Direzione didattica di Pavone Canavese

Dossier Portfolio

(10.01.05)

Di cosa abbiamo paura quando parliamo di portfolio?
di Rodolfo Marchisio

 

Sto constatando che in TUTTE le sedi la discussione sul portfolio (come sulla riforma) suscita forti reazioni emotive, per molti motivi: politici, di reazione alla novità, di poca voglia di lavorare di più, di timore di pericoli reali, ma anche di iperprotezione nei confronti dei ns ragazzi che prima o poi dovranno andarsene per il mondo senza di noi.
Sulle reazioni politiche c’è poco da dire: è vero che il portfolio è la terzultima tappa della resistenza alla Riforma, pessima e pericolosissima cui ci troviamo di fronte. Poi c’è il tutor e infine la libertà di insegnamento. Va detto però che la valutazione nelle nostre scuole fa schifo, che il p. non è solo quello della Moratti, che l’opposizione alla riforma deve essere per una diversa scuola possibile (quella che vogliamo) e non confondersi con l’inerzia e la voglia di non pensare. Ma di questo abbiamo già scritto.
Sulle resistenze al cambiamento vale quanto osservato da Maragliano nel suo volume "La scuola dei 3 no": la scuola ha affossato 3 brutte riforme in pochi anni (e mandato a casa 2 ministri; Moratti non ci pensa nemmeno).
Quello che non è chiaro è cosa voglia e cosa abbia voglia di fare per non invecchiare male e dare argomenti a chi la vuole affossare.
Sul diritto sindacale ad essere pagati di più anche non c’è nulla da dire: basta che non nasconda quella maggioranza silenziosa che non ha voglia di pensare o di fare qualcosa di diverso. Non ce lo possiamo permettere, perché la opposizione alla riforma deve essere attiva e non passiva o velleitaria.

Il dato interessante sono le reazioni emotive legate a 3 fattori:

  1. Il timore di mettersi i gioco coi ragazzi e coi genitori, cedendo, come alcuni di noi hanno sempre fatto, una parte del "potere" di valutare ed essendo in crisi nel dover fare quanto molti di noi hanno sempre fatto: confrontarsi con gli altri
  2. La tendenza opposta a delegare tutta la valutazione ai ragazzi attraverso la autovalutazione (vedi varie proposte di portfolio)
  3. Il difendere una posizione di iperprotezione nei confronti dei ns ragazzi di cui sarebbe pericoloso far uscire, tramite p. informazioni e "prodotti cognitivi" che possano essere usati contro di loro.
    Non tenendo conto che tanto, se nelle prove di ingresso della scuola successiva gli fanno fare 1 tema e 4 operazioni, 4 chiacchiere, scoprono già una buona parte di quello che gli vogliamo nascondere a tutti i costi.

Banalizzo volutamente, ma trovo questo giocare a nascondino anziché cercare di costruire, insieme, strumenti di comunicazione e valutazione fra scuole, come si sta cercando di fare in diverse realtà, pericoloso: ancor più nel contesto della riforma.

Oltre ad essere una presentazione poco educativa e rassicurante del "dopo" trasmessa ai ragazzi è anche una spia del fatto che:

a) si ritiene che "senza di me" o fuori di qui" ci siano solo pericoli
b) tra ordini di scuola ci stiamo prendendo per i fondelli per scarsa fiducia (scarsa conoscenza) come prassi.

Lo trovo ridicolo, controproducente e poco educativo (prima ancora che poco funzionale).
Dei limiti e rischi dello strumento abbiamo già discusso e nessuno nega il contesto di una riforma pessima e pericolosissima.

Allora una cosa è separare le funzioni interne del PF da quelle esterne, "sterilizzandolo" dai materiali che sono stati utili per un pezzo (interno) del processo; un'altra è pensare di essere gli unici insegnanti al mondo e temere di comunicare con altri (ragazzi, docenti, genitori).
In questo contesto, un insieme di strumenti modificabili (togli e metti) articolati per funzione (valutazione formativa, autovalutazione, dossier, comunicazione e certificazione) è meglio che un mega portfolio ingestibile.
Stiamo proteggendo solo i ragazzi o anche un po' noi stessi e l'immagine che abbiamo del ns lavoro?
I nostri ragazzi si aiutano, credo, con colloqui cauti, ma franchi, trasmettendo messaggi a chi viene dopo, costruendo insieme strumenti paragonabili di valutazione e di comunicazione su parametri condivisi:
io ho sempre imparato un sacco di cose dai colleghi/e della elementari con cui collaboriamo da 15 anni (iniziando col sederci insieme a fare gli stessi corsi di aggiornamento per scoprire che siamo tutti insegnanti, con problemi simili).
Ma anche educandoli a cavarsela anche senza di noi, dopo.

La circolare 85

Ancor più dopo la circ 85 sulla abolizione delle schede e sulla valutazione (non a caso scritta da Criscuoli e non da Bertagna o da un  politico) io sono convinto che occorra costruire strumenti diversi per funzioni diverse e un p flessibile, semistrutturato, "togli e metti". Il resto è un problema più politico o emotivo che metodologico che va affrontato con strumenti differenti.

La circolare (che non condivido) se non altro:
a) prende atto che la scheda di valutazione è stata abolita (da anni e dai passati governi)
b) cerca con una certa lucidità di fare il punto della situazione c) propone delle schede di cui non vale la pena di discutere molto (basta fare quello che abbiamo sempre fatto e ragionare su tempi più lunghi per eventuali modifiche motivate). Come tutta la riforma penso vada interpretata a modo nostro (sono solo "suggerimenti" quelli della circolari, per ora) e con tempi almeno medi.
La riforma si che va "sterilizzata".

Tener conto delle reazioni emotive

Il tema della forti reazioni emotive cui sono molto sensibile da sempre e che considero l'elemento "in ultima analisi determinante" nelle comunità degli uomini (e quindi nella scuola) credo si affronti evitando di forzare i tempi e passando attraverso momenti di formazione o riflessione, alternando esperti esterni e riflessioni interne, su tempi almeno medi e pensando non al p. della Moratti, ma ad un "altro p possibile".  Occorre oltre che chiarirsi le idee, anche capire quale tipo di metodo o strumento possa essere condiviso e intuire "quando". Il problema non è tanto costruire il p. migliore, ma:

a) che ogni scuola costruisca il suo PF (finché è in tempo); la circ. dice fra le righe che quest’anno si sperimenta, ma il prossimo si applica. Allora le scuole che avranno un loro metodo di valutazione e loro strumenti, come una loro interpretazione della struttura oraria, avranno qualcosa da opporre. Le altre applicheranno, aspettando (vanamente?) le elezioni.

b) Che ogni scuola costruisca il metodo e lo strumento/gli strumenti migliori nel suo contesto e che maggiormente possano essere condivisi.

Resta il fatto, mi pare condiviso da molti di noi, che la valutazione così come funziona oggi fa acqua e non aiuta nessuno.

Quindi lavorando  sulle paure e usando le cautele necessarie verso le riforma ed il p. qualcosa dobbiamo fare. La prossima volta parleremo della struttura di un possibile portfolio.

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