Direzione didattica di Pavone Canavese

Progetto Storia del '900. Libri e articoli

(18.02.2002)

OLOCAUSTO E SHOAH
IL SIGNIFICATO DEI TERMINI

(a cura di Gianni Cimalando)

Esistono opinioni abbastanza diverse per quanto concerne l’utilizzo "corretto" del termine "Olocausto". Tale termine deriva dal greco "Holocaustos", parola composta, in cui la radice "Holos" significa "totale", mentre "Kaustos" significa "bruciare" o "l’atto di distruggere con il fuoco". Nel suo significato originario "Olocausto" descrive dunque una immolazione, una offerta completamente consumata; d’altra parte, in una accezione secondaria, indica la distruzione di massa o totale della vita, solitamente mediante l’utilizzo del fuoco. Il termine compare per la prima volta nella traduzione greca del sacrificio biblico "olah", offerta totalmente consumata e destinata completamente a Dio, al contrario di altri sacrifici, parziali o condivisi come nutrimento. Il termine è inoltre utilizzato per tradurre "Shoah", parola che in ebreo biblico significa "distruzione totale", "distruzione assoluta" e "catastrofe che annienta".

Il fatto che il linguaggio contemporaneo abbia potuto conservare nel termine Olocausto , l’idea di una immolazione che avviene in un contesto di preghiera, con la speranza di ricevere come ricompensa/rassicurazione e perdono per le sofferenze umane, pone seri problemi religiosi e teologici.

Se si lasciano da parte queste connotazioni religiose poco conosciute, per conservare il senso di qualcosa che è stato "totalmente consumato", il termine Olocausto può essere interpretato come quello che indica una distruzione totale, un flagello assoluto. E’ in questo senso che esso descrive perfettamente la volontà del regime nazista di distruggere il popolo ebreo e le misure adottate per raggiungere quello scopo.

Dopo la seconda Guerra Mondiale, il termine Olocausto è stato a tal punto utilizzato per descrivere lo sterminio degli Ebrei per mano dei nazisti, che è parso del tutto impensabile, per un certo periodo, che potesse descrivere altre cose o sottendere altri significati. Numerosi autori hanno poi scelto di scriverlo con la lettera maiuscola, con la finalità di sottolineare maggiormente l’annientamento del popolo ebreo come un fatto di rilievo, storico e archetipico insieme, e di sostituirvi anche il termine Shoah .

Poco alla volta dunque si è cominciato ad interrogarsi sul significato semantico del termine, mentre, parallelamente, si prendeva coscienza che l’Olocausto e la Shoah rappresentavano anche lo sterminio ad opera dei nazisti di popoli non Ebrei, come gli Zingari. Nel contempo, il termine era già stato utilizzato durante tutto il periodo della seconda Guerra Mondiale per descrivere le atrocità commesse da Hitler nei confronti delle sue innumerevoli vittime. Se però si risale più indietro nel tempo ci si rende conto che il termine era già utilizzato prima della seconda Guerra Mondiale per indicare grandi catastrofi e casi di massacri collettivi ancora più antichi.

E’ pertanto possibile trovare una citazione del 1833 nell’Oxford English Dictionary, nella quale L. Richie dichiara che "Luigi VII ordinò, ai suoi tempi, l’attuazione di un olocausto di 300 persone all’interno di una chiesa". Si scopre inoltre che il termine veniva utilizzato per descrivere casi, lontani nel tempo, di massacri di Ebrei, perpetrati sia da crociati medioevali sia da pogrom cosacchi nel XVII secolo.

In tempi più vicini alla seconda Guerra Mondiale, un editoriale del London Times Literary Supplement del 26 agosto 1939, segnalava che "la febbre bruciante che domina la Germania da alcuni anni, minaccia di sfociare in un Olocausto, in uno sconvolgimento generalizzato". Un articolo di Life Magazine del settembre 1939, dice, a proposito di Hitler, che egli "ha dimostrato che era in grado di scatenare un Olocausto". J. Petrie fa notare che "verso la fine del 1947, Olocausto, nel significato di ‘massacro collettivo’ viene utilizzato per descrivere gli stermini di massa di civili, Ebrei e non, ad opera dei tedeschi. Il Ministro britannico dell’informazione, alludeva ad un Olocausto di cattolici nel 1942".

Tutti coloro che si interessano di genocidio si dilungheranno sull’utilizzo del termine Olocausto per descrivere il genocidio armeno Il termine è stato utilizzato per tutti i massacri su grande scala del 1895, del 1909 e del 1915, che il popolo armeno dell’Impero Ottomano ha subito. Il termine sembrava tanto più adeguato ai fatti, in quanto quei massacri si accompagnavano spesso ad atti di distruzione mediante il fuoco che facevano scomparire interi villaggi e quartieri. Più precisamente, l’incendio del 1895 della cattedrale di Edessa, nella quale si erano rifugiati circa 3000 fedeli, restò indelebilmente impresso nelle coscienze. Il New York Times del 10 settembre 1895 titolava: "Ancora un Olocausto Armeno: cinque villaggi bruciano, 5000 persone senza un domicilio". Anche gli Armeni utilizzarono il termine Olocausto per descrivere l’incendio deliberato che distrusse gran parte della città di Adana e di altre città armene. Nell’aprile del 1919, il dottor N. Daghavarian e Khosrov (pseudonimo dello scrittore A. Ardontz) firmavano un’opera in inglese dal titolo "I Giovani Turchi: la verità sull’Olocausto di Adana in Asia Minore, nell’aprile del 1909". L’ambasciatore degli USA, H. Morgenthau, avrebbe utilizzato il termine Olocausto in lettere private scambiate con suo figlio. Nelle sue "Memorie di una conferenza di pace" (1939), D. Lloyd Gorge, che era stato Primo Ministro durante la guerra, scriveva: "La politica inglese condusse inevitabilmente ai terribili massacri del 1895/97, del 1909 e, peggio ancora, all’Olocausto del 1915. A causa di queste atrocità, delle quali all’epoca non si conosceva praticamente alcun equivalente nella pur tormentata storia dell’Impero Ottomano, la popolazione armena è stata decimata con più di un milione di morti." W. Churchill vi allude nel quinto volume de "La crisi mondiale: il giorno dopo": "In quanto ai Turchi, facendo avanzare a marce forzate quasi tutti i soldati della guarnigione di Kut fino a che non caddero morti; massacrando migliaia e migliaia di Armeni indifesi, uomini, donne, bambini; eliminando con un Olocausto burocratico interi distretti". E’ sempre nel 1915 che lo storico A. Toynbee, ne "La morte della nazione", descrive il genocidio armeno come un "Olocausto in corso d’opera".

Questo utilizzo ripetuto del termine Olocausto per descrivere le atrocità commesse contro gli Armeni evidenzia come questo venga utilizzato per denunciare la distruzione di massa, organizzata, di una popolazione civile prima che R. Lemkin coniasse il termine Genocidio .

Resta il fatto che, al termine della seconda Guerra Mondiale, lo stupefatto orrore che scaturì dalla scoperta della mostruosità nazista su scala industriale, fece sì che il termine Olocausto venisse identificato con il genocidio ebraico (Olocausto, Shoah, sono termini che, secondo alcuni specialisti, entrarono nel linguaggio corrente grazie agli scritti di E. Diesel sulla sorte degli Ebrei europei, che commossero e segnarono il mondo).

Nello stesso tempo, non si può negare che l’apparente esclusività intenzionale del termine per descrivere il dramma degli Ebrei è scorretto.

Il termine, come abbiamo visto, era utilizzato ben prima dell’epoca nazista per indicare genocidi di Ebrei ma anche massacri di altri popoli; inoltre, non sarebbe corretto dimenticare gli altri popoli sterminati dai nazisti, contemporaneamente agli Ebrei.

Facendo seguito alla conferenza di Wansee del 1942, gli ordini pronunciati da Himmler condannano tutti gli Zingari, senza alcuna distinzione e "senza che ci si preoccupi di impurità razziali", ricorda I. Hancock.

Pur tuttavia, nella misura in cui il significato simbolico assume un valore analogo a quello della più obiettiva realtà storica e linguistica, è comprensibile che si voglia conservare il sentimento di stupefatto orrore che colpì il mondo civilizzato quando venne portata alla luce la verità sulla sorte degli Ebrei per mano dei Tedeschi. Ecco il perché del termine Olocausto, con la "O" maiuscola, che vuol indicare gli stermini di massa messi in opera dai nazisti contro gli Ebrei ed altri popoli.

Il termine Shoah corrisponde, nell’ebraico biblico, al termine Olocausto, la qual cosa lo circonda di una certa aura, nella misura in cui il termine ebreo descrive la sorte del popolo ebraico vittima. Neppure il termine Shoah, non potrà però essere usato esclusivamente per indicare un solo popolo, nel caso specifico quello ebreo. Per convincersene, è sufficiente analizzare scritti israeliani contemporanei, nei quali si fa riferimento alla "Shoah armena".

Quindi, se Olocausto e Shoah stanno inizialmente ad indicare la sorte degli Ebrei caduti nelle mani dei nazisti, i termini per estensione, vanno riferiti anche ai massacri genocidari di altri popoli che hanno condiviso la stessa sorte, come ad esempio gli Zingari. In senso più ampio, il termine Olocausto, pur conservando la risonanza che gli fornisce l’orrore dei campi di sterminio, appartiene, da un punto di vista storico, a tutti i popoli che hanno subito uno sterminio violento, anzi, l’annientamento.

Va infine sottolineato che anche gli Zingari hanno un loro termine per indicare il dramma subito dal loro popolo durante il regime nazista "PORRAJMOS", che significa "Divoratore", un significato dunque, analogo a quello di Olocausto .

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