(31.10.2002)
La replica a G. Marabini
di Angelo Vita
Con un primo intervento
di Angelo Vita abbiamo aperto una discussione su un tema complesso e delicato che
investe non solo considerazioni di carattere giuridico ma anche valutazioni etiche e
umane.
Chi lo desidera può intervenire scrivendo a news@pavonerisorse.to.it
Carissimo Marabini,
prima di mettere on line il mio contributo sullintegrazione degli handicappati gravi ho fatto come te. Lho letto diverse volte. Dopo averlo riletto per lennesima volta mi sono convinto che quel travaglio che cè allinterno del mondo scolastico in qualche modo doveva uscire fuori per confrontarsi con quanti hanno a cuore il ruolo assunto dalla scuola sullhandicap.
Sarai sicuramente daccordo con me nel constatare diversi punti oscuri che obliano i buoni propositi e gli stessi sentimenti che determinano accorate riflessioni miranti a migliorare la qualità della vita di ogni handicappato famiglia compresa. Ma quando la quotidianità ti mette di fronte a continui insuccessi scolastici ed il tuo compito si limita allassistenza seppur in ambiente multimediale lasciami dire carissimo Marabini che è poco, molto poco. A volte un solo sorriso, convengo con te, compensa ogni obiettivo mancato, ma la mia preoccupazione non è il mancato raggiungimento degli obiettivi minimi dinserimento. Magari fosse questa. Io credo che la scuola nel suo complesso non è nelle condizioni di dare un servizio idoneo alla soddisfazione delle esigenze fisiche, psichiche e neurologiche dei gravissimi. Pensare che la scuola sia lunica istituzione su cui si canalizza lintegrazione è, a mio avviso, più che un errore o unutopia, unipocrisia. Una volta tanto prendiamo atto che non siamo allaltezza della sfida posta dai gravissimi.
Durante la mia variegata carriera professionale di psicopedagogista ho diretto per quattro anni lèquipe provinciale per il recupero socio/psicopedagogico e domiciliare degli handicappati lievi, medi e gravi. Ho potuto verificare in quegli anni che i gravi vengono attenzionati anche più di 12h al giorno da esperti della psicomotricità, da personale fisioterapista La cosa che più mi faceva riflettere era che quelle competenze il più delle volte - venivano espletate dai familiari. Il bisogno impellente di dare risposte immediate e nel contempo limpossibilità di usufruire di luoghi/spazi alluopo attrezzati costringeva di fatto la famiglia a fare da sola. Linsegnante di sostegno in mezzo a quelle figure fungeva e non poteva essere diversamente da puro spettatore. Chiunque avesse avuto un cuore avrebbe potuto essere di sostegno, non era necessario aver frequentato un corso allinsegna della DF o del PEI per rimboccarsi le maniche e trasformarsi in fisioterapista . Sono quelli i bambini che reclamano maggiore attenzione. Accontentarsi in terza media di un sorriso fa bene al cuore, ma direbbe il piccolo principe "non è molto ragionevole. Gli uomini a volte sono davvero bizzarri".
Con affetto