Direzione didattica di Pavone Canavese


 

(14.06.2010)

Revisionismo di Marina Boscaino

Mentre un dirigente scolastico di Putignano, provincia di Bari, invita le famiglie dei 127 maturandi a versare 145 euro ciascuno per pagare i commissari dell’Esame di Stato, avendo esaurito le scorte economiche e non avendo dunque più a disposizione la cifra necessaria per anticipare le spese relative, dal salottino di “Porta a Porta” – che già da tempo sostituisce a tutti gli effetti le normali sedi di definizione e individuazione di una norma, quando non direttamente Camera e Senato - Gelmini, rivede e ridiscute in diretta quanto stabilito dall’ O.M.  5.5.2010 n. 44, art. 2 : “Nei confronti dei candidati valutati positivamente in sede di scrutinio finale (votazione non inferiore a sei decimi in ciascuna disciplina o gruppo di discipline valutate con l’attribuzione di un unico voto secondo l‘ordinamento vigente e un voto di comportamento non inferiore a sei decimi), il consiglio di classe, nell’ambito della propria autonomia decisionale, adotta liberamente criteri e modalità da seguire per la formalizzazione della deliberazione di ammissione”.

 


“Certo, con un cinque non si boccia nessuno. Le norme vanno applicate con il buon senso”. La recente maternità, a quanto pare, deve averla addolcita. O la presa di contatto concreta con il velleitarismo e la demagogia di quell’annuncio – di sicuro impatto rigore-serietà-merito, quando poteva solo essere evocato, di certa catastrofe in termini di consenso e di esiti concreti (se la norma fosse stata applicata pedissequamente si prevedevano 130.000 non ammessi contro i 30.000 dello scorso anno), in caso di applicazione reale – ha fatto scendere la lady di acciaio del fai da te pedagogico made in Italy a più miti consigli. “Le norme vanno applicate con buon senso” è una frase che fa davvero riflettere. E fa rabbrividire se pronunciata da un ministro della Repubblica.
Finché è stato possibile solo alludere all’imminente normativa – che sarebbe dovuta entrare in vigore, appunto, da quest’anno scolastico – e inserirla all’interno della cornice autoritaria e non autorevole, rigida e non rigorosa, punitiva e non educativa all’interno della quale sono state collocate le più fantasiose trovate di questa improvvisata e inconsapevole rappresentante del complesso mondo della scuola, di un milione di docenti, di quasi 8 milioni di studenti, di 222.000 Ata circa;  finché è stato possibile ammiccare alla spasmodica voglia di sicurezza di una parte dell’elettorato con una serie di atteggiamenti giudicati esemplari e simbolici (grembiule, cittadinanza e Costituzione, voto in condotta, non meno di 6 per l’ammissione), di parole d’ordine di stampo equivoco (rigore, serietà, merito, semplificazione, premialità), perché pronte ad assumere ora l’impronta antidemocratica, demagogica, arbitraria, autoritaria, ora a rispondere ad una comprensibile e legittima necessità di valutazione (da perseguire secondo criteri e parametri meno beceri di quelli che l’attuale ministro e i suoi accoliti ci continuano a proporre), l’inganno della “lettera”, della lettura fedele dell’OM 44/2010 e dei suoi precedenti riferimenti ha retto. Poi, nell’imminenza dell’Esame di Stato, il diritto, la legge – per quanto discutibili - sono stati sostituiti dal “buon senso”. A ulteriore  riprova che, nel Paese di Pulcinella, la certezza del diritto è un’utopia. E la norma viene fondata e rivisitata  ovunque. Persino alle 23.00, tra una porta che si apre e una che si chiude, tra una chiacchiera pacata e un fregamento di mani del sussiegoso ospite. "Rispetto alla prassi di questi anni di ammissione totalitaria alla maturità - ha spiegato Gelmini -  questa è una delle norme pensate per restituire rigore e maggiore serietà alla scuola e alla maturità. Non mi sfugge che laddove c'è l'insufficienza in una materia, il consiglio di classe debba valutare collegialmente se ammettere o no lo studente. Queste norme - ha proseguito - vogliono evitare i sei politici e il lassismo degli ultimi anni". E ringraziamo che non sia stato ritirato fuori esplicitamente il ’68.
Il buon senso cui il ministro ha fatto riferimento è quella delicata operazione che si chiama valutazione formativa e che lei e chi l’ha preceduta hanno tentato di affossare – parlando strumentalmente di rigore e merito – attraverso una proposta di pura ragioneria. Anche se non avesse esternato, Gelmini avrebbe potuto contare su una responsabile interpretazione di una norma dall’impianto tanto irrazionale, antipedagogico e antididattico da risultare inaccetabile. La coscienza professionale degli insegnanti non ha bisogno di suggerimenti televisivi, specie da chi – per conseguire un titolo (meritato?) – si è spostata di 1000 chilometri. 
Il principio dell’autonomia decisionale, cui allude la stessa ordinanza, è una prerogativa del consiglio di classe e un principio fondamentale nella gestione delle delicate pratiche di valutazione, che norme irrazionali e suggerimenti incompetenti non possono mettere in discussione. 

 

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