Direzione didattica di Pavone Canavese

La valutazione dopo la legge 169


30.11.2008

La valutazione e il paradigma aziendalista dell' autonomia
di Alessandro Paris

 

Benedetto Vertecchi è uno dei massimi esponenti della scuola docimologica italiana.
In questa intervista egli afferma:
 «
Il nostro sistema educativo soffre di una penosa crisi di conoscenza. La ricerca educativa è ridotta al lumicino, affidata com'è al buon cuore di chi ancora crede che la ragione costituisca un valore. La chiarezza nella valutazione richiede prima di tutto una ripulitura delle scorie di senso comune che impediscono di vedere e capire i fenomeni educativi in una corretta dimensione spaziale e temporale. La valutazione serve se è chiaro in quale prospettiva si colloca. Altrimenti, è ideologia mascherata di naturalismo».

Quest’affermazione del professor Vertecchi è senz’altro condivisibile. La valutazione, con qualunque scala numerica o assiologica, in decimi, quindicesimi, trentacinquesimi o con “sufficiente”, “discreto”, “ottimo”, non fa altro che riscontrare conoscenze competenze e capacità che attingono a un quadro pedagogico atto a determinare cos’è l’intenzionalità educativa sottostante.
La valutazione deve mirare al singolo alunno, che non è più “l’alunno medio”, frutto di una generalizzazione statistica e prodotto di una selezione spesso autoritaria delle classi dirigenti, ma è il cittadino della repubblica, soggetto individuale con le sue peculiarità e risorse da sviluppare al meglio. Per questo sia nella didattica sia nella valutazione deve superarsi l’idea di standardizzazione in favore di quella di flessibilità. L’intenzionalità educativa della scuola repubblicana deve mirare, come dice la Costituzione, a garantire il diritto all’istruzione attraverso la formazione di autonomia, di conoscenza, di spirito critico, in breve di tutto quello che in una democrazia serva a promuovere la libertà nell’eguaglianza.
Ridurre tale obiettivo a quello della mera selezione attraverso il voto dato in decimi, se favorisce una semplificazione “pubblicistica”- quando non “pubblicitaria” d’altra parte tradisce, a parere di Vertecchi l’adeguazione alle nuove istanze pedagogiche della seconda metà del Novecento.
Ogni criterio valutativo presuppone, infatti, un paradigma scolastico; e ogni paradigma scolastico presuppone un paradigma politico e sociale, un concetto penetrato nel senso comune di cosa sia la scuola, e di quale ruolo essa abbia nella società, e ne comanda dunque la modalità della sua organizzazione.  
Una società del mercato non può che pensare la scuola come azienda. Una società della comunità e della solidarietà, non può che pensare la scuola come una “comunità di vita e di apprendimento (Fioroni) ”.  
Le prime mosse di questo Governo, se pure mantengono il lessico dell’autonomia, in realtà, a parere di Vertecchi, ne snaturano profondamente il senso. Potremmo definire, infatti, l'autonomia nelle istituzioni scolastiche come la necessità di spostare la centralità dell'azione didattico-amministrativa dalla "fedeltà alle leggi" alla "qualità del servizio".
Ciò significa: autonomia didattica, amministrativa, finanziaria organizzativa, negoziale. Ci si può chiedere se quest’obiettivo sia stato realizzato dall’era Berlinguer, ma non è qui il luogo né vi è lo spazio per tale analisi.
All’interno del paradigma dell’autonomia, la valutazione deve presupporre la programmazione, in particolare didattica, la quale a sua volta deve tenere conto di tre fattori fondamentali: le caratteristiche cognitive e affettive degli allievi, prima, durante e dopo il corso; gli obiettivi (quantificabili oggettivamente) che i contenuti si propongono; i mezzi e le procedure disponibili per realizzare tale programmazione.
Le funzioni della didattica che Vertecchi identifica in questo contesto sono le seguenti: incentivazione degli stati affettivi collegati all’apprendimento; comunicazione culturale; consolidamento dell’apprendimento; differenziazione dell’apprendimento; verifica/valutazione dell’apprendimento degli allievi e dell’adeguatezza delle procedure. (Ambienti per la tecnologia dell’istruzione, 1992).

Tutto questo è giusto: ci si chiede però se la scuola dell’autonomia incompleta (secondo alcuni critici) - alla quale a suo tempo contribuirono da protagonisti pedagogisti come Vertecchi e Maragliano, ispiratori della Riforma Berlinguer - non abbia di fatto introdotto il paradigma aziendalista nella scuola favorendo il suo brodo di coltura da cui far germogliare la sua reductio a luogo di vendita e acquisto di una merce.
I pur condivisibili moniti di Vertecchi devono, infatti, confrontarsi con il risultato di quelle idee quando esse, sottoposte a troppi cambi di vento da parte dei governi e dei ministri succedutisi, sotto il segno di continui tagli economici, hanno prodotto solo una proliferazione semantica senza un reale miglioramento qualitativo della scuola.
Per questo, come affermava già qualche anno fa Luigi Russo in un bel libro (Segmenti e Bastoncini, ed. Feltrinelli): «
La scuola è diventata da luogo di formazione luogo d’informazione e socializzazione. Ne è conseguito i professori, da esperti delle discipline, sono diventati "operatori scolastici", “esperti di tecnologie educative” (questo è il titolo di un libro di Vertecchi e Maragliano già del 1974) con una preparazione essenzialmente socio-pedagogica e con un diminuito prestigio sociale ed economico. A definire i curricola non sono più esperti delle discipline, ma esperti di sociologia, pedagogia e scienza della comunicazione, mentre alle scuole, improntate al paradigma aziendalista, non resta che l’autopromozione pubblicitaria, dove "presidi e insegnanti devono escogitare iniziative promozionali che migliorino l’immagine" della propria scuola attirando il maggior numero di studenti-clienti"».

Ovvio che, nell’attuale congiuntura scolastica, queste tematiche possano non risultare centrali, di fronte all’emergenza economica che i tagli fanno paventare, ma non si deve scordare che il livello di democrazia e libertà di un paese si misura dal livello di libertà della scuola, e di messa in condizione alle forze insegnanti di esercitare con serenità e senza ansia il loro mandato educativo.


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