.

"Ecco a voi un piccolo teatro delle ombre, nel quale ho ambientato sei racconti leggeri, ma densi di significato. Risalgono a dieci anni fa, ma, trattandosi di racconti, non è poi passato troppo tempo. Sei storie interpretate da un ragazzino e una ragazzina che si travestono e si raccontano storie di ragazzini e ragazzine. Esistono forse altre storie?
Non si tratta di un ¨trucco¨ per fare una serie di storie. Metto in scena il mio lavoro, la mia creatività, tutto ciò che mi appassiona. Mostro allo spettatore in che maniera si trovano le idee, discutendo, leggendo, criticando, definendo ciò che si ama, come ci si documenta per le cose che sembrano giuste, come si prende una matita e ci si mette al lavoro. Perché sono convinto che esista una cosa ancora più appassionante che guardare dei film: realizzarli.
Io mi limito a trattare tutti gli argomenti che mi interessano, cambiando di volta in volta tono e universo - la bellezza dell'arte egiziana o giapponese (con la poesia di quel paese), la violenza che rifiuto, una fantasia un po' tragica e di fantascienza, una variazione un po' ironica sui ruoli che interpretiamo, ecc. Non ci sono limiti. Lo faccio insieme ad amici che hanno la mia stessa passione per il cinema d'animazione. Ognuno crea il proprio film, a partire dai modelli dei personaggi della sceneggiatura e delle scenografie principali da me fornite. Ognuno gestisce il proprio lavoro con gusto e intelligenza, la fabbricazione delle marionette, l'animazione, le riprese e il bricolage.
Non abbiamo assolutamente utilizzato il computer per fare le ombre, ma soltanto carta nera e forbici, una macchina da presa 16mm, montata a mano, dotata di uno zoom. La macchina da presa era semplicemente fissata al muro e puntava verticalmente una tavola-lastra di vetro. Sotto la lastra erano disposte delle normali lampadine, che illuminavano controluce gli elementi poggiati sopra, un foglio per lo sfondo e le figurine da animare. Le figurine erano essenzialmente delle marionette piatte, ritagliate sulla carta Canson nera, con delle piccole articolazioni in fil di ferro, mosse a mano, immagine per immagine sotto la macchina da presa. In alcune fasi c'è stata anche un'animazione più tradizionale (le trasformazioni), la pasta da modellare (la lumaca, la proboscide dell'elefante), del sale (il fumo e la schiuma), dei modellini tridimensionali (il megaradar è un fondo di bottiglia di plastica con dei chiodi), dei veri esseri umani (le mani che disegnano), la luce (un gioco di buchi sulla carta nera che ci ha permesso di giocare con delle autentiche fiamme) ..."
Michel Ocelot

(dalla scheda del film curata dall'AIACE di Torino, n°22, stagione 1999-2000)


Sito ufficiale:
http://www.mikado.it

Il flauto-mauto e la regina crudele

 

L'Epifania ci spazzerà via

La strenna continua con

Il Grinch

Galline in fuga

Dinosauri