PavoneRisorse

I problemi della valutazione dopo la legge 169


08.11.2013

La veritเ, vi prego, sulla valutazione
di Antonio Valentino


1.    Test s / test no

La verit, vi prego, sulla valutazione. Pu ben cominciare cos questa ulteriore riflessione sul tema in discussione, giocando col titolo di una bellissima raccolta di liriche di W.H. Auden ( La verit, vi prego, sull’amore, Adelphi 2004).
Nei mondi paralleli della scuola e dell
’universit, soprattutto a certi livelli, il gran parlare sulla valutazione sembra ridursi, da un po’ di tempo, al dilemma test s / test no. Si parte spesso dal Regolamento, recentemente approvato, sul Sistema nazionale di valutazione (SNV); ma i ragionamenti ruotano sostanzialmente e continuamente intorno alle prove INVALSI.
I termini della discussione comunque non riescono a migliorare  in chiarezza e condivisione.
Ormai sappiamo tutto sui limiti, sui rischi, e sulle criticit
in genere  delle prove cosiddette oggettive somministrate per le rilevazioni nazionali e internazionali. Si tratta infatti per moltissimi, tra quelli che  si occupano di scuola, di verit acclarate.   
Ma, su questo terreno della  valutazione, ci sono
‘veritเ’ non meno significative, considerate - da non pochi -  pi promettenti e interessanti degli aspetti critici prima richiamati.
Tende a farsi strada, ad esempio,  l
’idea che le comunit scientifiche a livello internazionale riescano sempre pi e meglio sia a elaborare test validi / attendibili  e vari (nelle forme) per le finalit che si prefiggono (rilevare la qualit degli apprendimenti e i processi e contesti in cui si sviluppa), sia  ad offrire elementi solidi di conoscenza, utili ai sistemi formativi e ai decisori politici.
Se cos
non fosse, infatti, non staremmo – si dice da pi parti - a studiare e approfondire i risultati delle prove OCSE PISA, OCSE PIACC, TIMMS, ecc.
Tra l
’altro, va anche considerato che test e prove cosiddette  oggettive non sono pi ormai strumenti estranei alle valutazione degli apprendimenti disciplinari – e non solo – nelle nostre scuole. L’uso si sta diffondendo, anche se in misura ancora marginale, considerato che sono addirittura previsti per la terza prova degli Esami di Stato da circa tre lustri.
Ma da noi le cose vanno un po
’ sempre cos.
La domanda di buon  senso che viene suggerita da questo gran parlare sul tema nei termini in cui se ne parla
, a mio avviso, la seguente : pu il tema della valutazione dei sistemi formativi - sulla base delle rilevazioni condotte da Istituti e Agenzie ad hoc - essere sganciato da quello della valutazione come funzione della didattica nelle pratiche quotidiane di insegnamento e apprendimento?
E non
proprio questa distorsione (tenere del tutto distinti e separati i due ambiti) che si rileva nel dibattito in corso?
Vediamo.

2.    Prima considerazione: sulle modalitเ valutative ancora prevalenti

Un aspetto innegabile:  l'enfasi sui rischi dei test sulle prove INVALSI (spesso fondate), di fatto  sta facendo passare sotto silenzio quello che uno dei problemi pi urgenti e preoccupanti del fare scuola nel nostro paese: il permanere, in maniera diffusa, di pratiche valutative “intuitive”.  Modo elegante per dire: generiche, spesso inique, infondate; strumento, molto spesso, questo s, di potere e  punitivo, che spesso angoscia lo studente e che non serve neanche insegnante, ecc.
Oggi nelle nostre scuole si valuta, in misura ancora prevalente, come ai tempi dei nostri genitori.  Mi riferisco in modo particolare alle interrogazioni orali, gestite ancora senza criteri di trasparenza e all
’interno di un rapporto inquinato dalla funzione giudicante dell’insegnante (che, in s,  non qui, ovviamente, messa in discussione).
La situazione oggi si
un po’ modificata. Nel senso che non pochi  insegnanti – come gi si detto - ricorrono  pi frequentemente a prove oggettive o ad altre modalit sostitutive dell’interrogazione; come pure   certamente cresciuta l’attenzione alla fondatezza dei criteri e all’affidabilit delle tecniche e degli strumenti. Ma non cambiata di molto.

3.    Seconda considerazione: sui tempi per le valutazioni e organizzazione della didattica

L’interrogazione – e anche questo un dato acclarato soprattutto nel secondo ciclo - continua ad essere elemento ancora fondamentale (assieme alla lezione generalmente frontale) del modello prevalente di organizzazione del tempo scuola.
A proposito della quale sappiamo che

In altri termini, a proposito di valutazione, una verit con cui doveroso fare i conti quella per cui tutta questa polemica sui test rischia di  occultare di fatto, a prescindere dalle intenzione di singoli e di gruppi, posizioni di conservazione e tendenze regressive. Per la semplice ragione che rischiano di alimentare atteggiamenti che, circoscrivendo le considerazioni su prove oggettive e test ai loro aspetti problematici e oggettivamente rischiosi, non coglie il problema e quindi il terreno prioritario della ricerca e della proposta - e quindi della rivendicazione –; e crea avversione e rifiuto verso uno strumento e una modalit (prove “oggettive”) a cui nella maggior parte dei paesi OCSE si ricorre normalmente (ovunque pressocch scomparsa invece l’interrogazione).

4.    Il problema

Il  problema – e la considerazione che ne consegue - sensatamente riconducibile all’assenza di una cultura valutativa diffusa e ai guai che tale mancanza produce a pi livelli (soprattutto con il perdurare della pratica delle interrogazioni orali e di modalit valutative dove non sono chiari i criteri, gli strumenti e il senso). Impedendo, tra l’altro, di cogliere potenzialit e opportunit delle prove strutturate e standardizzate, per come si sono affinate e precisate nell’ultimo decennio, sia nella costruzione che nell’uso.
appunto la mancanza di una seria cultura valutativa – secondo questa ‘veritเ’ che sembra avere pi di un fondamento - che  impedisce di cogliere ci che il buon insegnante sa bene. E cio che le prove standardizzate sono strumenti utili e importanti per lo studente e per il suo lavoro (anche – e questo da sottolineare con particolare insistenza -  sotto l’aspetto organizzativo della didattica) e che la loro demonizzazione favorisce pratiche di conservazione e confligge con i principi di trasparenza e rendicontazione – e responsabilizzazione –. Che non sono proprio principi di serie B.

5.    Gli approdi del buon insegnante

‘Veritเ’ comunque da considerare sono anche quelle che tanti buoni insegnanti hanno scoperto e sperimentato nella loro attivit. E cio che

6.    Conclusioni provvisorie

In attesa di veritเ non contestabili sul tema generale, si potrebbe allora cercare di convenire  su qualche punto.
Per esempio che

A quest’ultimo proposito, si tratterebbe allora di concentrarsi sugli aspetti di merito - come apprezzabilmente si tende a fare sempre di pi - senza buttar via il bambino con l’acqua sporca.
Per esempio, mettere in primo piano l
’analisi propositiva  delle storture pi evidenti del Regolamento del SNV. A partire dalla valutazione dei DS dentro le procedure per la valutazione delle scuole, dalle  prerogative dell’INVALSI  (da ridimensionare comunque e circoscrivere) - e da come tale Istituto costituito (presenza preponderante, da quello che si sa, di econometristi ed esperti in statistica)  - e dal suo rapporto col Ministero e con le scuole.
Ma ritengo anche molto pi
promettente puntare – dentro il SNV -  su una maggiore rilevanza del ruolo dell’INDIRE. Che l’agenzia pensata opportunamente per aiutare le scuole a sviluppare una pi solida cultura valutativa e autovalutativa. Alla quale dovrebbe spettare quindi il ruolo di coordinamento complessivo del sistema.
ศ - questa - un’idea peregrina?

torna indietro