(28.10.2002)
Integrazione dei gravissimi:
SI, SI, SI
di Girio Marabini
Con un intervento
di Angelo Vita abbiamo aperto una discussione su un tema complesso e delicato che
investe non solo considerazioni di carattere giuridico ma anche valutazioni etiche e
umane.
Chi lo desidera può intervenire scrivendo a news@pavonerisorse.to.it
Ho letto con molta attenzione l'intervento di A.Vita dal titolo
"Basta con le ipocrisie...".
Sono rimasto meravigliato e al tempo stesso allibito rispetto ai quei due NO , due enormi
macigni forse mai rimossi nel profondo della coscienza di alcuni di noi, che pesano e
impediscono di affrontare il tema con la dovuta serenità.
Possibile che tutto quanto fatto, costruito giorno per giorno dalle scuole dalla legge 517
in poi sia solo frutto di ipocrisie o di grandi utopie?
Ho riletto più volte l'intervento e speravo di aver letto male; anzi sono convinto che ho male interpretato i concetti in esso contenuti.
Mi sono detto ancora: tutto il problema della integrazione dell'handicap può risolversi semplicemente nella volontà politico-clientelare del potere di turno di assumere in ruolo personale per il sostegno?
Nel 1979 insegnavo italiano ad una classe di alunni tutti portatori di handicap - il residuo di una scuola media annessa ad un istituto per disabili.
Quando il preside mi annunciò l'assegnazione a quella classe provai
una sensazione di disagio e un sentimento di rifiuto, di cui poi mi pentii e dei quali
provai vergogna.
Il primo giorno quando varcai la soglia dell'Istituto avevo il cuore in gola: chi avrei
trovato ?
Cosa avrei potuto fare per lui o per loro ? Non avevo certo frequentato corsi di
specializzazione: non sapevo certamente distinguere né l'handicap né la sua
gravità. Il direttore dell'Istituto mi presentò alla classe: un ragazzo ed una ragazza
Down, un ragazzo epilettico con un braccio paralizzato e che trascinava una gamba, un
bambino idrocefalo con una testa grande grande e un corpo minuto minuto costretto su una
particolare sedia a rotelle...bambini paraplegici .
Alla fine delle lezioni, ero un'altra persona. avevo conosciuto in un attimo un mondo
ricco di umanità, forse fatto di soli sguardi, di sorrisi, e anche di crisi epilettiche
improvvise e violente.Avevo molto da imparare da loro. E ho cercato di insegnare loro
qualcosa.
Eppure sentivo che mancava loro qualcosa: la mia simpatia, il mio affetto non bastava
loro.
Mancava loro certamente la vicinanza dei coetanei, la vivacità dei coetanei,
l'aiuto dei coetanei.
Lo ho scoperto più tardi.
Nel 1980 quelle ultime classi furono integrate all'interno delle classi "normali" della locale scuola media proprio per attuare la legge 517 : è impossibile dire la gioia provata da quegli alunni anche dei più gravi - ve ne erano di quelli immobilizzati su una lettiga!- cercavano i loro compagni , si lasciavano avvicinare, e all'interno di ogni classe gli alunni facevano a gara per dimostrare e attuare esperienza di solidarietà.
L'introduzione del sostegno fu poi una successiva conquista: una
conquista di civiltà.
Certamente come ogni innovazione occorreva costruirne il ruolo e definirne specifici
spazi di intervento.
E' vero anche che la prassi con il tempo ha appiattito gli slanci iniziali. Ma da qui a
dire facciamone a meno, riportiamo i ragazzi negli Istituti (con delle buone convenzioni,
naturalmente!) ce ne corre!
Naturalmente dipende da come viene organizzato ed attuato l'istituto del sostegno.
Dico certo una ovvietà: se il sostegno si riduce ad un rapporto duale insegnante
alunno, abbiamo completamente sbagliato l'approccio. Se invece il sostegno viene riferito
così come prescrive la norma alla classe avremo realizzato veramente una conquista.
Non dobbiamo tuttavia avere paura della realtà e se anche
l'inserimento dell'alunno con handicap grave dovesse risolversi in una pura formalità e
fosse solo assistenza dov'é lo scandalo , dov'é il problema ?
Ogni "problema " per noi educatori è una risorsa, una risorsa
educativa. Si viene a scuola , a scuola dell'obbligo,per essere istruiti o per diventare
cittadini coscienti e per far crescere la nostra umanità? Quanto può imparare dalla
presenza dell'alunno con handicap un bambino "normale"? e quanto aiuto riceve un
bambino con handicap grave dalla vicinanza solidale di un altro bambino?
La risposta a queste domande può darci,forse, il senso della integrazione
dell'handicap...
Proprio l'altro giorno ho ricevuto in ufficio il genitore di un
alunno grave, il quale riesce a stento a comunicare attraverso monosillabi o
parole-pensiero.
Ripete la terza media.
Per lui la scuola ha avviato una esperienza di comunicazione facilitata. Attraverso il
computer M. dà delle risposte semplici certamente non ancora "riconducibili alle
finalità della Scuola Media" ma che testimoniano della sua, pur labile,
intelligenza.
M. viene volentieri a scuola, gran parte del tempo lo passa in classe. Tutti gli sono
amici e lui ricambia tutti con un sorriso. Quando va insieme agli altri nel laboratorio di
informatica l'unica parola che dice è :wuwuwu!. Per il resto passa alcune ore con
l'assistente del Comune, altre in un rapporto duale con l'insegnante di sostegno.
Ebbene quel padre è venuto a scuola per ringraziarci per il lavoro svolto. Sa benissimo che suo figlio non prenderà mai la licenza media( del resto che cosa può farsene?) ma sa , e per questo ci è grato, che la scuola, l'insegnante di sostegno ,il collaboratore scolastico, l'assistente del comune,gli altri ragazzi sono l'unica porta aperta che ha trovato...
E allora per rispetto di M. e di quelli come lui la scuola deve continuare a pronunciare tre grandi, meravigliosi, utopici, ipocriti SI! SI!SI!