Direzione didattica di Pavone Canavese

(27.11.99)

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Cinque pensieri sul POF
di Aladino Tognon,
direttore didattico 3° Circolo di Bassano del Grappa (VI)

 

E’ – sarà la/le stagione/i del POF.

La penisola è attraversata da un vento nuovo e degli "esperti stravaganti" l’hanno chiamato P.O.F. Dicono sarà una brezza benefica perché porterà aria fresca, abbasserà la temperatura, sveglierà gli addormentati, incentiverà la voglia di fare "quattro passi" insieme. Ho provato ad espormi a tale brezza e vorrei raccontarvi l’esperienza dividendola in 5 pensieri.

 

1° Pensiero C’è qualcosa di nuovo sotto il sole?

Gli operatori scolastici che dal 1°settembre, a tutti i livelli, hanno ricominciato un nuovo anno scolastico saranno, nella maggioranza dei casi, sempre gli stessi: quelli dell’anno scolastico 1998-99. Le persone non cambiano. Con D.P.R. 8 marzo 1999 e i successimi interventi del Ministero (D.M.179 /99; Lettera circolare 194/99 Direttiva Ministeriale 180/99), si tracciano suggerimenti, "confini", di un’autonomia che arriverà pienamente nel 2001. Mi chiedo: l’autonomia didattica non c’è sempre stata dentro alle quattro mura dell’aula? Cosa c’è di nuovo? Sembra ci sia questo "vento": il POF. Se le persone sono le stesse e l’autonomia didattica, nelle classi, c’è stata da sempre, forse conviene proprio capire cosa sia il Piano dell’Offerta Formativa: è o non è l’evento nuovo? Penso, frequentando per lavoro, con la qualifica di "operaio esterno", i grandi saggi (lo dico con ammirazione) del "Gruppo Nazionale Autonomia", che il nuovo vento porti alcune precise indicazioni:

 

2° pensiero La scuola non è noia.

Niente può essere ripetitivo a scuola. La scuola deve essere un sole che riscalda il cuore e l’intelligenza degli alunni e degli operatori. Il vento, continuando a mettere in campo la metafora del POF, serve a spezzare la noia, offre la possibilità di avere dei "pensieri di qualità" sia a livello professionale (sulla didattica) sia a livello di cultura organizzativa (trasformazione modulare delle discipline, gestione diversa dei tempi, nuove figure professionali – funzioni obiettivo). E’ uno spazio e un tempo per essere protagonisti e far diventare protagonisti gli allievi, le discipline. Desidero citare l’intervento di Dario Missaglia al convegno sull’autonomia svoltosi a Palermo (1999). "Due sono i compiti fondamentali davanti a noi:

Sconfiggere la noia che ogni tanto invade le nostre scuole significa imparare a "nuotare". Mi spiego. L’insegnante, il personale di segreteria ed ausiliario, nonché il dirigente scolastico vivono nella complessità della loro lavoro professionale. Tutti questi protagonisti sono immersi in un grande mare : molte sono le direzioni possibili. Occorre saper decidere e dar significato e quindi motivazione alla decisione. Saper nuotare significa decidere una rotta, scegliere degli strumenti utili per navigare, valorizzare ciò che serve abbandonando tradizioni che, non avendo più senso, ci annoiano . Nella vita di tutti i giorni non ci annoiamo solo quando abbiamo deciso cosa fare. Ciò vale anche per la scuola. Mio figlio ha scelto di frequentare la 3° liceo in Australia e sentite cosa mi scrive: " caro papi, qui la scuola è bella e soprattutto meno ingessata e noiosa della scuola italiana. I professori sono meno formali: scherzano con noi, il professore di educazione ambientale , per spiegarci una cosa, è salito sulla cattedra, ho cinque materie obbligatorie ma ben sessanta di facoltative. Il mio problema è quello di scegliere." Altre culture scolastiche, altre culture organizzative che non dobbiamo copiare ma con le quali vale la pena confrontarci. Noi dobbiamo scegliere la nostra didattica e la nostra organizzazione. Nel nostro P.O.F. potremmo tenere come "alto obiettivo" una precisa idea di base: sia i nostri alunni, sia i colleghi che con noi lavorano, non dovrebbero mai provare sensazioni di routine e di noia. Utilizziamo anche un suggerimento degli ultimi studi sulle teorie dell’organizzazione. Giuseppe Bonazzi racconta nel suo ultimo lavoro (1) che, nelle organizzazioni siamo passati dal decision making al sensemaking: da un’analisi centrata sui processi decisionali a un’altra centrata sulla creazione di senso
(pag. 10). Dare senso alle cose che facciamo ad ogni decisione presa significa allontanare la noia, motivare, coinvolgere. Sconfiggere la noia significa credere "che", essere ottimisti, voler essere o diventare protagonisti trovando lo spazio per noi stessi , aiutando gli altri ad essere, a loro volta dei protagonisti.

 

3° pensiero
Favorire il passaggio da una cultura "malestante" a una "benestante"

Un obiettivo "forte" e dominante del POF è: creare benessere. Se io vivo benessere significa che sono "benestante" e vivo e lavoro in un ambiente "benestante" . Non è un obiettivo da poco. Soprattutto occorre sconfiggere delle idee ingenue rispetto all’idea di benessere. Prima di tutto occorre chiarire che il concetto di benessere qui usato, non ha niente a che fare con parole oggi di moda: "buonismo", "edonismo", "new age" e cose similari. Vivere da benestante significa avere un progetto personale e gruppale di benessere e perseguirlo creandomi e creando delle competenze.

Il benessere privilegia la dimensione gruppale , quindi il pensiero condiviso, è sfida. Il benessere lo identifico come "CHALLENGER" cioè una sfida verso una conquista di traguardi - obiettivi che decido di raggiungere. Il proprio benessere e il benessere di un’organizzazione si misura rispetto alle sfide che si sono scelte. Se la sfida è troppo alta sarò depresso perché irraggiungibile e ricadrò facilmente in una situazione malestante. Se la sfida è troppo semplice non attiverò tutte le mie potenzialità e tale sfida perderà fascino lasciando posto, entro breve tempo, alla noia.

Essere benestante non significa ricercare la quiete, le strade conosciute, rifare ciò che ho già fatto o che è stato fatto. Il benessere è legato ai concetti di mettersi in gioco, di sfida, di orizzonti nuovi da esplorare.

Il POF non è una riscrittura dei PEI. Il PEI era, molte volte, descrittivo ,o meglio, fotografava ciò che c’era e si faceva. Con il POF la logica di fondo è diversa: sono indicazioni di "scelte", decisioni, di sfide, di creatività, di negoziazione, di collegialità nel decidere, di innovazione che hanno un obiettivo: creare "benessere" per gli utenti e gli operatori della scuola. Il PEI era figlio della cultura della norma. Il POF è figlio della cultura dei progetti. La norma (il PEI) protegge il progetto (POF) : sono due gambe dello stesso corpo che desidera provare e vivere in un ambiente " Benestante"


4° pensiero La metafora del P.O.F.

Negli anni passati, con i vari PEI, Carta dei Servizi abbiamo più o meno elegantemente descritto i nostri "orti" scolastici. Si esplicitavano le scelte rispetto alle "verdure" piantate, si valutava, alla fine, al massimo la redditività dell’"orto". Con il POF dovremmo descrivere il nostro "giardino". Il giardino non è buono o cattivo, gli aggettivi da usare sono bello o brutto. Il giardino si coglie con una visione d’insieme, è fatto si dalla bellezza delle singole piante, ma il suo fulgore è dato dall’insieme, dal giusto accostamento di piante e fiori, ha uno stile: italiano, inglese, ecc. La metafora del giardino mi sembra adatta al POF. Il Piano dell’offerta Formativa deve offrire un’armonica visione d’insieme dell’Istituto, con un colpo d’occhio deve piacere. Potremmo approfondire la conoscenza del "giardino POF" ( è un’idea di Ugo Silvello del C.I.S.D.I.G.) e conoscere ogni singola pianta (Carta dei Servizi, Regolamento, Contratto formativo) e ogni singolo fiore (orari, spazi, organizzazione). Anzi il giardino, se ben curato, deve essere attraente, deve essere invitante, far scattare il desiderio di essere conosciuto e frequentato. Per scendere nel concreto vedo il POF come la costruzione di un ipertesto o di una pagina WEB ( altra idea scaturita dal C.IS.D.I.G E PRECISAMENTE DA Donato De Silvestri). Un sito ci cattura con la sua Home page. Se è ben organizzato successivamente si possono visitare in modo analitico varie voci indicate nella Home page.

Ai genitori, alle altre scuole deve essere dato un POF che a colpo d’occhio faccia conoscere il nostro "giardino". Occorre quindi studiare delle "parole calde" per costruire la nostra Home page. Tanti anni fa, credo dodici, ero a Bologna e durante una conferenza organizzata da Enzo Spaltro, ordinario di psicologia del lavoro, sentii la relazione del responsabile VOLVO per l’Italia, ma non ne ricordo il nome e me ne scuso con i lettori. In quella situazione il rappresentante VOLVO si presentò con un lucido proiettato sulla lavagna luminosa nel quale veniva descritto il "giardino" VOLVO. Per tutta la mattinata parlò poi delle singole piante e fiori che comprendeva. Ho trovato tra vecchie carte quel lucido. Lo riporto come esempio di "POF come giardino" costruito da tanti "fiori e piante" e che stuzzicano un potenziale cliente a voler conoscere di più l’attività dell’azienda. Lo trascrivo così come è stato presentato sulla lavagna luminosa tanti anni fa a Bologna.


VOLVO VALUERS (2)
( Sistema di Valori Volvo)

 Da questo bel "giardino – Home page" ci si poteva inoltrare per conoscere ogni "pianta e fiore".

Anche la scuola dovrebbe mostrare il suo giardino. Lo sforzo maggiore per costruire il POF non sarà quello di creare una cosa nuova. In questi anni ogni scuola ha creato tante cose: dall’organizzazione, al clima, alla didattica.

Si tratta di armonizzare il tutto, collegarlo, fare "manutenzione" dare una filosofia unitaria, eliminare le piante e i fiori che a livello estetico non stanno bene insieme o che addirittura danneggiano altre piante del giardino.

Ma ciò non è una cosa semplice, anzi io posso piantare senza regole e secondo il mio sentire personale molte bellissime piante, in un giardino, ciò non significa che ho un bel giardino, ne tantomeno ho la certezza che durerà.

"L’insieme è diverso dalle parti che lo compongono" diceva Lewin. Se vogliamo usare un’altra metafora potremmo usare quella del gruppo. Il gruppo è l’insieme di ricchezze particolari e diverse che hanno imparato con fatica a vivere e lavorare insieme, potenziando le singole differenze. Ma la ricchezza, l’obiettivo, il fine, il percorso, la "storia" di un gruppo è diverso dalle ricchezze, dall’obiettivo, dal percorso del singolo che compone il gruppo stesso.

Non si tratta di buttare via, di far perdere significato ai tantissimi lavori prodotti dalla scuola fino ad ora per realizzare " spezzoni" di autonomia: Carta dei Servizi, Regolamento d’Istituto, Contratti formativi, programmazioni, progetti, laboratori.

Non si tratta nemmeno di mettere insieme, magari a caso, i vari lavori sopra ricordati.

L’operazione da fare è seria e complicata: creare un giardino.

 

5° e ultimo pensiero Decide chi sa e non chi comanda.

Per progettare un giardino, realizzarlo, curarlo e garantirne la manutenzione occorre far ricorso al giardiniere. Il giardiniere ha delle competenze e ciò gli dona il privilegio di lavorare e pensare al suo giardino. Ognuno di noi può diventare "giardiniere" del POF ad un patto: siano messe in campo le competenze. Il POF non è una dichiarazione d’intenti, non significa che la scuola si rifà il trucco per nascondere i difetti. Il POF è il risultato di capacità professionali agite. E’ frutto di "giardinieri". Non si improvvisa un giardino. Non si improvvisa un POF.

Nel realizzare il POF le relazioni tra gruppi d’insegnanti e insegnanti ed esterni devono prevedere "valore aggiunto", sinergie e non conflitto. Occorre misurarsi sulle didattiche, sulla verifica dei progetti educativo.didattici già realizzati negli anni precedenti dalla scuola, togliere la noia. Occorre rilanciare ciò che è stato fatto con successo, abbandonare, staccarsi da ciò che non ha funzionato e che rende la scuola noiosa per gli utenti e gli operatori. Occorre avere idee nuove. Per avere idee nuove sono necessarie sia le "conoscenze" sia le "competenze". Il POF è un prodotto di "squadra", è di proprietà di una scuola, è comunicabile, trasferibile in parte ad altri contesti, ma è specifico di ogni scuola.

Come consulente esterno per la formazione del Gruppo Nazionale dell’autonomia coordinato dal Consigliere del Ministro per l’autonomia dott. Giuseppe Cosentino, ho incontrato, in diversi seminari di formazione (Viterbo, Tirrenia, Faenza), i Nuclei Provinciali dell’autonomia di tutta Italia e di ogni ordine di scuola. In tali seminari più volte, ai formatori, sono stati chiesti modelli di POF e ogni volta le richieste sono state deluse. Ci penseranno le case editrici ad uccidere la fantasia procurando vari modelli di POF, così come è stato con il PEI o Carta dei Servizi. Il "Gruppo Nazionale dell’Autonomia" non è caduto nella trappola. Nessun modello, ma reale potere alle scuole di progettare, realizzare, mantenere il proprio "giardino". Il potere, in coerenza alle idee del Ministro, va dato effettivamente alle scuole.

Qualcuno ha voluto esporsi con me all " brezza", alla fine dell’avventura mi sono sentito rinfrescato e in un certo senso rigenerato, alcuni " amici", che erano con me, si sono presi il raffreddore ( gli è andata bene) altri una brutta broncopolmenite. Quest’ultimi giurano che il vento P.O.F. porterà catastrofi. Dal mio punto di vista sono convinto che non hanno " fisico".


note

(1) G. Bonazzi, " Dire Fare Pensare" , Franco Angeli, Milano 1999
(2) Non occorre tradurre. Potremmo chiedere aiuto alla nostra collega di lingua comunitaria, cogliendo l’opportunità di dialogare con Lei