Direzione didattica di Pavone Canavese

Multimedialità e dintorni

(15.12.98)

"Censis", "Censimenti", "Censure"
di Marco Guastavigna


Nemmeno a me piace il drastico e ingeneroso giudizio del Censis sull'inserimento delle tecnologie di comunicazione nella Scuola italiana. Non solo perché condivido l'osservazione in proposito di Roberto Maragliano pubblicata sul sito, ma soprattutto perché non mi ha mai convinto l'impostazione che il Nucleo Operativo del Ministero della Pubblica Istruzione ha dato nei fatti - al di là cioè degli intendimenti politico-culturali enunciati nei primi documenti - al Programma di Sviluppo delle Tecnologie didattiche, e quindi l'idea di iniziative "locali" e "diverse"  mi solleva e mi fa sperare che possano essere in atto sviluppi del progetto diversi da quello preconizzato centralmente.

Il "Rapporto sul monitoraggio dell'anno scolastico 1997/98" - una forma di censimento, di categorizzazione e di valutazione delle risorse acquisite dalla Scuola italiana nel primo periodo di attuazione del PSTD -  rivela infatti sia nella puntata di aprile sia in quella di settembre 1998 l'ingenua convinzione che la presenza e la diffusione della tecnologia siano in sé in grado di determinare univoci modelli organizzativi e formativi (nota 1) .

Mi riferisco all'ampio spazio dedicato ai dati meramente quantitativi e alla grande rilevanza attribuita ai dispositivi e alle attrezzature, a cui si affiancano pochi e discutibili elementi qualitativi, a proposito dei percorsi di formazione e dell'impiego didattico degli strumenti.

Commenterò ora qualche stralcio del rapporto.

a) Il "laboratorio tipo medio presente negli istituti a seguito del Programma" è descritto in termini di pura componentistica (quanti PC, quante stampanti, quanti pacchetti di software, e così via), senza alcuna attenzione a quale contesto formativo  e relazionale (in) esso (si) costituisca.

b) Viene ripetutamente utilizzato senza definirlo né articolarlo il concetto di "didattica multimediale", che viene ridotta così a "didattica attuata con dispositivi multimediali", senza alcuna declinazione di quali cambiamenti / vantaggi/ problemi essa possa indurre nel rapporto formativo.

c) Le "attività nelle quali gli studenti sono stati impegnati" sono le seguenti:

- Uso word processor
- Redazione e stampa di giornale scolastico
- Costruzioni di ipertesti e ipermedia
- Sostegno e recupero con software specifico
- Uso di software didattico
- Costruzione database e raccolta di dati strutturati
- Ricerca ed elaborazione dati da database
- Simulazioni di laboratorio
- Collegamenti con altre classi o con altri docenti
- Ricerca materiali in Internet o in altre stazioni remote
- Uso della posta elettronica
- Uso di Cd Multimediali
- Gestione della biblio/mediateca
- Manipolazione e gestione suoni
- Manipolazione e gestione immagini.

Si tratta di una griglia di classificazione che mescola riferimenti a strumenti, privi di qualsivoglia definizione del contesto e dei criteri d'uso, a momenti di produzione e a altre attività descritte in modo molto generico. E' insomma un elenco di informazioni poco sistematiche,  senza alcun vero significato pedagogico e formativo.

d) Nel paragrafo successivo alla Tabella da cui ho espunto l'elenco precedente,   gli estensori del Rapporto appaiono in qualche modo dapprima dispiaciuti del fatto che "i dati percentuali di alcune attività più tipicamente informatiche, come la costruzione di database e raccolta di dati strutturati, la ricerca ed elaborazione dati da database e le simulazioni di laboratorio, risultano complessivamente bassi perché calcolati su tutti gli ordini di scuola del territorio nazionale" e successivamente rinfrancati dal poter affermare che: "Se disaggreghiamo i valori sui diversi ordini di istruzione, questi risultano più alti negli Istituti Tecnici e Professionali, dove queste attività sono attinenti ai percorsi curricolari e ai profili professionali". Si tratta non solo di un'osservazione abbastanza ovvia e quindi gratuita, ma anche e soprattutto della testimonianza di un "pregiudizio informatico", fortemente riduzittivo delle potenzialità e della trasversalità dell'ingresso delle tecnologie di comunicazione nei processi formativi e nelle relazioni educative.

e) Il modello formativo proposto agli insegnanti (Prima alfabetizzazione, Aspetti tecnici della multimedialità, Applicazioni multimediali, Uso didattico della multimedialità) è del tutto conseguente all'impostazione "tecnocentrica" di insieme e pertanto riduce l'alfabetizzazione tecnologica a tirocinio di gestione e di manovra,  fondato su competenze tecniche "pure", su presunte abilità in sé fondanti e fondate sulla struttura della macchina.
Per un diverso concetto di alfabetizzazione rimando al mio scritto "Familiarizzazione? Indubbiamente. Ma quale?", pubblicato a settembre 1998 sul sito di Pavonerisorse e a "Modelli di competenze nelle tecnologie di comunicazione" (Insegnare, 10/97).


Note
1 Su questo modello "epidemiologico" della diffusione delle tecnologie cfr. Flichy P.,"L'innovazione tecnologica", Feltrinelli, Milano, 1996 a cui l'autore contrappone un modello fondato sulla negoziazione e sulla costruzione di senso da parte degli utenti.