Direzione didattica di Pavone Canavese


 

(10.10.2010)

Tanto peggio... tanto peggio - di Marina Boscaino

Oggi, nella Giornata Mondiale degli Insegnanti, rendiamo omaggio a tutti gli insegnanti per il loro ruolo essenziale nel formare le vite dei bambini e per il loro cruciale contributo allo sviluppo sociale, economico ed intellettuale nelle nazioni”.

Il mondo è strano: mentre l'Unesco ci rende omaggio, Gelmini e Tremonti fanno carne di porco della scuola pubblica, nell'indifferenza di un Paese rassegnato al proprio declino. In particolare l'Unesco ricorda le donne che si impegnano portando “prospettive di vita migliore” anche nelle zone più svantaggiate del mondo.


Mai come in questo periodo la professionalità dei docenti nel nostro Paese è oltraggiata da un'ostentata noncuranza proprio rispetto a quel ruolo e a quella funzione che l'Unesco ha sottolineato. Che esistano un'opinione pubblica e un interlocutore politico che davvero condividano quelle parole – al di là degli slogan di maniera e del senso comune che renderebbe imbarazzante negarle esplicitamente – è cosa di cui è lecito dubitare. La società viaggia su altre motivazioni, verso altri obiettivi, animata da altri sogni. Che la scuola pubblica stia affondando, di fatto, sembra interessare molto poco a chi potrebbe determinare – attraverso il proprio interessamento – destini alternativi e dare una svolta al percorso di mortificazione programmatica di diritti e di educazione e sapere.

 


D'altra parte, non c'è da stupirsi: i provvedimenti vanno semplicemente ad aumentare uno iato che il sonno della ragione collettivo ha mancato di cogliere già da tempo: la rinuncia alla conoscenza come bene comune; all'idea di un grande progetto di emancipazione e di crescita per tutti; ad un investimento significativo sul futuro di tutto il Paese. La “riforma” - impoverendo omogeneamente tutto il sistema scolastico – va ad accanirsi in particolare su quei segmenti che accolgono la popolazione scolastica dalle condizioni di partenza più svantaggiate, quella che non può trovare altrove ciò che la scuola non è più in grado di fornirle, che non può vicariare, che affida alla pubblica istruzione l’unica chance di miglioramento.  La scuola viene così trasformata da “ascensore sociale” a immobilizzatore di destini socialmente determinati.

  


C'è qualcuno – lì all'Unesco – che aveva voglia di fare ironia sulla situazione del nostro Paese? Sentite un po': 
“I Governi sono esortati a continuare a investire in programmi validi per la formazione degli insegnanti e a incentivarli a rimanere e a sviluppare la loro professionalita'. Chiediamo, inoltre un maggiore impegno e adeguate strutture di dialogo sociale che diano agli insegnanti voce in capitolo attraverso le loro organizzazioni. Senza il cotributo degli insegnanti nel dar forma alle riforme scolastiche, non e' possibile raggiungere alti obiettivi di ripresa scolastica".


Presi alla lettera, davvero: è dato certo quanto l'incentivo e lo sviluppo della professionalità degli insegnanti siano una innegabile priorità di questo Governo.

Da noi, i docenti che non sono stati allontanati dal circuito (i precari, età media 39 anni) sono quotidianamente sottoposti ad un tirocinio di bricolage improvvisato, per far fronte – con energia e inventiva – alle emergenze sempre più numerose e imprevedibili che la mancanza di fondi crea nelle aule e nelle scuole.

Il profilo delle competenze di un docente italiano è qualcosa di sensibilmente differente da ciò che – praticamente – gli insegnanti si trovano a fare. È sulla creatività, sulla dedizione e sullo spirito missionario di alcuni la scuola è andata avanti; contando sull’incapacità – più o meno generalizzata, più o meno di tutti – di pretendere elementari diritti esigibili, salari dignitosi, riconoscimento sociale e culturale.

Le mancanze di alcuni sono diventate l’identikit dell’intera categoria: questa è la grande abilità che dobbiamo riconoscere – in particolare a questo Governo – nel determinare la percezione pubblica del nostro lavoro e del nostro impegno.

 

Tra una campagna di delegittimazione e l’altra – fannullonismo, incompetenza, latitanza educativa e formativa – si è distrutta la fiducia del Paese nei confronti di una categoria professionale – e dell’istituzione che essa rappresenta – strategica per un Paese democratico.

È stata un’operazione responsabile? No, ne raccogliamo quotidianamente i frutti negativi.

È stata la gutta frequens che ha legittimato lo scempio, la “cura da cavallo” della stratega Gelmini e del suo suggeritore non occulto, Giulio Tremonti. E che ha consentito all’Italia di segnalarsi per inefficacia e inefficienza - termini a loro cari – rispetto ad un investimento significativo nel campo dell’istruzione. Questi i suggerimenti e le richieste dell’Unesco:
Nella giornata Nazionale degli Insegnanti chiediamo con forza ai Governanti, alle comunita', alle istituzioni di tutto il mondo, che rinnovino il loro impegno nei confronti dei docenti. La ripresa comincia dagli insegnanti. Possiamo meglio onorarli dando loro condizioni di lavoro che consentano di adempiere alla loro missione di preparare le nuove generazioni a diventare cittadini responasbili, con la conoscenza e le abilita' per dar forma a un futuro migliore”.
Le risposte in particolare di Gelmini e Tremonti ma anche di tanti intellettuali  del nostro Paese – che si sono sottratti a qualsiasi esercizio di denuncia – e di un’opposizione balbettante e inconcludente le ascoltiamo tutti i giorni. E ci fanno stare sempre peggio. 

 

 

 

 

 

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