Direzione didattica di Pavone Canavese

teatro/scuola: uno spazio di dialogo tra teatro e scuola

[teatro/scuola: pagina principale] [home page]

 

(19.02.2001)

LA SENSATEZZA DEL TEATRO

Cogliamo l’occasione della 1° Giornata Nazionale del Teatro Scuola per riaprire la rubrica TEATROSCUOLA.
Indubbiamente è passato molto tempo dall’ultimo intervento datato il 6.02 1999, un tempo assai denso per la scuola che ancora non lascia intravedere nitidi panorami per il futuro. E in tutto questo gran parlare di Pof, cicli, programmi, in questo mettere mano ad ogni più nascosto tassello dell’intricato puzzle scolastico, noi siamo ancora qui a parlare di teatro.

Chissà, forse qualcuno storcerà il naso, come se in mezzo a mille annosi problemi si occupasse tempo prezioso per fare discorsi di nicchia, buoni per pochi stoici sognatori o per superare indenni le feste comandate. Eppure qualcosa di sensato dovrà pur esserci se anno dopo anno si vanno moltiplicando esperienze di ogni tipo, da quelle più estemporanee a quelle più complesse ed articolate, da quelle orgogliose della propria autonomia progettuale a quelle che si affidano completamente ai professionisti del settore, da quelle che chiedono ai bambini di mettersi in gioco direttamente a quelle che si esauriscono nella visione di uno o più spettacoli.

E forse quel qualcosa di sensato va ricercato nel complesso reticolo di comportamenti e di emozioni che, in modo o nell’altro, caratterizzano l’intricato dispiegarsi dei rapporti tra le persone, l’affannosa ricerca di relazioni umane concrete e reali.

Lo sappiamo tutti benissimo, stiamo vivendo in un tempo in cui il termine ‘contatto’ si allontana sempre di più dall’evocare esperienze tattili fatte di coccole, abbracci, carezze, dal riferirsi ad una presenza sensorialmente ed emotivamente viva: in una parola si allontana da un’idea di ‘vicinanza’ fisica. Esso rimanda piuttosto alla possibilità, ed alla capacità, di connettersi e di comunicare a distanza, in modo più o meno virtuale, tra SMS e navigazioni in rete.

Se sia un bene o un male oppure un semplice segno di cambiamento ce lo dirà il futuro, ma se torniamo in classe o in sezione, come non notare conflittualità crescenti e diminuzione della capacità di ascolto, come non notare solitudini e difficoltà di relazioni?

Non sarà forse che questi bambini così pieni di stimoli e così ricchi di competenze, o presunte tali, rischino poi di incespicare nel ‘contatto’ con chi gli è vicino, sia esso adulto o coetaneo? E non sarà forse che per l’insegnante che ancora creda nella sua funzione di educatore il nodo da risolvere, ben prima del tipo di competenze da passare, sia la capacità di entrare in relazione con ogni singolo bambino e di favorire un analogo processo tra i compagni?

In fondo si tratta di guardare alla propria classe o sezione come ad una comunità in via di formazione ed alla costante ricerca di un suo equilibrio interno, il migliore possibile. Ed ogni insegnante, nella sua figura di educatore, conosce molto bene le gioie e i dolori dell’essere punto di riferimento di un gruppo di bambini, esattamente come conosce le difficoltà che quotidianamente si incontrano per instaurare e far crescere un positivo rapporto con loro e tra loro.

Perché mai allora continua ad essere sensato parlare di teatro?

Perché alla costruzione ed alla riconoscibilità di quella piccola comunità il teatro può dare un contributo prezioso, sia come strategia relazionale utile alla formazione del gruppo che come linguaggio attraverso il quale dare voce al gruppo stesso. E in tutto questo non c’è nulla di strano o di anomalo visto che il concetto di comunità è morfologicamente legato alle origini stesse del teatro che, non dimentichiamoci, nasce dal bisogno, dalla necessità e dal piacere di raccontare e di condividere con i propri simili timori e speranze di ogni giorno.

Lasciamo dunque il giusto spazio alla sensatezza del teatro e lasciamo che in questo spazio ci siano tempi, modi e proposte che partano dal bambino, che tengano conto della sua particolarissima teatralità e del suo profondo bisogno di vivere relazioni concrete: lasciamo che il teatro si proponga come voce ‘fisica’ dell’infanzia, da accostare alle tante voci ‘virtuali’ che sempre di più dominano il suo universo comunicativo.

GIOCO DEL COMPAGNO OGGETTO A GRUPPI

Visto che con le riflessioni fatte abbiamo sufficientemente compiuto il nostro dovere, mi sembra giusto ritagliare un angolo nel quale torni a prevalere il piacere del gioco teatrale. Per nostra fortuna l’archivio del sito ci consente di colmare in un attimo il tempo trascorso dall’ultimo intervento e quindi sviluppare l’argomento di allora con un’insperata quanto imprevedibile continuità.

Il gioco era basato sulla possibilità di imitare con il proprio corpo oggetti di ogni tipo e doveva essere realizzato a coppie: un bambino era l’oggetto mentre l’altro era la persona che lo usava.

Questa attività, che normalmente riscuote grande successo, può dare ulteriori stimoli e suggestioni se si propone di operare in gruppo anziché in coppia.

Cominciate allora col creare gruppi di tre o quattro bambini e stabilite che solo uno potrà essere una persona, mentre gli altri interpreteranno gli oggetti scelti. Poi aggiungete che tali oggetti dovranno essere collegati tra di loro, come ad esempio una pompa ed una bicicletta o un ombrellone ed un tubetto di crema solare, in modo da creare ulteriori possibili relazioni che vadano ad arricchire le potenzialità del gioco teatrale. Quindi lasciate ai gruppi un po’ di tempo per elaborare le proprie invenzioni e per organizzarsi al meglio ed infine date il via alle diverse esibizioni, magari ripetendo più volte l’attività per inventare scene sempre diverse (se volete è anche possibile dare ad ogni gruppo un ‘titolo’ che proponga una determinata situazione come ad esempio ‘A scuola’, ‘La colazione’ o ‘Il concerto’).

STRATEGIA RELAZIONALE

Che il teatro si fondi su almeno due tipi di relazioni, quella che si crea con il pubblico e quella che si crea tra gli attori, è un fatto evidente. Ma è altrettanto vero che all’interno di un laboratorio l’attività teatrale è in grado di determinare una sorta di ‘spazio neutro’, dove il comune esercizio del gioco di finzione permette una conoscenza reciproca molto particolare. E’ una conoscenza che mette in relazione non solo i diversi modi di leggere il quotidiano, ma anche l’immaginario che ognuno si porta dentro e che proprio nel gioco teatrale può assumere forme sempre diverse. In questo modo si aprono nuovi terreni d’incontro nei quali conoscersi e ri-conoscersi o, come molto più spesso accade, scoprirsi e ri-scoprirsi andando forse più in profondità o, più semplicemente, avventurandosi su strade spesso imprevedibili perché costruite grazie all’incontro tra le capacità inventive del singolo e quelle del gruppo. E dunque, proprio perché si muove su percorsi di questo tipo il teatro e, più in generale, il gioco di finzione, diventano strategie relazionali ricche di potenzialità attraverso le quali dare un piccolo ma prezioso contributo, in vista di un’auspicabile ecologia della convivenza umana.

‘LINGUAGGIO’

Che il teatro sia un linguaggio, con le proprie caratteristiche e le proprie regole , è cosa nota. Ciò che a noi preme qui sottolineare e il rapporto da instaurare tra il bambino e tali regole.

Se è vero, e ne siamo convinti, che l’obiettivo non debba essere quello di creare bravi attori o bravi critici, allora occorre partire dal presupposto che il linguaggio del teatro, più che da imparare, è prima di tutto da sperimentare, da smontare e rimontare a proprio gusto cominciando col mettere la tecnico al servizio dell’invenzione, il linguaggio stesso al servizio dei propri discorsi. Poi, pian piano, le regole verranno e saranno un aiuto prezioso per accrescere la consapevolezza del bambino nell’uso dei propri strumenti espressivi, dello spazio, dell’organizzazione drammaturgica e di tutto ciò che appartiene allo specifico del teatro. E in tutto questo penso non si debba mai dimenticare che qualunque linguaggio, ed il teatro in particolare, non può bastare a se stesso ma deve essere messo a disposizione di chi abbia qualcosa da dire: i bambini hanno molto da raccontare e quindi sarà bene fare il possibile per mettere a loro disposizione gli strumenti più adatti per produrre le loro storie, con semplicità e gradualità, in modo che il peso delle regole non blocchi mai l’andamento delle idee.

"COMUNITA’’

Se si va a cercare su di un vocabolario, la definizione data di ‘comunità’ è quella di un "Gruppo sociale la cui caratteristica fondamentale è un grado medio di coesione realizzata in base alle comuni origini, interessi pratici e idee dei componenti" (Zingarelli).

Pensando al teatro abbiamo già accennato al suo rapporto originario con la comunità che lo produce e con il suo bisogno di raccontare e di rappresentare se stessa. Ed è proprio questo uno dei nodi importanti nel lavoro con un gruppo di bambini.

Se riconosciamo la sua natura di piccola comunità in via di formazione occorre interrogarsi su quali siano le storie e le emozioni che appartengono a quel gruppo, quali le paure o i sogni a cui dare voce. Occorre cioè, prima di proporre una qualsiasi attività, mettersi nell’ottica di guardare ciò che quella comunità vive e produce ogni giorno, di osservarne i comportamenti teatrali più o meno spontanei, di coglierne gli umori dentro e fuori da un qualsiasi percorso di laboratorio, e da tutto questo sforzarsi, insieme ai bambini, di trarre le suggestioni migliori per creare il teatro che meglio la rappresenti.