Direzione didattica di Pavone Canavese

L'educazione interculturale nell'anno del POF.....

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(17.10.2001)

"Al nobile popolo afgano"
Mass-media e radio-guerra:
tra pietà e freddezza

 
Golem è una stupenda trasmissione di radio Rai 1 curata da Gianluca Nicoletti. Golem va in onda da martedì a venerdì verso le 8.35 ed ha un nutrito gruppo di ascoltatori definiti anche Golemaniaci. Caratteristica di chi ascolta Golem è, infatti, il pressante tentativo di seguire giorno per giorno la trasmissione. Cose che succedono con le trasmissioni intelligenti e che porta molti ad utilizzare il sito per ascoltare le puntate perse nelle frenetiche mattine di lavoro.

Ma perché parlare in questa rubrica di Golem? Per un motivo semplice e al tempo stesso complesso. In questi giorni infatti Gianluca Nicoletti sta dedicando una particolare attenzione alla guerra in Afghanistan ed all’interno del sito è stata creata una apposita sezione, denominata Etere afgano, che raccoglie tutti gli approfondimenti riferiti alla relazione tra media, in particolare radio, e guerra.

Il fatto interessante sta proprio nella attenta analisi di come mutino i media in tempo di guerra, in particolare in quel grado zero di violenza che elimina ogni forma di comunicazione. Strano tempo il nostro: la tecnologia di per sé facilita al massimo la comunicazione ma sotto i bombardamenti tutto salta. E la guerra afgana è anche una guerra di media: Bin Laden parla dalla Tv satellitare Al Jesira ed anzi si è persino dichiarato disponibile a rispondere alle domande della CNN (confermando così di essere vivo?; il presidente Bush chiede ai giornalisti di "censurare" l’informazione, lo stesso accade alla BBC che tuttavia non accetta la logica dell’autocensura.

Non che in Afghanistan le cose siano migliori: i talebani hanno vietato tre anni fa la televisione ed i bombardamenti hanno abbattuto anche i ponti radio.

Ma sugli afgani da liberare dal gioco talebano non piovono solo bombe: tra gli aiuti umanitari lanciati dagli aerei militari USA (una ben strana contraddizione mischiare in questo modo guerra ed umanitario…. Per non dire che gli aiuti spesso finiscono sui campi minati procurando così ulteriori vittime fra quanti cercano di raggiungerli) vi sono anche centinaia di radioline. Unico particolare: queste radioline sono sintonizzate e sintonizzabili su un unico canale: o senti quello o nulla.

E quale è questo canale? Da dove trasmette? Si tratta di un aereo dell’esercito statunitense che riceve il segnale da terra (proveniente probabilmente dalla Turchia) e fa da ponte per le radioline che nel frattempo si spera gli afgani abbiano recuperato.

Questa lunga introduzione per dire che il 16 ottobre il BBC Monitoring ha diffuso le trascrizioni dei programmi di propaganda trasmessi in Urdu e in Pashto dagli aerei americani C-130 "Command Solo". Sul sito di Golem vi sono le istruzioni per cercare di acchiappare queste trasmissioni in onde corte oltre alla riproduzione dei volantini che vengono gettati sull’Afghanistan.

Bombe e parole. Parole come bombe

Il testo delle trasmissioni di propaganda verso l'Afghanistan è il seguente (spero Golem non ne abbia a male se riporto integralmente quanto si può reperire sul sito Rai). Vi prego di leggerlo con attenzione.

"All'attenzione del nobile popolo dell'Afghanistan.
Le forze degli Stati Uniti stanno sorvolando la vostra area. Non siamo venuti per aggredirvi. Siamo qui per arrestare Osama Bin Laden, i membri di Al Queida e chiunque lo aiuti. Ti chiediamo di stare lontano da ponti e strade per la tua sicurezza e di non interferire con le operazioni militari e con le nostre truppe. Se segui queste istruzioni non ti succederà nulla. Non avvicinarti alle truppe americane, rimani a casa. Non siamo qui per colonizzare o saccheggiare il tuo paese.
Quando vedi le truppe americane o i nostri aerei trova protezione in un posto sicuro e non muoverti fino a quando l'area non è libera. Strade e ponti sono posti pericolosi da percorre o visitare. Il posto più sicuro dove stare è casa tua. Non ascoltare quello che Al-Queida o i Talebani dicono. Se segui queste istruzioni non ti succederà nulla.
Cari ascoltatori, questa stazione trasmetterà due programmi ogni giorni per il piacere del nobile popolo afgano. Il primo programma sarà al mattino e il secondo durante il pomeriggio".

Non oso dilungarmi in un commento. Mi piacerebbe che il commento lo facessero gli studenti delle nostre classi.

Noto solo, utilizzando la logica del decentramento cognitivo, che mettendomi dal punto di vista di un contadino afgano vi sono cose che non tornano:

  1. Non si capisce perché aerei e truppe (col che si ammette che prima o poi ci sarà un intervento militare diretto sul terreno) americane cerchino di arrestare Bin Laden. Era così difficile spiegarlo anche agli afgani?
  2. L’invito a restare a casa, soprattutto se sentito da una donna, ha del paradossale: è lo stesso messaggio dei talebani. Per non dire che non si capisce perché la casa (sempre che uno abbia una casa: la maggior parte degli afgani vive la condizione del profugo, ma forse gli americani non lo sanno) debba essere un luogo più sicuro di altri se poi il Pentagono ha ammesso di aver bombardato per errore la Croce Rossa
  3. Il messaggio dice che gli Usa non sono in Afghanistan per saccheggiare o colonizzare il paese. Forse è vero: il paese è già stato saccheggiato e colonizzato, negli ultimi 10 anni, proprio dai talebani saliti al potere grazie all’aiuto del Pakistan e degli stessi Stati Uniti.
  4. L’invito a non dare ascolto alle parole dei talebani è chiaro e reputo anche molto condiviso e comprensibile da parte di molti afgani. Ma perché gli afgani dovrebbero fidarsi degli Stati Uniti? Se solo ricordano chi ha messo al potere i talebani sarà ben difficile per loro essere così fiduciosi. Per non dire che chi chiede fiducia è lo stesso che bombarda.
  5. La radio trasmetterà due volte al giorno per il piacere del nobile popolo afgano. Piacere? Dio mio…piacere…. Mi urge Freud, non capisco, ripenso alla coazione a ripetere, a eros e thanatos, al volume "al di là del principio di piacere" scritto proprio dopo un lungo lavoro con i reduci della Prima Guerra Mondiale. E tralasciamo i commenti sul nobile popolo afgano.
  6. Da ultimo la chicca: "Se segui queste istruzioni non ti succederà nulla". Viene solo da dire: magari fosse così. Magari bastasse non visitare ponti (???), stare chiusi in casa (ad avercela) e non prestare ascolto ai talebani per avere davanti a sé un luminoso futuro. Magari.

Pietà e freddezza

Nella guerra postmoderna le parole sono armi. Armi potentissime. Di fronte ad esse dobbiamo utilizzare le virtù del lettore postmoderno individuate da Claudio Magris nell’introduzione al volume di Paolo Rumiz "Maschere per un massacro": occorre pietà e freddezza. Pietà per le vittime reali, freddezza nei confronti di quanti vorrebbero utilizzare di quelle vittime per muovere le nostre emozioni indirizzandole in modo da essere utili a scopi definiti da altri entro il conflitto.
L’emozione non deve offuscare la ragione.
Pietà e freddezza: virtù sempre più difficili ma sempre più necessarie ai cittadini globali.
Rimane una domanda finale: in questa guerra senza immagini e senza molte parole a che gioco stanno giocando gli altri media? E tra questi i media italiani? Il rischio – e qui sta il dubbio – è che i media italiani si comportino come nel caso del conflitto in ex Yugoslavia a cui è dedicato il testo di Rumiz. Ovvero malissimo.
Sarebbe triste dover riscrivere – e rileggere – per l’ennesima volta un saggio stupendo come Maschere per un massacro.
Quali sono oggi le maschere che utilizziamo per parlare di Afghanistan? Una domanda a cui rispondere mettendo in gioco tutte le competenze interculturali sviluppate in questi anni.

 P.s.  In questi giorni la pubblicità radiofonica di una agenzia ONU invita gli ascoltatori ad essere solidali e ad donare soldi per l’aiuto agli afgani con lo slogan "impugna il telefono" (…e la tua carta di credito…). Non sfugge a nessuno che il verbo impugnare è utilizzato, in italiano ed in tale contesto, soprattutto nel senso di "impugnare un’arma". Per il telefono la lingua gergale (la più adatta alla pubblicità) direbbe: alza il telefono, prendi su il telefono o, più semplicemente, telefona al…).
Come non vedere in questo slogan l’assonanza tra chi impugna il telefono mentre altri impugnano le armi? Come non vedere qui la possibilità offerta a chiunque di partecipare ad una guerra standosene comodamente in poltrona? Impugnando il telefono mentre altri impugnano mitra o bazoka o missili stinger?
E qui si rasenta l’osceno. Nel senso pieno del termine direbbe Baudrillard.

Aluisi Tosolini

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