Direzione didattica di Pavone Canavese

 

Quaderno di scuola - a cura di Marina Boscaino

(23.03.2009)

Plebisciti mediali - di Marina Boscaino e Marco Guastavigna

Tra guerriglieri e fannulloni l’identikit degli studenti italiani: due delle variabili di un sondaggio su cui il pubblico di Rai2 è stato chiamato a pronunciarsi lunedì mattina, nell’ambito di un sedicente dibattito sull’Onda. “No, il dibattito no!”: bei tempi quelli in cui Nanni Moretti poteva sperare di evitare il rituale anni ‘70 – per quanto noioso – di confronto, riflessione, elaborazione. Il dibattito targato XXI secolo scatena un’avversione ben più disperata e disgustata: il consueto salotto patinato, interlocutori inattendibili e fatui, le solite cosce in mostra, colori, musiche, ricchi premi e cotillons. Con tanto di segnalazione sulla pagina televisiva di “La Repubblica”.

 

La registrazione del quesito - mp3

Tutto quanto fa spettacolo, si sa.  La cultura di massa ha bisogno di semplificazioni, anche questo è noto; l’incultura massificata esige banalizzazioni. E allora avanti con 3 etichette per classificare una generazione in movimento, in “onda”: tutte perfettamente in sintonia con il “pensiero unico”. Che consiglia saggiamente di ironizzare – nel senso del fare e del non fare, guerriglieri e fannulloni, appunto - sul primo grande momento di consapevolezza dai tempi della Pantera. Nonostante questa televisione, che non è altro che il degno specchio del mondo che l’ha progettata ad uso e consumo dell’omologazione, del sonno della ragione, dell’atrofia del cogitare; nonostante una politica sciatta e imprudente, superficiale e non elaborante (che di fatto non ha costituito nemmeno per un attimo l’interfaccia del movimento), abbiamo assistito al miracoloso movimento di una generazione che ha per referenti non esemplari  un’opposizione balbettante, una sinistra in disarmo o obsoleta, una maggioranza ciarliera, superficiale ed interventista, che celebra quotidianamente la dequalificazione della politica tramite il successo immeritato dei suoi esponenti; ma che, dietro l’apparente cordialità e bonomia perfettamente incarnate dal volto forever young e ridanciano del Presidente del Consiglio, è sempre pronta ad infliggere mosse a sorpresa, dalle impronte ai bambini rom alle leggi ad personam. E ci permettiamo pure il dileggio, lo sfottò, il sondaggio multicolor per irreggimentare ulteriormente coscienze e incoscienze. Salvo poi affibbiare alla scuola – sempre negli stessi salotti, sempre con le stesse metodologie populistiche e finto-democratiche – la responsabilità di qualunque scelleratezza venga compiuta da adolescenti. Non sarebbe il caso di interrogarsi sulla correità (almeno) del sistema di (dis)informazione?  

 Quella dell’alternativa tra guerriglieri e fannulloni non è esattamente una chiave di lettura di un Paese che veda nell’impegno consapevole e responsabile di una generazione giovane un motivo di soddisfazione; e neanche di riflessione. Non è una chiave di lettura che tesaurizzi una risorsa che è esplosa nonostante  l’implodere autoreferenziale di un mondo che – ontologicamente – allontana dalla politica, dall’impegno e dalla partecipazione. Di un mondo che consideri la volontà di intervenire su temi quali l’inclusione, la cultura, l’emancipazione, l’uguaglianza da parte di giovani cresciuti a merendine, calciatori e veline un valore aggiunto e un dono immeritato, e perciò più prezioso. Quei temi, è noto anche questo, sono vetero. Non hanno la dignità delle prime pagine dei giornali, se non quando si scatenano la rissa, il bullismo, la malascuola; o quando un qualche Ocse Pisa ci informa di quanto siano somari i nostri studenti; quando Brunetta e Gelmini ci spiegano perché è necessario razionalizzare un sistema caratterizzato da sprechi e fannulloneria; oppure fino a quando un’onda di studenti delle superiori e dell’università può essere considerato un variopinto fenomeno curioso e folkloristico.

 Quei ragazzi hanno esaurito la forza d’urto delle proprie idee, la reazione per l’esigibilità dei propri diritti, l’indignazione per l’impoverimento di un sistema dell’istruzione che significa inaridimento del loro futuro, perché sono stati lasciati soli. Soli da un mondo adulto cui fa comodo interpretare quelle idee e quell’indignazione come un’ansia di violenza o un bisogno di fannulloneria, appunto. Semmai, forse, come la preoccupazione per il lavoro di domani. Scartando dunque a priori idealità, principi, diritti collettivi che nel mondo dell’impudicizia, del qualunquismo, della tuttologia, dell’ovvietà. Il pensiero critico e divergente fa paura: è una storia vecchia come il mondo. Meglio buttarla in caciara: e perciò si dia inizio alle danze. Aspettiamo da un momento all’altro che Alba Parietti o Mara Venier intervengano in un “dibattito” sui contenuti disciplinari. Assegnando al televoto il compito di dirimere eventuali disaccordi.

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