Direzione didattica di Pavone Canavese

14.01.2001

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Seminario Nazionale "La musica nella scuola: i progetti laboratoriali"
Castiglione della Pescaia - 13\14\15 dicembre 1999

Dopo più di un anno dallo svolgimento del Seminario Nazionale "La musica nella scuola: i progetti laboratoriali", organizzato a Castiglione della Pescaia (GR) dal Ministero della Pubblica Istruzione, Ispettorato dell'Istruzione Artistica, dal 13 al 15 dicembre 1999, crediamo di fare cosa utile mettendo a disposizione di tutti la relazione tenuta da Enrico Bottero in quella sede. Il tema principale del seminario era l'individuazione di un profilo atteso di competenze del coordinatore di laboratorio musicale in vista dell'attivazione di successive iniziative di formazione . La relazione, centrata sul tema della progettazione interdisciplinare, coglie l'occasione per svolgere un'analisi delle direzioni di senso di un lavoro pedagogico musicale nella scuola. Il punto di convergenza tra musica ed educazione, a parere dell'autore, sta nella riscoperta di un'autentica dimensione estetica in entrambi i campi. I temi trattati possono, dunque, interessare non solo i coordinatori dei laboratori ma tutto il mondo della scuola impegnato nella promozione della musica sia come disciplina specifica sia come luogo insostituibile di formazione dei soggetti in una società in profonda trasformazione.

Profili e capacità del coordinatore del laboratorio musicale: la programmazione interdisciplinare

Enrico Bottero

1. Estetica. musica, teoria della conoscenza

In questo intervento non mi soffermerò su indicazioni operative afferenti il tema in questione, ma percorrerò la via più lunga dell'analisi delle direzioni di senso sottese ad un lavoro che ha a che fare con la musica a scuola. Parlo di direzioni di senso perché credo, fenomenologicamente, che l'insegnante , in modo particolare se si occupa di linguaggi artistici, non si possa pensare come un "tecnico" della didattica e dei processi organizzativi ma come un interprete, un ermeneuta. Un insegnante ermeneuta è colui che, partendo da sé e dalle sue relazioni col mondo, con gli oggetti, si costruisce un proprio sapere "estetico" sulla didattica e sull'organizzazione educativa. Introdurre la musica nella scuola non deve voler dire, infatti, aggiungere semplicemente per via sommatoria una nuova disciplina alle altre secondo i dettami di un curricolo a collezione (1), ma fare di essa, del suo modo di essere conoscenza, un'occasione di cambiamento, di educazione cognitiva, sociale, del gusto, ecc. Ciò implica una doppia sfida. La prima contro un approccio estetico, ancora presente nel mondo musicale, teso a ricondurre l'arte nei confini della "bella apparenza". Secondo questo punto di vista, di derivazione romantica, ma tuttora ben vivo, le arti si occuperebbero di una dimensione umana molto importante, ma del tutto separata dal campo conoscitivo. Il fruitore di linguaggi artistici farebbe riferimento a un puro giudizio di gusto, che rimanda a un sentimento di piacere puramente soggettivo.

Parallelamente, sul versante dei produttori ( compositori, interpreti, ecc.), ci si richiama al principio soggettivo dell'ispirazione interiore che giustificherebbe l'unità sostanziale delle arti. Questa visione romantico - idealista ha profondamente condizionato il mondo musicale. Anche se messa in discussione sul versante della ricerca estetica e nella stessa pratica artistica, è una concezione che continua ad essere presente per il valore simbolico ad essa attribuito ( l'idea del genio, dell'artista separato dall'uomo - massa, ecc.). Il versante pedagogico dell'estetica della "bella apparenza " è il disinteresse per la didattica e per i problemi pratici ad essa connessi. Il disinteresse di molta parte del mondo musicale per la didattica , vissuta come una diminutio rispetto al compito creativo dell'artista , costituisce certamente una delle cause indirette del vuoto di formazione musicale di base nel nostro paese. La seconda sfida è contro quell'oggettivismo che , nelle nuove versioni struttural - cognitiviste, ha nel frattempo occupato con le sue modellistiche il campo della didattica lasciato libero da un'estetica della "bella apparenza". La piena collocazione della musica nella scuola di base ha dovuto fare i conti con il curricolo centrato sulle discipline e sulle loro strutture. La cornice strutturalista del primo Bruner è tutta orientata allo sviluppo delle idee forza delle discipline, prediligendo quasi naturalmente quelle di natura "intellettuale". Di qui il rischio evidente di una presenza tutto sommato marginale delle "discipline" artistiche (musica, arte, ecc.) a cui , non a caso, vengono richieste credenziali "scientifiche". Ma a che tipo di discipline appartiene la musica? In che modo essa è leggibile attraverso una chiave di lettura strutturale? E con quali limiti? E' chiaro che qui non abbiamo a che fare (ma non è così forse per ogni disciplina?) con oggetti stabili . In caso contrario non si potrebbe spiegare come ogni "oggetto" musicale si possa offrire in modo diverso ai soggetti se non ritornando al puro giudizio estetico di gusto di romantica memoria. Io credo piuttosto che ci troviamo entro i confini di un'area di sapere che non ha a che fare con oggetti reali , ma con " i modi in cui si dà la loro evidenza" . La musica può acquisire una dimensione autenticamente formativa anche in una prospettiva interdisciplinare recuperando una teoria della conoscenza a sfondo estetico. Naturalmente intendiamo in questo caso l'estetica "una sorta di filosofia prima che si interroga non sull'esistenza del mondo bensì sui modi con cui si dà tale evidenza" (2). Gli atti estetico - conoscitivi "disegnano la loro configurazione non in base a principi immutabili né in virtù delle contingenze, pur nobili, della storia e della cultura bensì in relazione alla particolare realtà essenziale degli oggetti nei confronti dei quali si esercita lo sguardo esperienziale della descrizione" (3) L'estetica , secondo una visione fenomenologica, è un modo di conoscenza che ha il suo punto di riferimento primario nell'esperienza sensibile (4). Si tratta di una conoscenza particolare perché , a differenza della conoscenza scientifica (quella che i greci chiamavano teoretica) ha finalità pratiche, operative. Le pratiche in cui si applica tale conoscenza venivano chiamate dai greci le tecniche .Ricorda Jaeger :

La techne greca ha sì in comune con la nostra parola arte la tendenza a significare l'applicazione e la pratica, ma, d'altra parte, in pieno contrasto col senso di individuale, libero da regole che per noi è insito nella parola arte, essa accentua proprio il momento del fondato sapere e della capacità ... La parola techne ha in greco un'estensione molto più vasta che la nostra parola "arte". Per essa si pensa a una qualunque attività professionale fondata su un sapere specializzato , cioè non solo a pittura , scultura, architettura e musica, ma anche e anche di più, arte sanitaria, arte della guerra, e perfino all'arte, per esempio, del nocchiero" (5)

A ben vedere anche l'attività formativa ed educativa può essere considerata una techne. Essa si fonda sull'esperienza sensibile dei soggetti, su di essa elabora teorizzazioni e riflessioni per poi ritornare all'operativo. Il processo di formazione è una techne: parte dall'esperienza senso - percettiva e progetta attività, produzioni, forme, passando attraverso un percorso di riflessione e di ragionamento. E' scienza perché non è esperienza priva di razionalità , ma dialettica circolare tra esperienza e riflessione per ritornare all'esperienza. Di questa dialettica circolare si può far esperienza e assumerne consapevolezza. Come ? Dirigendo il proprio sguardo non solo sulle cose che si fanno, ma anche sul nostro modo di conoscere e di imparare. E' un sapere di metodo che la fenomenologia chiama, con parola difficile, riflessione trascendentale, e che , con linguaggio più comune, non significa altro che sguardo su noi stessi e sul nostro modo di conoscere e di metterci in relazione. In questo senso conoscenza nel senso più autentico non è un contenuto, un oggetto e neppure un saper fare puramente addestrativo. Conoscenza appare come un sapere di metodo e critico elaborato attraverso l'esperienza. Questo percorso di costruzione del sapere, che potremmo definire estetico, trova nel musicale il suo campo elettivo. La musica si radica in modo particolare nel mondo della nostra esperienza percettiva ed emotiva. E' un'arte corporea , sensoriale. E il sentire proprio qui può costituire il punto di partenza e la costante di una costruzione della forma e della regola. La musica, arte sensoriale e matematica ad un tempo, offre la doppia possibilità di recuperare l'esperienza per condurla verso la forma, una forma che si fa, una forma formante, per utilizzare l'espressione di Luigi Pareyson (6). E' quindi evidente l'utilità cognitiva e formativa della musica come di tutte le pratiche (danza, ecc.) che partendo dal corporeo pongono le condizioni di un sapere di senso non puramente formale. Se tutto ciò è vero, anche i due campi con cui il coordinatore è chiamato a confrontarsi, quello della programmazione e quello dell'interdisciplinarità, vanno ridefiniti collocandoli all'interno di un approccio estetico.

2.Programmazione o progetto?

Se il percorso di formazione , riproducendo il "fare" artistico, si configura come orientamento verso una forma non predefinita nel momento iniziale ma che si costruisce strada facendo, non sembrano certo applicabili al campo educativo modelli programmatori ad alta razionalità centrati sulla prevedibilità del risultato. Ci troviamo infatti, nel caso del percorso formativo, in un altro campo della razionalità. E' una razionalità che, come la techne, si declina piuttosto come progetto. Il progetto è uno scenario, un piano generale , un puzzle che man mano va completando i suoi tasselli. Se del piano iniziale è responsabile il formatore (insegnante , coordinatore di laboratorio, ecc.) il disegno completo può delinearsi solo con la collaborazione degli altri attori. Esso, cioè, viene negoziato con gli insegnanti e con eventuali attori esterni alla scuola. Qui facciamo riferimento alla progettazione didattica , sulla quale il coordinatore può agire attraverso un'azione di supporto nei confronti degli altri insegnanti. Un progetto didattico deve essere riferito a un contesto. Esso deve cioè tener conto dei vincoli per prefigurare le possibilità. Si prevedono fin dall'inizio obiettivi formativi, che non possono identificarsi con puri e semplici obiettivi comportamentali. E' necessario, infatti, chiudere i conti con la vecchia partizione obiettivi formativi - obiettivi didattici ( che rimanda all'annosa separazione educazione - istruzione ) su cui sono articolate molte programmazioni, con la didattica vittima di un disciplinarismo tanto forte quanto esasperato. Se educazione \ formazione è costruire reti di significato sulle cose e sul mondo i saperi, come la musica, sono strumenti ermeneutici, strumenti da ricostruire e manipolare attraverso un percorso di riflessione e di produzione personale e di gruppo. Si tratta, dunque, di porre attenzione al saper come senza peraltro dimenticare il che cosa ( il fatto di operare con un linguaggio specifico come quello musicale non è affatto indifferente ai fini del tipo di conoscenza che si va a costruire). Il saper come comprende anche quelle capacità metariflessive di cui si è parlato prima che vanno ad arricchire la personalità del soggetto in rapporto alla musica ( educazione del gusto, capacità , attraverso la musica, di elaborare sensi condivisi, rapporto con la cultura e la memoria, ecc.). Il saper cosa fa riferimento a quelle abilità pratiche e cognitive che l'attività musicale è in grado di promuovere. Il progetto, lo abbiamo detto, non può essere confuso con un programma deterministico. Esso, pertanto, va continuamente negoziato con gli attori che lo dovranno portare avanti: nel caso del coordinatore, gli insegnanti con cui opera, nel caso dell'insegnante, gli alunni. E' questo incontro tra soggetti che permette di configurare il momento progettuale non come un atto esterno ma come una parte integrante del percorso formativo.

3. Multisensorialità e interdisciplinarità nel laboratorio musicale

E' qui che si inserisce il discorso dell'interdisciplinarità. Nella prospettiva epistemologica che abbiamo brevemente delineato le discipline, la musica soprattutto, non si configurano come strutture chiuse ma come sistemi simbolici , linguaggi attraverso cui si interpreta e si dà senso all'esperienza. Utilizzo qui il termine esperienza secondo un'accezione fenomenologica (ma anche pragmatistica). Esperienza non è un fatto, ma qualcosa che ci accade, il frutto di un incontro sensoriale ed emotivo, in una parola, estetico. Fare esperienza non è tanto sperimentare secondo regole logiche prestabilite , come vorrebbe una la lettura empiristica, quanto mettersi in movimento, incontrare qualcosa che ci cambia. Se ci fermiamo un momento a riflettere , ci rendiamo conto che le musiche che si sono tramandate tra le generazioni come tra una cultura e l'altra sono proprio quelle che sono riuscite a suscitare un'esperienza, anche se con l'introduzione di nuovi elementi di lettura dettati dai diversi contesti culturali e linguistici . L'incontro con un testo musicale, ben lungi dall'essere un fatto solo cognitivo, impegna la meraviglia, il vissuto, l'attenzione seduttiva. In esso si intrecciano corporeità e conoscenza, sensibile e cognitivo in un insieme inestricabile e proprio per questo formativo. E' proprio questo insieme complesso che giustifica la riduzione delle barriere tra discipline imposte da un modello rigidamente programmatorio . Se l'esperienza musicale non costituisce la semplice introiezione di un oggetto in un soggetto, ma è frutto di un incontro interpretativo, è attorno a questa esperienza che si possono strutturare i momenti di apprendimento. Se il punto di partenza irrinunciabile è la multisensorialità dell'esperienza, viene meno la rigidità disciplinare a favore di reciproche contaminazioni. Ciò non significa, naturalmente, che debba essere messo in secondo piano l'apprendimento vero e proprio del linguaggio musicale e delle sue forme costruttive. Si tratta ,più semplicemente, di sperimentare le forme costruttive in modo intersensoriale anche al fine di rafforzare l'apprendimento musicale specifico. Solo così le forme e strutture costruttive possono essere interiorizzate. Ciò, oltre a rafforzare la sensibilità percettiva globale (valenza cognitiva), stimola l'espressività e la capacità produttivo - creativa. E' questa la premessa di ogni autentico apprendimento non orientato semplicemente all'introiezione di strutture ed esperienze del passato, ma, a partire da queste, diretto al cambiamento. Gli intrecci sono molteplici, soprattutto con la lingua (anzi, le lingue), le attività motorie , grafico - pittoriche e di immagine in genere, ma anche matematiche (7). Il ruolo del coordinatore, in questo caso, potrebbe essere quello di promuovere e seguire iniziative di progettazione di attività multidisciplinari. L'occasione per l'attività comune tra insegnanti di diverse aree disciplinari potrebbe essere l'adesione a un progetto comune: festa, iniziative in collaborazione con Enti locali o territoriali, spettacoli e performances di vario tipo, attività di ricerca storica o ambientale con particolare attenzione alle culture musicali. E' l'adesione a un comune progetto, piuttosto che l'omogeneità disciplinare, a dare un senso pedagogico a molte attività musicali. E' in queste esperienze , infatti, che il "mettere in forma", la poiesis, che caratterizza l'esperienza artistica nel suo significato più originario, ha la possibilità di esprimersi sul terreno pedagogico investendo l'esperienza educativa in quanto tale al di là del disciplinare. Senza voler ridurre le attività musicali a queste esperienze interdisciplinari, è pur vero, infatti, che la natura poietica delle arti non può che favorire aperture, direzioni di ricerca nuove al di là di rigidi quanto incomprensibili confini disciplinari.

4. Verso un curricolo aperto

Ciò incide non solo nella didattica musicale, ma, più in generale, nell'organizzazione dei curricoli scolastici. L'adesione a un progetto comune contribuisce, infatti, a indebolire quelle barriere disciplinari che da sempre costituiscono l'ossatura dei curricoli rigidi (curricoli a collezione) . Solo l'adesione a progetti comuni può garantire che un setting didattico come quello laboratoriale, tipicamente "estetico", possa incidere sulla struttura rigida e centrata sui saperi oggetto dei curricoli scolastici. In caso contrario avremo condotto nuove esperienze, avremo ampliato lo spazio del musicale nella scuola e fuori, ma non avremo introdotto cambiamenti in un dispositivo pedagogico (prendo a prestito l'efficace espressione di Riccardo Massa (8) ) oggi ampiamente superato. La riforma dell'autonomia, infatti, non costituisce che l'ultimo passo con cui si registra un mutamento di funzione del sistema scolastico nell'orizzonte della complessità . La specificità della scuola, le sue ragioni formative possono essere salvate solo adeguandole a queste nuove esigenze. Il tradizionale curricolo rigido per materie costituisce, in questo senso, un residuo di un sistema che non risponde più ai bisogni vitali del mondo esterno. Di qui l'esigenza di contribuire a fare della scuola non il semplice luogo di trasmissione di saperi oggettivi (resi facilmente obsoleti dai veloci cambiamenti della società globale) ma saperi di secondo e di terzo livello che altro non sono che strumenti interpretativi e di lettura di un mondo troppo complesso e perciò disorientante. La musica è certamente, come linguaggio, uno di questi strumenti di cambiamento. Essa si caratterizza da sempre come disciplina di massima specializzazione. Allo stesso tempo, come ci ricorda Enrico Fubini,

si deve riconoscere che, forse grazie al suo appello a profonde radici istintive, a conoscenze più immediate e meno mediate dalla cultura e alla sua facile memorizzazione, la musica si comunica, si spande, si tramanda, si trasmette da un popolo all'altro, travalicando spesso barriere, confini politici, geografici e linguistici con un'agilità e una dinamicità sconosciuta alle altre arti (9)

La capacità di andar oltre i confini preme anche sul terreno educativo. Essa non si configura come semplice Know how, il saper come che piace tanto ai cultori dei saperi aziendali, dove l'esaltazione della contaminazione vale solo a fini di razionalizzazione dei profitti. E' piuttosto un sapere di relazione, un'educazione del gusto e all'incontro con l'alterità che soli possono costituire le premesse di una società multiculturale fondata sul rispetto delle differenze e non sulla semplice tolleranza delle diversità.

Riferimenti bibliografici

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(1) L'espressione curricolo o codice a collezione è di Bernstein: "Qualsiasi organizzazione della conoscenza educativa che comporta una classificazione rigida dà origine a quello che si chiama codice a 'collezione ' " . Cfr.B.BERNSTEIN , On the Classification and Framing of Educational Knowledge, in C.PONTECORVO, L.FUSE', Il curricolo: prospettive teoriche e problemi operativi, Torino, Loescher,1981,p. 374.

(2) E.FRANZINI, Estetica e filosofia dell'arte, Milano, Guerini, 1999, p. 180.

(3) Ibidem

(4) Per un'indagine più approfondita sull'estetica fenomenologica e sui suoi risvolti educativi e formativi mi permetto di rinviare al mio Estetica in , V.IORI, Filosofia dell'educazione. Milano, Guerini Studio, 2000 ( Parte terza, cap.VI).

(5) W.JAEGER, Paideia.La formazione dell'uomo greco, vol.I, Firenze, la Nuova Italia, 1959, pp. 217 - 218.

(6) Cfr. L.PAREYSON , Estetica. Teoria della formatività, Milano, Bompiani, 1996. Per un'esposizione più approfondita del punto di vista pedagogico qui brevemente presentato mi permetto di rinviare a E.BOTTERO,A.PADOVANI, Pedagogia della musica. Orientamenti e proposte didattiche per la formazione di base, Milano, Guerini e Associati, 2000.

(7) Non potendo sviluppare adeguatamente il problema anche qui rimando a E.BOTTERO,A.PADOVANI, Pedagogia della musica, op. cit., Parte II,capp.3 e 4; parte IV, cap. 4. Il lettore troverà anche esempi di attività multidisciplinari per la scuola di base in cui, in ogni caso, quello musicale costituisce il principale linguaggio di riferimento. La bibliografia in merito è molto ampia ( nei riferimenti bibliografici rimandiamo a qualche altro testo specifico).

(8) La nozione di dispositivo , che richiama Foucault, viene così ripresa da Riccardo Massa: "...il soggetto si costruisce e viene costruito attraverso pratiche educative specifiche. Si tratta di procedure che inscrivono la loro intenzionalità e i loro progetti in reticoli e in sistemi strategici complessi. Sono questi i 'dispositivi pedagogici' sempre in atto nelle relazioni soggettive, le quali sono sempre e comunque, essenzialmente, relazioni erotiche e di potere" R.MASSA, Sugli usi della fenomenologia nella pedagogizzazione attuale delle forme di cultura, in "Encyclopaideia", n.2, luglio - dicembre 1997, p. 26. Per un approfondimento sul tema con particolare riferimento alla scuola cfr. R.MASSA,L.CERIOLI (a cura di), Sottobanco. Le dimensioni nascoste della vita scolastica, Milano, Angeli, 1999 (Collana dell'I.R.R.S.A.E.. Lombardia) .

(9) E.FUBINI, Estetica della musica, Bologna, Il Mulino, 1995, p. 37.