20.05.2013
	Le sfide di una scuola equa e i 
	poteri del dirigente scolastico
	La gestione unitaria delle scuole come fattore di equità 
	Antonio Valentino
	
 
	Il recente Convegno Nazionale dei Dirigenti 
	Scolastici della FLC (Senigallia, 8-9 maggio) – organizzato assieme a Proteo 
	Fare Sapere - su “Arrestare il declino / costruire il futuro”, si è 
	interrogato quest’anno, in modo particolare, sul tema della gestione 
	unitaria delle scuole come funzione / potere del Dirigente Scolastico (DS) e 
	sull’abbinamento gestione unitaria – equità del sistema . 
	Aver riportato in primo piano questa questione, generalmente poco 
	considerata nei percorsi di formazione e nelle ricerche sul profilo del DS, 
	penso costituisca un titolo di merito del Convegno 
	Qui se ne vogliono riproporre alcuni spunti per una riflessione allargata.
	
	Parto dall’abbinamento: gestione unitaria – equità del sistema  e quindi dal 
	richiamo alla Costituzione, per legittimarlo, che si è fatto in più 
	interventi (il primo dei quali della professoressa Anna Maria Poggi). 
	
	Il nesso e il senso
	
	Penso  che non sia una forzatura ancorare l’equità del sistema scuola alla 
	gestione unitaria delle Istituzioni Scolastiche (IS) – che il DS deve 
	assicurare (D.vo 165/2001, art. 25). 
	Basti considerare   soprattutto  l’art. 3 (comma 2) della nostra 
	Costituzione:  “È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine 
	economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’uguaglianza dei 
	cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana …”.
	Compito che la Repubblica è chiamata a portare a termine attraverso le sue 
	articolazioni e le sue istituzioni. E la scuola è una di queste.
	Per coglierne il nesso sopra richiamato  è però necessario preliminarmente 
	intenderci sul senso di gestione unitaria. Il primo e più immediato è 
	probabilmente quello di complesso di operazioni - nelle varie aree in cui si 
	articola il servizio scolastico - necessario ad un funzionamento delle 
	scuole che si caratterizzi per alcune scelte fondamentali, quali:
	- fare in modo che le risorse professionali e le opportunità formative si 
	distribuiscano in modo equo ed equilibrato tra classi, indirizzi, corsi;
	- contrastare l’uso di criteri e modalità valutative sperequati e 
	ingiustamente difformi. 
	Il funzionamento atteso da una gestione unitaria ha quindi come bussola la 
	produzione di un servizio che garantisca a tutti educazione, formazione e 
	istruzione di eguali opportunità.
	
	Impedimenti “interni” e 
	impedimenti “di sistema”
	
	Il Dirigente Scolastico è, come si è detto, la figura individuata dal 
	legislatore per assicurare, dentro le IS a lui affidate, una gestione 
	unitaria che renda possibile, per quanto nelle sue facoltà, la realizzazione 
	di questo compito. 
	Ma la domanda oggi è: è possibile, nella situazione attuale, assicurare una 
	gestione unitaria delle IS? 
	Non basta certo a garantirla il criterio di formare le classi in modo 
	equieterogeneo - come si dice - e costruire consigli di classe il più 
	possibile equilibrati, distribuendo in modo mirato gli insegnanti. Cose che 
	normalmente si fanno. 
	Nel suo lavoro quotidiano, non pochi  sono gli impedimenti che il DS 
	incontra nell’esercizio di questa sua funzione,  collocata non a caso in 
	primo piano nel comma citato. 
	Molti di questi risalgono a mali oscuri e lontani del nostro sistema. Cito 
	quelli più eclatanti:
	- la precarietà di una fetta comunque significativa di docenti che è 
	calvario per le scuole e le famiglie e per i lavoratori che ne sono vittime;
	
	- forme di reclutamento che negli ultimi decenni non sempre hanno premiato 
	la preparazione , né hanno messo in primo piano i requisiti di base 
	indispensabili per questo mestiere;
	- la forte disomogeneità nella formazione e motivazione dei docenti di 
	ruolo, dovuta a politiche di sviluppo e valorizzazione del personale a dir 
	poco vergognose. 
	
	C’è poi un problema tutto interno al pianeta scuola (e alla componente 
	docente in particolare), che è frutto di una cultura del lavoro in cui la 
	dimensione cooperativa e la responsabilità collettiva e dei singoli, 
	rispetto agli esiti di apprendimento, sono, di fatto, impedite da una 
	visione professionale diffusamente autoreferenziale. È in ragione di tale 
	visione - riconducibile a una libertà di insegnamento e a un’autonomia 
	professionale malamente intese – che i traguardi formativi comuni vengono 
	vissuti come puri optional.
	Agli ostacoli sopra riportati vanno poi aggiunti – oltre alla mancanza di un 
	sistema LEP (Livelli essenziali di Prestazioni) e a forme di dimensionamento 
	spesso demenziali delle IS - impedimenti pesanti come 
	il frequentissimo ricorso alle reggenze, negli anni recenti, per sopperire 
	alle negligenze sul reclutamento dei Dirigenti. Una misura sciagurata che si 
	tende addirittura a istituzionalizzare. 
	
	Il coordinamento interno come funzione privilegiata
	
	Se questa analisi è condivisibile, conseguente è l'interrogativo su 
	misure e comportamenti che permettano di superare tali impedimenti. 
	Qui si vuol circoscrivere la riflessione al superamento dei soli ostacoli 
	interni alle scuole e quindi alle misure e strumenti organizzativi che siano 
	garanzia per l’unitarietà di gestione  come indicatore di equità.
	Ritengo che lo strumento privilegiato della gestione unitaria non possa che 
	essere dato dal "potere autonomo" di coordinamento. Da coniugare  
	opportunamente con gli altri due “poteri autonomi” riconosciuti al DS 
	(direzione e valorizzazione delle risorse) col passaggio all’autonomia 
	scolastica.  
	Si può immaginare infatti una gestione unitaria senza attività di 
	coordinamento (diretto o "distribuito") ai vari livelli? Coordinamento che Sergio Auriemma definisce, non a caso, come "la più 
	pregnante e moderna ed efficace figura organizzatoria", perché – interpreto 
	(comunque è la mia idea) - connota la stessa “direzione”, almeno sotto il 
	versante educativo e didattico - organizzativo,  non come forma di potere da 
	esercitare in solitudine e “managerialmente”, ma, in buona sostanza, come 
	leadership democratica e, al tempo stesso, strategica.
	
	Leadeship che si esprime con / attraverso figure di coordinamento delle 
	varie articolazioni del CD (dipartimenti, CdC…..) – oltre che di quelle di 
	presidio relativo ad ambiti organizzativi interni (orientamento, scuola 
	lavoro, formazione …) -. 
	Ma il livello più alto di gestione unitaria e leadership  democratica è 
	forse quello che si può realizzare dentro un modello organizzativo (quello 
	ipotizzato per esempio da Piero Romei) che faccia perno su una équipe di 
	direzione di cui siano parte integrante tutte le figure di organizzazione 
	dell’Istituto (quindi, non solo i collaboratori del DS, ma anche le Funzioni 
	Strumentali, i coordinatori di Area  - assi culturali, area comune, area di 
	indirizzo -,  i coordinatori delle fasce di classi parallele …). 
	Ovviamente, modelli organizzativi di questa natura  non possono opacizzare 
	le funzioni del DS in quanto responsabile dei risultati e, come tale, non 
	solo impegnato a orientare a questi le attività didattiche dei docenti, ma 
	anche  a vigilare e controllare che ciascuno faccia la sua parte e a 
	intervenire disciplinarmente nei casi di inadempienza.
	Se queste considerazioni hanno un senso, probabilmente il secondo comma 
	dell’articolo 25 del D.L.vo 165 andrebbe riscritto in modo tale da 
	evidenziare che l’intreccio dei tre “poteri” è soprattutto funzione della 
	gestione unitaria dell’IS. 
	Poteri che di fatto poi si configurano  soprattutto (e questo vale in primo 
	luogo per il coordinamento) come  risultato della legittimazione  che al DS 
	deriva dal ruolo formalmente riconosciuto non solo da quello che dice la 
	norma, ma anche da come la scuola è organizzata e dai risultati che ne 
	conseguono. 
	E questo riporta in primo piano la questione della formazione e 
	autoformazione dei DS e quindi delle competenze e dei comportamenti 
	professionali su cui esercitare una manutenzione continua (soprattutto in 
	rapporti tra pari che anche un’amministrazione saggia dovrebbe tendere a 
	favorire).
	Impegnarsi comunque in prima persona su tali terreni specifici, non può 
	certo, comunque, significare disimpegno rispetto a tutti gli impedimenti “di 
	sistema” sopra ricordati. Nei confronti dei quali l’attenzione e capacità di 
	proposta non può essere secondaria, data la rilevanza delle sue ricadute 
	sulla vita delle scuole.