Direzione didattica di Pavone Canavese

(17.07.99)

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IL MOVIMIENTO ESTUDIANTIL

Il Movimiento estudiantil dal 21 aprile scorso ha deciso di occupare l'Unam (l'Università nazionale autonoma del Messico) per contrapporsi all'introduzione delle tasse di iscrizione, che il rettore Francisco Barnés, attraverso una riunione semiclandestina del consiglio universitario, ha tentato di imporre agli studenti, attaccando direttamente il diritto alla gratuità dell'istruzione

A questa misura illegittima ha fatto seguito un movimento di occupazione (contrastato dalla stampa ufficiale, dalle maggiori reti televisive, da provocatori ed avversari interni; appoggiato invece da consensi da parte di numerosi cittadini della capitale e dal movimento zapatista) che ha già ottenuto alcuni importanti successi: il riconoscimento di un consiglio di delegati studenteschi, il CGH (Consejo general de huelga), l'abrogazione momentanea della nuova tassa di iscrizione, la discussione  - all'interno di due commissioni formate da studenti ed autorità accademiche - di alcuni nodi cruciali in fatto di educazione superiore: la revisione dell'intero progetto educativo, la questione dei finanziamenti e della democrazia universitaria.
L'occupazione è ancora in corso.

 

da il Manifesto, martedì 6 luglio 1999

" Massimo Modonesi insegna storia contemporanea dell'America latina nella facoltà di scienze politiche e sociali dell'Unam ed è dottorando del Centro Studi latinoamericani. Il suo costante contatto con l'Università - e in una facoltà particolarmente movimentista - lo rende un osservatore privilegiato.

Quali sono i contenuti di questo movimento del '99?

L'attuale movimento va letto in primo luogo nella sequenza storica che inizia nel 1988, a ridosso dell'ultimo gran movimento alla Unam, anno in cui il regime di partito di Stato ha palesato una profonda crisi. Da allora a oggi il sistema politico si è disgregato progressivamente senza mai crollare del tutto, mentre le politiche neoliberali hanno moltiplicato le espressioni di malessere sociale. L'occupazione iniziata il 21 aprile è un tipico prodotto del neoliberalismo: disagio che suscita resistenza. Quel che bisogna domandarsi è se gli studenti la concepiscono come tale, come resistenza a un progetto globale, ne vedono solo i confini nazionali, o si limitano all'aggravio che gli viene inferto.
Gli studenti dell'università pubblica sono i figli del disagio, della penuria di speranze e prospettive, molti sono figli della generazione sconfitta nel '68. Allo stesso tempo, sono nati politicamente dopo la caduta del muro, senza sensi di colpa, si sono mobilitati a difesa dell'insurrezione zapatista. Sono coscienti di vivere in tempi conservatori che non accettano e nei quali vogliono continuare a mantenere altri ideali, altre aspirazioni.

Quali?

A livello ideologico, essendo molto schematici, possiamo osservare che, al di là di molti riferimenti al socialismo libertario, alcune vene anarchicheggianti, si tratta di un movimento "antagonista", in cui non è illustrativa la disgiuntiva capitalismo/anticapitalismo.
Malgrado nell'ala dura pesi una concezione "eroica" e "avanguardista" - che a tratti è sembrata prendere il sopravvento - si tratta di un movimento plurale nella sua composizione sociale il cui collante è la difesa della giustizia sociale e della democrazia: giustizia sociale perché difendono la scuola pubblica; democrazia perché chiedono di essere ascoltati, di partecipare nei processi decisionali, che sempre più sembrano sorpassarli (...).

Come andrà a finire?

Gli studenti hanno finora ottento una vittoria parziale. Innanzitutto l'hanno mostrato nei fatti, nel successo della loro occupazione, nel portare l'educazione al centro del dibattito, nello spiazzare i progetti di riforma, nell'articolare un embrione di movimento nazionale.
Al di là di questa vittoria politica e morale vi è ancora ben poco. Le tasse di iscrizione sono state rese volontarie, ma pongono un precedente, e sono stati confermati gli aumenti a tutti i servizi. Inoltre, non sembra facile strappare al rettore un congresso universitario che garantisca una maggiore partecipazione studentesca.
É molto difficile fare previsioni ora, dopo due mesi di occupazione. Si possono ipotizzare due scenari: l'occupazione potrebbe consumarsi lentamente di fronte al'intransigenza delle autorità accademiche, le pressioni dell'opinione pubblica e del calendario accademico, oppure le autorità concedono il congresso e abrogano completamente le tasse, sancendo la vittoria del movimento. Malgrado le voci e le minacce velate, però, non credo che si arrivi alla repressione aperta: la ferita del '68, del massacro del 2 ottobre nella piazza di Tlatelolco, non è ancora rimarginata".

(articolo a cura di Gianni Proiettis, San Cristobal, Chiapas, il Manifesto, 6 luglio 1999)

 

Il massacro di Tlatelolco del 2 ottobre 1968, ricordata dall'intervistato, si riferisce alla strage compiuta dalle forze di polizia, dai militari, dagli uomini del Battaglione Olimpia (un caso?) vestiti in abiti civili e mescolati tra la folla, che aprirono il fuoco su studenti e cittadini durante una manifestazione pacifica nella Piazza delle Tre Culture (quella pre-ispanica, quella dei conquistadores e quella moderna).
Il numero dei morti rimane ancor oggi un mistero, forse 300, forse 1000, forse di più, senza contare il numero dei desaparecidos. Dodici giorni dopo questo eccidio, mentre squadre di operai del municipio cercavano ancora di lavare il sangue sul selciato, sulle pareti della chiesa e degli edifici, in Messico, come se nulla fosse, ebbero inizio le Olimpiadi.

Olimpiadi del 1968

Solo la fotografia del pugno chiuso di due neri americani, Tommie Smith e John Carlos, saliti sul podio olimpico, potè ricordare al mondo intero che il 2 ottobre 1968 era successo qualcosa di grande e terribile.

Speriamo che la storia, per quanto soggetta a corsi e ricorsi,  non debba registrare un'altra Tlatelolco: né in Messico, né sulle piazze di Tehran, né altrove.

 

Il 24 giugno 1999 il subcomandante Marcos ha reso noto questo comunicato, in cui rivendica l'appoggio dell'Ezln a movimenti sociali come quello studentesco o quello del sindacato degli elettrici. In questo testo Marcos offre anche un giudizio sul destino dell'educazione superiore nei tempi del neoliberismo, non solo nella società messicana, ma in tutto il mondo, anche in realtà a noi vicine, molto vicine. Lo scenario in atto che ci viene descritto non si discosta molto da quello che si sta tramando in Italia (seppur attraverso altre forme assistenziali maturate nella medesima ottica della globalizzazione) per varare la sospirata "riforma paritaria" di un sistema scolastico integrato. Speriamo che alla prossima riapertura della scuola, dopo essersi concessi l'ozio rigerenerante delle pillole intellettuali proposte dalla rubrica di Tosolini, non ci si trovi ad essere costretti a leggere solo "Alì Babà e i quaranta banchieri"!

Il liberismo all'Università

Nell'ottobre del 1998 si riunì a Parigi, nella sede dell'Unesco la Conferenza mondiale dell'educazione superiore. In questa riunione la Banca mondiale fissò la sua posizione su quel che dovrebbe essere la riorganizzazione dell'educazione superiore nel pianeta. In sintesi, questa è la proposta della globalizzazione dell'educazione superiore.
Secondo la Banca mondiale è necessaria una innovazione "radicale" dell'educazione superiore, in modo da trasformare l'università "classica" o "tradizionale" (il cui fondamento è la docenza e la ricerca) perché corrisponda alle richieste del mercato neoliberista, ossia che ridefinisca l'educazione superiore come un bene privato, non dissimile da qualunque bene o servizio tra quelli che il mercato offre. In conseguenza di ciò, si devono ridisegnare gli attori del processo educativo superiore. I "consumatori" sono le imprese, i "fornitori" sono professori e amministratori, e i "clienti" sono gli studenti. In questo caso, dice la Banca mondiale, i "fornitori" non sanno cos'é che conviene al mercato, i "consumatori" sanno meglio di chiunque cos'è che si "vende", tra l'altro perché essi sono i "compratori".
Un primo passo è convertire l'università in una impresa che si autofinanzi. Perciò, la Banca mondiale raccomanda l'aumento delle rette, l'eliminazione delle esenzioni totali o parziali, la riscossione totale di servizi e appoggi universitari, prestiti e l'esazione di questi all'interesse bancario vigente e attraverso compagnie private, imposte sui diplomi, riorientare la formazione dei professori per convertirli in imprenditori, la vendita di ricerche e corsi, e l'aumento e la promozione delle università private, Il potere di prendere decisioni sull'educazione superiore deve passare, secondo la Banca mondiale, ai consumatori.
La Banca mondiale assicura che i governi e gli universitari non sono sensibili alle necessità del mercato globale. Per questo si propone di cambiare l'assegnazione di fondi dai criteri classici (numeri di matricole e prestigio), ai criteri per rendimento secondo come li indicano i consumatori. In altre parole, le università dovranno riorientarsi (ovvero, riassegnare risorse) in base alle necessità dei "consumatori" (le compagnie private). La Banca mondiale situa la docenza come un elemento da "riaggiustare" in base a questo criterio mercantile. La libertà accademica è un impedimento, così come i sindacati e le associazioni accademiche. Ovvero, c'è meno bisogno di accademici e ricercatori, che di "differenti" accademici, ricercatori, lavoratori manuali e amministrativi. Insomma, riaddestramento e ristrutturazione.
É ovvia la coincidenza tra questo prgetto e l'offensiva di privatizzazione e riclassificazione che il governo Zedillo ha mosso contro le università pubbliche del Messico. L'Università nazionale autonoma del Messico (Unam), l'Università autonoma metropolitana (Uam), la Scuola nazionale di antropologia e storia (Enah), l'Università pedagogica nazionale (Upn) e l'Istituto politecnico nazionale (Ipn) sono ora nel mirino del fucile governativo. Con sfumature e a gradi diversi, questi istituti di educazione superiore stanno soffrendo l'urto di una "modernizzazione" che altro non vuole se non liquidare il concetto di università pubblica.

L'attacco privatizzatore che cerca di "rifunzionalizzare" l'educazione pubblica superiore ha incontrato ferma resistenza da parte degli studenti, benché sia evidente che sono i settori accademico, della ricerca e amministrativo ad essere l'obiettivo principale. Aver scelto l'università pubblica come bersaglio principale dei suoi proiettili non è innocente, da parte del governo. Colpendo questo bersaglio, altri si offriranno più facilmente per essere rovesciati: l'archeologia, l'elettricità, il petrolio.
Per privatizzare il patrimonio culturale c'é la Iniciativa de ley general del patrimonio cultural, il cui obiettivo è estendere l'ondata di privatizzazioni ai monumenti e zone archeologiche, artistiche e storiche del Messico. L'iniziativa di legge in questione è un autentico porcospino: i suoi aculei non solo feriscono il patrimonio culturale storico messicano, ma attentano alla ricerca antropologica e storica, alla docenza e, ovviamente, a uno dei movimenti di studenti più costanti e combattivi, quello della Scuola nazionale di antropologia e storia.

É per tutto questo che il movimento studentesco non solo della Unam, ma di tutte le altre università pubbliche, affronta tante e tanto diverse forze che lo aggrediscono. É il malintendimento di ciò che le "riforme" nascondono è una delle ragioni per cui ha ottenuto non solo scarso appoggio, ma attacchi da parte di settori che saranno i più colpiti se queste "modernizzazioni" avranno successo.

Subcomandante Marcos

(pubblicato sempre su il manifesto del 6 luglio 1999)