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SCUOLA OGGI: Documenti e interventi sulla  politica scolastica della XVII legislatura

22.06.2014

Maturità: te la do io la prima prova
di Aristarco Ammazzacaffè

 Lo confesso con tanta vergogna. Non avrei saputo svolgere nessuno dei temi della maturità (la chiamano ancora così, a oltre 15 anni dalla riforma. Rassegnamoci). Forse qualcuno sì, ad una condizione  però: che il tempo a disposizione fosse stato, anziché di  sei ore, di almeno 6 giorni; e che invece del solo vocabolario di Italiano mi si fosse permesso almeno l’utilizzo di Internet.
Però la vergogna che provo non riduce la mia contentezza: le tracce proposte - nella loro  complessità erudita, nella cultura di cui efficacemente grondano, nella consapevolezza orgogliosa che a leggerle in Danimarca (e non solo) sarebbero indotti a dire: “Ma che preparazione formidabile hanno questi studenti italiani per poter sostenere una prova così alta e impegnativa!” - contraddicono (e meno male!) le mie percezioni sullo stato dell’arte della nostra scuola. E soprattutto – quelle tracce così mirabolanti - sono spia di qualcosa che rassicura e   lascia bene sperare (soprattutto qualcun altro).
Consideratene il numero, tanto per gradire, e, soprattutto, la loro, diciamo così,  consistenza:  sette  pagine fitte fitte  che solo a leggerle  e capirci qualcosa per orientarsi, a me personalmente avrebbero fatto girare l’anima, per così dire.
Ma la commissione che ha predisposto le tracce per la prova ha giustamente pensato che i giovani pensano a volo d’uccello anche durante una prova importante. Bravi. Così si fa.

E soffermatevi  poi sui testi che si propongono. Mica si scherza
Si spazia da Adorno a Enzo Bianchi, da Behringer ad Amartya Sen, da Luce Irigaray a Jaques Attali, da Geoge Mosse a Walter Benjamin, da Hannah Arendt a Gandhi, a Renzo Piano (per citare solo quelli che di cui so giusto qualcosa). E scusate se è poco. Anzi, diciamola tutta, impressionano. E ti chiedi a un certo punto se la commissione delle tracce non fosse  una commissione di "mostri” (qui, nel senso di pozzi di scienza. Ovviamente).

Ineccepibili, ancora, e significative, le richieste ai candidati per lo svolgimento.
La prima traccia su una poesia di Quasimodo, per esempio, mica si limita alla comprensione del testo (che, confesso, ho cominciato a capirlo sufficientemente dopo almeno 5-6 letture attente; e ancora adesso qualcosa  mi sfugge), richiede l’analisi testuale con domande di spiegazione su cui si impappinerebbero anche bravi insegnanti di Italiano di non primo pelo.
E poi, come a dire: - Qui non si scherza -, si afferma: ”Soffermati sul motivo della natura, presente nella seconda parte della poesia”; e ancora “Approfondisci poi l’interpretazione complessiva della poesia con opportuni collegamenti ad altri testi di Quasimodo e/o a testi di altri autori del Novecento.” . Tutto in sei ore meno due (per capire le tracce, trascrivere in bella e rileggere)! Quando si dice…

Sulla quarta traccia (un testo di Renzo Piano), per fortuna,  lo svolgimento dell’argomento (le periferie come città del futuro) si presentava più semplice. L’intervista televisiva all’autore, nel TG1 della sera, ne ha esplicitato efficacemente la problematica con sicurezza e precisione. Complimenti a Renzo Piano. È stato chiarissimo, come solo lui può e sa. Se l’avessero intervistato la sera prima….!

PS. Riferisco, per correttezza deontologica e compiutezza informativa, della decisione drammatica di un mio amico che ha fatto parte della commissione incaricata di formulare le tracce per la prima prova.
Si tratta di persona sensibile e attenta che, a prova conclusa, dopo aver riletto, per conto suo e per pura curiosità, le tracce che lui aveva contribuito a costruire, “colpito da profondo rimorso”, decide di dare le dimissioni da tutto e   di diventare “frate trappista” (o, in alternativa, “frate scalzo”).
E questo, per “espiare la colpa” [virgolettate tutte le espressioni chiave che gli si fa dire] di aver fatto parte della commissione ministeriale per la maturità. Che gli “pesa come un macigno” e che lo ha spinto a chiedere scuse universali. Come ha spiegato  sia nella lettera di ieri al Ministro Giannini, sia nella domanda di oggi - direttamente a Papa Francesco – (per essere accolto, come si diceva, in una comunità di frati: lui preferirebbe “i frappisti”).
Scuse agli studenti per averli sottoposti ad una “prova francamente improbabile”,  per i modi e le pretese, e “averli costretti, durante la prova, ad arrampicarsi sui vetri e rincorrere, su quelle tracce,  parole e pensieri  in cerca di significati” [Sarà vero? Verificare];  scuse agli autori dei testi proposti, strumentalmente usati per obiettivi che definisce “del tutto insensati ”,  perché “senza capo né coda, rispetto al senso di un vero esame di stato” [non è che  esagera un po’?]; scuse ai tanti insegnanti bravi che fanno bene il loro lavoro e che si sentono mortificati da queste “tracce che sbattono in primo piano tematiche che essi, nei casi migliori,  hanno appena sfiorato”; e soprattutto  scuse al Paese, per aver tentato , nella costruzione delle tracce, di oscurare, “con boria accademica e prosopopea intellettualistica” [sic! E io mi dissocio ] “i modestissimi livelli di qualità  della nostra scuola” [come si permette!?]. E tutto ciò,  nel tentativo sia di “far credere  che la preparazione diffusa dei nostri studenti era tale da permettere di affrontare alla grande  quel tipo di prova”; sia, soprattutto, di “avvalorare l’idea che improvvisazione e pressappochismo – a cui i ragazzi son dovuti ricorrere -, possano essere virtuosi strumenti di difesa di fronte alle prove della vita”  [oddio! mi ri-dissocio!].

Così il nostro amico. Che speriamo si ravveda. Anche perché ha moglie e due figlie; per quanto, queste, ormai grandicelle.
Comunque, come si vede, il mondo è veramente vario, anche se non  impenetrabile.

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