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(18.04.2006)
Digital degeneration? Forse no
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di Marco Guastavigna

L’Associazione Italiana Editori ha presentato abbastanza recentemente i risultati delle ricerche ‘D.G.- La digital generation’ e ‘Studiare con il PC.
I dati quantitativi sono stati raccolti a livello nazionale, attraverso un questionario sottoposto telefonicamente ai ragazzi tra i 14 e i 24 anni.
Le considerazioni qualitative sono il frutto di tre focus group rivolti a ragazzi milanesi di tre diverse fasce di età, da 10 a 13 anni, da 14 a 18 e da 19 a 24, con un ‘buon rapporto’ con la lettura di libri e fumetti, con l’ascolto di cd musicali da una parte e con la tecnologia digitale dall’altra ed una certa pluralità di interessi (di nuovo lettura, cinema, viaggi).
Tutti ci immaginiamo i giovani in buona confidenza con computer ed Internet, ed in effetti è così: solo il 5% non usa il PC e solo il 4% di coloro che utilizzano un calcolatore non navigano su Internet.
Le “nuove tecnologie” concorrono in misura significativa all’acquisizione di informazione: il tempo impiegato per leggere quotidiani su carta o su Internet è il medesimo, all’incirca 3 ore la settimana. Allo stesso modo sono ampiamente sfruttate le possibilità di intrattenimento fornite dai sistemi digitali: se la televisione continua ad essere vista prevalentemente in modo tradizionale, alla radio via Internet e all’ascolto della musica attraverso lettori MP3 viene infatti dedicato una quantità di tempo paragonabile a quella dedicata agli strumenti “ordinari”. Il dato è significativo di per sé, e va considerato anche alla luce del fatto che il mercato dei media non ha ancora collocato sotto i propri riflettori la possibilità di fruire della TV via rete, in particolare in Italia dove interessi di parte hanno spinto invece nella direzione del digitale terrestre, che si continua a fruire sul televisore tradizionale.
Il 66% dei giovani usa la posta elettronica, il 25% dichiara di partecipare almeno una volta alla settimana a chat, forum e ben il 9% afferma di avere un proprio blog, ovvero una sorta di diario personale. In quest’ultimo caso, che contraddistingue chi partecipa alle attività della rete in forma particolarmente attiva e con un certo livello di elaborazione personale, è interessante scoprire alcune caratteristiche: il titolo di studio è per il 46% quello della secondaria di primo grado, la residenza è per il 50% in una grande città, l’accesso a Internet avviene per il 55% da casa.
Gran successo e grande partecipazione ha il “file sharing”, ovvero la possibilità di scambiare soprattutto musica, ma anche film ed altri prodotti dell’elaborazione intellettuale senza pagare diritti d’autore, tasse e così via. Il 42% dei giovani utenti di Internet ha scaricato nell’anno precedente l’intervista almeno un file; molti sono consapevoli che si tratta di una violazione di legge, ma il 59% afferma che ‘scaricare opere protette, fotocopiare libri o masterizzare un cd’ non sono considerabili ‘veri e propri reati’. Solo la metà dei giovani, anzi, verifica al momento dello scaricamento se ciò di cui si sta appropriando sia protetto da copyright. Siamo di fronte ad una profonda modifica della mentalità: ‘l’abitudine alla condivisione, per la nuova generazione di internauti, rende poco “accettabile” che questo fatto violi il diritto d’autore’. A dire il vero, qualcosa si compera pure: il 78% degli intervistati ha acquistato nell’anno precedente almeno un cd musicale, un film, un libro, ma è molto probabile che almeno delle canzoni abbia fornito copia agli amici.
L’84% di coloro che usano Internet utilizza un motore di ricerca almeno una volta alla settimana, mentre coloro che recuperano contenuti per il proprio studio o il proprio lavoro scende al 27%: l’indagine affronta anche l’uso delle tecnologie digitali per l’apprendimento nello studio individuale.
‘Il libro mantiene per buona parte il suo primato in ordine alle attività di studio e di apprendimento, perché la concentrazione e la memorizzazione sono facilitate dal supporto’. Uno studente afferma che ‘per studiare devi avere il libro, perché leggere testi molto estesi sul monitor non è pensabile!’.
È una considerazione che rivela nel suo autore un profondo buon senso, probabilmente superiore a quello di molti adulti suoi contemporanei: a fronte delle diffuse teorizzazioni sulla necessità di “superare” le tecnologie tradizionali, presso i giovani sembrano anzi vincenti nei fatti l’esperienza e la pratica intenzionale dell’integrazione tra cartaceo e digitale, tra istruzione in presenza e formazione a distanza. Al libro viene infatti imputato di poter avere ‘contenuti superati o superabili’ , ma gli viene riconosciuto la valenza di ‘presentazione organica e sequenziale dei dati, con un livello di approfondimento mirato e predeterminato’. Il Pc ed Internet hanno informazioni e contenuti aggiornati, ma ‘la paternità può essere incerta’ ed i ‘dati disaggregati’. Il 90% dei giovani che frequenta la scuola utilizza i libri di testo ed  i propri appunti per studio ed esercizi, il 67% utilizza ‘programmi applicativi del PC per fare i compiti ed attività per lo studio e per la scuola”, il 53% integra il proprio studio con ‘materiale scaricato da Internet’, mostrando, ahimé, una certa predilezione per il preconfezionato e per l’apprendimento meccanico: ‘Sui siti come www.studenti.it si trovano cose già fatte: temi svolti, brevi recensioni di testi letterari in forma di riassunto, risoluzioni di problemi matematici…’; ‘Su www.latino.it si trovano le traduzioni di brani dal latino’.
Il buon senso, per fortuna, riemerge con le considerazioni dei focus-group sull’e-learning, in cui è evidente una caduta delle attese verso le tecnologie didattiche. Gli intervistati ‘non manifestano un bisogno concreto di educazione a distanza’, ritenuta, forse, ‘interessante per chi ha problemi di spostamento o abita sui monti’; ‘esprimono forti riserve sulle possibili forme di apprendimento autonomo e sulle abitudini di autoapprendimento indotte dalle nuove tecnologie, per il sospetto sulle reali capacità di autodisciplina ed di autogestione dell’utente, che deve essere fortemente motivato’; ‘si mostrano riluttanti all’apprendimento solo mediatico, rivalutando il dialogo nel rapporto insegnante-studente e studente-studente.’

A questa buona capacità critica affidiamo la possibilità di trovare un effettivo e produttivo incontro tra digital e book generation nella scuola che speriamo di andare a ri/costruire.

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