Direzione didattica di Pavone Canavese

NUOVO CORSO: materiali e documenti della politica scolastica della legislatura attuale


13.10.2010

La rappresentanza delle scuole autonome
di Stefano Stefanel

Ci sono almeno tre questioni attualmente sul tavolo, che richiederebbero una reale rappresentanza organizzata e riconosciuta delle scuole autonome:

Ce n’è poi un’altra che può essere affrontata solo attraverso una rappresentanza delegata ed è l’annosa questione dei residui attivi delle scuole, considerati tali dagli organi interni e dai revisori dei conti, ma non dal Miur che sarebbe il soggetto che dovrebbe far corrispondere ai residui attivi delle scuole dei propri residui passivi da onorare e che invece non ha nulla a bilancio.

Quanto sopra ricordato vede le scuole autonome in una situazione di palese contrasto sia con gli organismi centrali (le Direzioni generali del Miur), sia con quelli territoriali (Usr e Usp) che non sono di supporto, ma semmai di contrasto all’autonomia scolastica. Le molte circolari dei Direttori generali degli Uffici scolastici regionali sempre più spesso ricordano ai Dirigenti scolastici i loro compiti e i loro doveri, senza mai mostrare una reale fiducia verso la categoria.

Affrontare, però, il problema della rappresentanza delle scuole autonome attraverso le organizzazioni professionali o sindacali dei dirigenti è sbagliato e fuorviate. Purtroppo in passato vie del genere sono state tentate con esiti negativi che ancora oggi si stanno scontando.

In realtà le Associazioni di Scuole Autonome ci sono in quasi tutte le Regioni italiane: alcune sono molto attive (soprattutto Asasi in Sicilia, Feisal in Lombardia, Asal nel Lazio), altre cercano di attivare azioni mirate, altre ancora sono di fatto solo nominali.  Però tutte sono nate da circa dieci anni e hanno dato vita ad incontri a carattere regionale e nazionale e stanno nel dibattito sulla scuola anche attraverso siti di vero interesse, molto attivi e documentati (www.scuolelazio.it; www.asas.sicilia.it; www.asafvg.it). Per cui sorprende leggere l’articolo di Gian Carlo Sacchi (La rappresentanza delle scuole autonome, su www.edscuola.it del 30 luglio 2010) in cui si auspica la nascita delle Associazioni di scuole autonome come non ne esistesse nessuna. Se l’articolo fosse stato scritto nel 2000 sarebbe interessante, ma visto che è scritto nel 2010 suona come una critica pesante a chi sta lavorando sul territorio con difficoltà.

Perché le difficoltà ci sono e riguardano soprattutto gli stili e le gelosie dirigenziali e l’incapacità dei Consigli d’Istituto e dei Collegi docenti di uscire dalla più assoluta autoreferenzialità e obsolescenza. Sono difficoltà conosciute su cui ci sono state anche discussioni pubbliche di grande interesse come i Convegni dell’Andis sull’argomento (19 gennaio 2008 a Torino e 29 e 30 gennaio 2008 a Jesolo) o come l’incontro pubblico di Milano del 28 marzo 2008 organizzato da sei Asa e in cui si è dibattuto l’argomento, anche a partire dal disegno di legge sul riconoscimento delle Associazioni di scuole nell’ambito della rappresentanza delle autonomie scolastiche presentato il 2 agosto 2007 dalle senatrici Negri, Solliani e Carloni e naufragato insieme alla XV legislatura. In alcune occasioni disegni di legge regionali (Marche, Friuli Venezia Giulia) prevedevano il riconoscimento delle Associazioni di scuole autonome, ma poi quei disegni di legge non sono diventati legge.

E’ evidente che le scuole non possono rappresentarsi da sole per il semplice e banale motivo che sono troppe (oltre 10.400) e dunque una rappresentanza deve essere riassuntiva e non estensiva. E’ possibile che lo strumento delle Asa non sia quello adatto, ma in questo momento non se ne vedono altri. Per cui la rappresentanza viene di fatto demandata agli Uffici scolastici, che perseguono le politiche ministeriali e non quelle delle scuole autonome. E’ sotto gli occhi di tutti il baratro che esiste tra gli obiettivi di coloro che forniscono il servizio scolastico agli utenti e al territorio (le scuole autonome) e coloro che gestiscono l’idea generale di offerta formativa (Miur, Usr, Usp). Se va bene alle scuole arrivano le accuse di sperpero e di incapacità gestionale, se va male tagli di spesa e organico difficili da gestire.

In questo scenario le scuole dovrebbero cercare a tutti i costi di costruire rappresentanze solide. Invece vanno ognuna per proprio conto, attraverso i rapporti personali dei dirigenti scolastici o attraverso prese di posizione sempre più lontane dalla realtà degli Organi collegiali. I Consigli d’Istituto e i Collegi docenti sembrano paralizzati nella fase propositiva e disponibili a risvegliarsi solo per lanciare sterili ma rumorose proteste. Mentre i dirigenti scolastici sono molto disponibili a coltivare le proprie relazioni, soprattutto se sotterranee, piuttosto che impegnarsi in reali azioni di rappresentanza delegata.

Anche nel passaggio federalista imminente e complesso le scuole non siederanno al tavolo delle trattative, così come avviene in occasione dei dimensionamenti regionali e così come avviene per gli organici e la gestione dei residui. Le autonomie funzionali non sono autonomie a pieno titolo, come lo sono gli enti locali, ma sono comunque strutture dello Stato dotate di autonomi poteri e di una chiara rappresentanza legale. Spesso non c’è un rapporto diretto tra il dirigente scolastico e la scuola di cui è legale rappresentante, perché a volte il dirigente scolastico non riesce a rappresentare realmente le esigenze e le proposte della scuola che dirige o più semplicemente si trova a dover subire azioni di protesta o deliberazioni illegittime su materie non di competenza degli organi collegiali.

Il problema è molto serie perché ci troviamo di fronte a legali rappresentanti che spesso non sono rappresentativi della situazione che rappresentano o di Organi collegiali disinteressati a quanto di competenza e invece fortemente interessati a dare voce politica alla propria protesta nei confronti del Ministero tramite la propria scuola. Poiché queste prospettive sono prive di respiro e di sbocco reale rimarrebbe la strada della rappresentanza delegata attraverso le Associazioni, ma la debolezza di questa strada è certificata non solo dalla storia di questi dieci anni di autonomia, ma anche dall’idea che molti dirigenti hanno che qualsiasi delega corrisponda ad una diminuzione del proprio potere. Così si producono molti documenti inutili e su quelli utili e fondamentali nessuno chiama le scuole al confronto, perché non sono dotate di riconosciuti strumenti di rappresentanza. 

 

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