Direzione didattica di Pavone Canavese

Dossier Portfolio

(29.10.04)

Quale  portfolio ?
Alcune tesi e qualche riflessione
di Rodolfo Marchisio

 

Alcune tesi

  1. Portoflio o portfoli? E’ sbagliato parlare di p. come se il modello fosse unico (quello della Moratti o quello Linguistico Europeo).
    1. Le esperienze ed i modelli sono diversi e corrispondono ad intenti valutativi diversi (M. B. Varisco). Occorre conoscere per riflettere, prima ancora che scegliere.
    2. Esistono ad es. proposte di p. "formativo" (Pellerey, Mariani ed altri), proposte più ispirate ad una valutazione sommativa o a semplici dossier di lavori (compreso quello proposto dalla Riforma).
  2. Cosa non deve succedere.
  3. a) Spesso non è vero che i docenti scelgono i libri di testo in quanto strumentali e compatibili con la loro programmazione, ma sono le programmazioni che vengono costruite in base al libro di testo. Lo ha capito la Moratti che non solo ha dettato le "linee essenziali" comuni, ma ha chiesto alle case editrici di adeguare ad esse i libri, controllando così di fatto i programmi di tutti i docenti d’Italia.

    b) Spesso anche le modalità di valutazione si appiattiscono in modo acritico sui modelli proposti dai registri e dagli altri strumenti (le schede ad es…).

    Per il p. rischia di succedere la stessa cosa. Alcune case editrici hanno già in commercio dei registri/portfolio e tutte hanno aggiunto alcune schede ai loro testi, presentandole come parte del p.
    Se il p. deve nascere da un contesto e da scelte pedagogiche, non si può adottare un modello esterno in modo acritico.
    Come la programmazione non deve nascere dai libri di testo (e quindi dalle case editrici o dal MIUR) così non basta acquistare un registro/portfolio o compilare alcune schede per pensare di aver risolto il problema della valutazione .

  4. Se si condividerà la scelta del p. dovrà essere scelto un modello di riferimento fra quelli esistenti, da adattare (in base alla conoscenza ed alla condivisione del modello pedagogico e funzionale da cui nasce) al nostro contesto

Allora un p.:

    1. dovrà essere formativo, dinamico, contestualizzato, perché la valutazione di competenze avviene sempre in un contesto e tende sempre a comprendere/modificare un processo.
    2. ma anche derivare da una visione costruttivista e attiva della scuola, basata su laboratori, esperienze condivise e consapevoli dei/coi ragazzi,
    3. inserito in una versione aggiornata delle teorie del curricolo, per cui la valutazione e la verifica seguono la programmazione collegiale, condivisa, discussa (dai docenti, non dalle case editrici) e servono a ripensare gli interventi ed i programmi
    4. In altre parole: un p. non va scelto, ma costruito dai docenti, dopo aver fatto chiarezza sul tipo di scuola che vogliamo, in base al contesto e ai modelli.

Modulando l’uso di diversi strumenti e metodi, usati, in modo consapevole e finalizzato per comporre un quadro valutativo-formativo più completo ed equilibrato.

Da dove viene il portfolio

Il p. viene dal mondo del lavoro (dell’impresa) e servirebbe a presentare, come un curricolo vivente, le esperienze e le competenze di chi cerca lavoro.

Il portfolio della Riforma

Il testo delle Indicazioni nazionali per i piani di studio personalizzati nella scuola primaria, spiega, a proposito del "portfolio delle competenze individuali" che si tratta di "una collezione strutturata, selezionata e commentata/valutata di materiali particolarmente paradigmatici prodotti dallo studente, che consentono di conoscere l’ampiezza e la profondità delle sue competenze e, allo stesso tempo, la maggiore o minore pertinenza degli interventi didattici adottati" (cit da Albertini, A proposito di portfolio.)

Si dovrebbe così raggiungere "la valorizzazione del giudizio professionale del docente, il coinvolgimento attivo degli studenti e l’integrazione delle abilità cognitive con quelle affettive", attraverso una raccolta ordinata di documenti di vario tipo, compresi materiali di autovalutazione e osservazioni delle famiglie.

Si potrebbero così valutare:

  1. le prestazioni finali
  2. i processi
  3. le strategie
  4. i progressi compiuti nel contesto

E fornire elementi di orientamento.

Le Indicazioni nazionali sottolineano che il p. deve avere una parte dedicata alla valutazione ( art 8. DPR 275/99) ed una dedicata all’orientamento (cfr p. 8,9 ed anche l’allegato D)

Nella parte di documentazione verrebbero raccolte:

Nella parte di dossier verrebbero inseriti materiali prodotti dall’allievo nei vari contesti.

Il tutto anche a scopo di orientamento e continuità fra scuole, poiché il p. segue l’alunno nel suo percorso scolastico.

Come detto, NON è l’unico modello ed è un modello riduttivo, confuso, incentrato sulla funzione di dossier, di orientamento e di comunicazione fra scuole, più che sugli aspetti formativi e di coinvolgimento degli allievi nella autovalutazione. I genitori hanno un ruolo malamente definito e dettato più dalla demagogia che dal desiderio di farli partecipare. Aldilà del rifiuto dello strumento, per il lavoro che comporta e per il fatto che, come proposto, nega di fatto la collegialità dell’insegnamento e della valutazione, occorre comunque conoscerlo, come tutta la Riforma, per capirne i limiti profondi.

Come vale la pena di conoscere gli altri modelli più "evoluti" per valutare se, rifiutato il modello ministeriale, altri non contengano idee e percorsi che possano, ricostruiti da noi, aiutarci ad uscire dalla impasse e da alcuni difetti che il modo attuale di valutare ormai stancamente trascina con sé.

 
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