LAVAGNE DELLA
STRENNA
(a cura di Paola Tarino)
dal
26/12/2000 questa pagina è stata visitata volte
"Aida degli alberi" di Guido Manuli, Italia, 2001
"Momo alla conquista del tempo" di Enzo d'Alò, Italia, 2001
PETRA CONTRO ARBOREA
"O terra, addio; addio, valle di pianti ...
Sogno di gaudio che in dolor svanì ...
A noi si schiude il ciel e l'alme erranti
Volano al raggio dell'eterno dì"
(da Aida, musica di Giuseppe Verdi, libretto di Antonio Ghislanzoni)
Con queste parole, cantate in duetto, si concludeva il melodramma musicato da Verdi, mentre Aida cadeva dolcemente, ormai in fin di vita, fra le braccia del suo amato Radamès. Il film a disegni animati, prodotto dalla Lanterna Magica di Torino, porta la firma di Guido Manuli e per le musiche di Ennio Morricone. Pur distante anni luce dalla lirica ottocentesca verdiana (non era intenzione degli autori proporne una riscrittura in chiave cartoons), condivide con quest'ultima l'amore per la melodia popolare, adatta ai gusti del grande pubblico, oltre ai riferimenti geografici: l'azione si svolge sempre in Egitto, meno definito di quello verdiano (che ambientava le scene a Menfi e a Tebe), ma altrettanto inconfondibile per paesaggi, palmizi, palazzi, templi, pietre, schiavi e soprattutto re che si comportano e hanno l'aspetto di faraoni. Anche i nomi dei personaggi coincidono, ma stavolta il melodramma lascia spazio al lieto fine e alla vittoria dell'amore sulla morte, vuoi per dare un messaggio di speranza ai piccoli destinatari dell'opera, vuoi per consolidare la tradizione del genere a cui appartiene. Da sempre infatti il cinema d'animazione trasforma il proprio potenziale creativo e fantastico in "carezza visiva" destinata a far sognare le giovani generazioni, capaci di affidarsi alla magia della celluloide con lo stesso desiderio di svago, evasione e intrattenimento educativo scaturito dall'ascolto di favole.
La trama del film segue i consueti copioni
della favola, compresa la scelta di utilizzare animali antropomorfizzati, e gli stereotipi
classici della fiaba: la lotta del bene contro il male, la presenza del maligno, l'eroe
che deve affrontare le fatidiche prove per crescere e capire l'inanità dell'uso delle
armi, la forza dell'amore come unico talismano capace di salvare i protagonisti, il
trionfo della pace come garanzia per cementare la divisione, materiale e culturale, tra
due regni antagonisti, separati persino dalla natura stessa al momento dello scontro,
forse per testimoniare, anche attraverso la fantasy, che di guerre non se ne può
più. |
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L'ambientazione contrappone due concezioni del mondo
diametralmente opposte, che trovano riscontro nella realtà attuale: da un lato il lavoro,
che massacra gli uomini, distrugge l'ambiente e crea situazioni mostruose tipiche del
neoliberismo; dall'altro la candida affermazione di Aida: "Noi non lavoriamo, mai",
che sancisce l'esistenza di una società di cacciatori e raccoglitori, a cui la natura non
smette mai di fornire i mezzi di sostentamento. L'universo di Petra è arido, giocato sui
toni del giallo intenso e del rosso acceso, in totale assenza di alberi, mentre il
paradiso di Arborea è solcato da fiumi, celesti come Aida, e costellato da una
lussureggiante vegetazione. Entrambi i sistemi sono caratterizzati da una semplicistica
visione del mondo piramidale, però il capitalismo nel regno di Petra crea più facilmente
i presupposti per scivolare nel totalitarismo autoritario attraverso la manipolazione
fondamentalista, che chiama i propri sudditi alla guerra e ad impugnare le spade per
ottenere il dominio del creato.
Le splendide scenografie rimarcano questa contrapposizione: Petra è il grigio regno della
pietra e di pietra è anche il cuore dei suoi abitanti, pronti a distruggere l'oasi verde
di Arborea per edificare altri palazzi, vere torri di Babele, che collasseranno, cadendo
su se stesse come le Twin Towers del cuore di pietra finanziario dell'Occidente.
In effetti l'intento del film è decisamente didattico, però trattandosi di didatticismo
fuori dal coro non risulta spiacevole nel suo sviluppo visivo, volto dall'altro canto ad
affrescare (con colori e forme che sembrano uscire dalle tele del doganiere Rousseau)
l'universo della grande foresta di Arborea come regno idilliaco, popolato da pacifici
abitanti che vivono in case di legno sugli alberi, strenui difensori di un ecosistema
minacciato dalla deriva tecnologica.
Quest'atteggiamento didattico nei confronti della
narrazione viene compensato da una forte caratterizzazione dei personaggi, ciascuno
tratteggiato efficacemente da alcuni elementi che lo identificano: Amneris è la tipica
principessa rintanata nella sua camera - tutta rossa - a macerarsi per indistinte
pene d'amore (in questo vicina alle figure del melodramma); Radamès è il consueto eroe
bello e coraggioso, figlio del generale di Petra, capitano dei guerrieri e in quanto tale
ligio ai suoi doveri militari, finché non verrà sedotto dalle grazie di Aida,
principessa di Arborea, sempre figlia di Amonasro come nell'opera di Verdi, ma non più
schiava etiope; Ramfis, il capo dei sacerdoti, è l'emblema del male, crudele e
cospiratore, pronto ad entrare nelle viscere di Satam (il dio che pretende sacrifici e
mira al controllo "globale" del potere mondiale), per entrare nei sogni degli
altri e trasformarli in incubi, degni della mente di Freddy Krueger in Nightmare.
La sequenza onirica dedicata all'incubo di Aida, girata da Manfredo Manfredi con una
tecnica diversa da quella usata per i disegni che compongono il resto del film, è un
piccolo capolavoro di animazione: immagini dai colori acquerellati si confondono nel
passaggio da un fotogramma all'altro, tanto che ogni forma sembra nascere non dal nulla,
ma per diretta filiazione da quella precedente in un viluppo di corpi, muscoli tesi e
membra impegnate nella pugna.
I personaggi secondari sembrano invece ricalcare la tradizione degli animaletti Disney: Goa, la viola e indefinibile cavalcatura di Aida con il suo figlioletto Gik; il minuscolo Cameo, un po' ape e un po' cimice; il coccodrillo Raz, pronto a fare la spia dietro lauto compenso di dolci, a pentirsi e a versare lacrime degne della sua natura, all'interno delle quali svelare le immagini di cui è stato testimone; Kanak, il dromedario che si inventa avventure degne dei racconti di Tartarino da Tarascona; Kak, il figlio del sacerdote Ramfis, gorilla tontolone sempre affamato, che per la sua ingordigia ricorda il Poldo di Braccio di Ferro.
Uscendo dal film si prova gioia e delusione al contempo: la prima emozione è dettata dalla soddisfazione di vedere finalmente un film d'animazione nostrano, realizzato presso la rinata Lanterna Magica (ex casa di produzione di D'Alò), mentre la seconda nasce dal raccapriccio di dover ascoltare canzoncine mielose e retoriche, che fanno nascere persino nostalgia nei confronti delle musiche dell'Aida verdiana. D'accordo privilegiare la melodia popolare, ma le romanze erano un'altra cosa!
LA REGIA
Guido Manuli per molti anni ha lavorato come sceneggiatore, regista e direttore artistico
nello studio di Bruno Bozzetto. È' stato aiuto alla regia di Volere volare di
Maurizio Nichetti e regista del lungometraggio Monster Mash, tuttora inedito. Ha
realizzato anche spot pubblicitari, sigle televisive e cortometraggi.
Visita il sito ufficiale del film all'indirizzo: www.aidadeglialberi.it
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