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LA BUONA SCUOLA OGGI: Documenti e interventi su  "Piano Renzi" (settembre 2014)

(07.02.2016)

Tra preoccupazioni e speranze.
A proposito del prossimo concorso per docenti
di Antonio Valentino


Il rinvio a breve del bando di concorso per i docenti può essere letto come un buon segnale, anche se questi slittamenti qualche problema lo pongono.
Può voler dire infatti che le recenti osservazioni critiche e le proposte del Consiglio Superiore della Pubblica Istruzione (CSPI) sono considerate sensate e che il Ministero è disposto  a introdurre modifiche al testo su cui è stato formulato il parete del 28 gennaio.
Sorprende che, da parte del variegato mondo dell’Associazionismo, non ci siano stati, per questo importante passaggio, segnali marcati di attenzione e di rilancio sui rilievi critici espressi, tra l’altro  in modo sobrio, ma ben argomentato, dal massimo organo di rappresentanza del mondo della scuola.
Eppure le questioni sollevate sono rilevanti, se non addirittura fondamentali per un sistema che aspira a migliorarsi.

In gioco infatti  è, soprattutto per questo concorso, la questione di quali debbano essere i criteri ottimali per selezionare i docenti della buona scuola che si vuol costruire, e le sue modalità più appropriate; considerato che i potenziali partecipanti hanno tutti l’abilitazione all’insegnamento e molti hanno all’attivo non pochi anni di lavoro nelle scuole.

Dietro queste problematiche c’è infatti il tema scottante del profilo professionale da privilegiare per la scuola che vogliamo.
Perciò si spera che gli interventi migliorativi proposti siano tali da eliminare le storture e le insipienze del testo-bozza, individuate e segnalate dal CSPI.
Soprattutto su alcuni aspetti che non possono lasciare indifferenti.

 Tralascio qui di considerare, per economia di discorso, una serie di indicazioni sulle quali sono emersi perplessità e riserve; come ad esempio, la decisione di indire una procedura a parte per il sostegno, che potrebbe accentuare la separatezza delle due carriere.
Tra gli aspetti della bozza di bando su cui qui si intende richiamare l’attenzione andrebbero messi  in primo piano soprattutto i dubbi e le riserve sull’ampiezza e i contenuti  di alcune tematiche delle Avvertenze generali e di non pochi programmi disciplinari. Oltre all’oggetto delle prove e, in genere, alle modalità di svolgimento del concorso.

È  soprattutto nella sezione dei programmi d’esame che si colgono i punti di maggiore criticità.

Infatti  la logica prevalente che la informa (per fortuna non mancano positivi scostamenti) sembra essere piuttosto  quella di tante  programmazioni di materia di inizio anno dove gli aspetti disciplinari oscurano del tutto  la dimensione didattica, metodologica e relazionale del fare scuola.

Una esemplificazione: il programma  di Italiano. Nel quale, dopo gli opportuni richiami (alla “Strategia di Lisbona per la crescita e l’occupazione del 2000”, che ovviamente era necessaria e imperdibile, alle successive “Raccomandazioni” dell’UE, oltre che ai “sistemi valutativi anche internazionali”e all’”ampio  dibattito conseguente alla didattica per competenze”, ecc.):  e dopo la necessaria premessa sulla lingua italiana – della quale si richiama con giusto calore che “rappresenta un bene culturale nazionale, un elemento essenziale dell’identità di ogni studente …” ecc. ecc.; dopo tutto questo, efficacemente sottolineato,  troviamo l’elenco di movimenti e di Autori che per la verità non sembra discostarsi molto dagli indici  di un manuale di letteratura del triennio delle superiori. Ma non finisce qui. Perché subito dopo, si evidenzia che “il candidato dovrà conoscere e avvalersi dei principali autori della storia della critica letteraria [ovviamente da F. De a C. Segre], ed essere consapevole dei problemi interpretativi che i testi suscitano a seconda della domanda con cui vengono letti”. Per dire.
Mutantis mutandis, le stesse osservazioni si possono fare per Storia e Geografia e, per quanto in misura ridotta e diversificata, per la maggior parte degli altri programmi; fatta eccezione per quelli di Lingua 2 e ovviamente per quelli della scuola primaria. Per fortuna, decisamente più equilibrati, perché attenti ai temi della didattica, della relazione educativa, ecc.;  cioè ai temi che costituiscono il cuore del mestiere docente ….
Tra l’altro, questa logica che privilegia gli aspetti disciplinari è ben evidente anche nella impostazione della prova orale, dove a dispetto dell’indicazione della “lezione simulata” prevalgono insistentemente  “le scelte contenutistiche”, “ i contenuti della lezione”,  “la padronanza delle discipline”.

È da chiedersi allora se è accettabile  che un concorso che voleva avere l’ambizione di voltar pagina, rispetto al modo di selezionare il personale più adatto, riproponga invece un impianto strutturale del tutto identico a quelli delle stagioni precedenti,  in cui una logica di tipo accademico, inutilmente enciclopedica e nozionistica, la faceva da padrona, con limiti e rischi non più accettabili.
Non si sta riproponendo qui la logica del “Todos Caballeros”; un voler star dietro cioè a dissapori e malcontento – in parte tra l’altro giustificabili – dei molti insegnanti avviliti da tanti anni di precariato, e proporre quindi un concorso all’acqua di rose.
La questione qui è un’altra e riguarda il modo stesso di organizzare un concorso che abbia senso, che proponga cioè criteri e modalità di selezione coerenti con la scuola che si vuol costruire.
Pensiamo ancora che il contenutismo nozionistico e accademico e l’enciclopedismo necessariamente appiccicaticcio, che si tende di fatto a rinforzare, abbiano ancora diritto di cittadinanza nel nostro sistema?
Quale messaggio si tende a inviare agli aspiranti docenti - che tra l’altro avranno a disposizione non più di due mesi per sistematizzare saperi di esperienza, competenze professionali e saperi disciplinari?
Buon senso suggerirebbe che il messaggio fosse quello di concentrarsi sulle competenze e sui saperi di cui ha bisogno una buona scuola per ricominciare a funzionare bene, e di evitare quindi di disperdere energie e tempo per una preparazione per la quale l’unica analogia che vedo è quella che si osserva ancora in tante interrogazioni tradizionali; i cui “oggetti”, una volta snocciolati, vengono subito dopo smemorizzati.
Inoltre andrebbe ancora volta sottolineato che questo concorso – che comunque è un concorso  - è di fatto riservato – val la pena richiamarlo - a gente che nella scuola è da diversi anni e che nel frattempo, attraverso procedure diverse, ha conseguito un’abilitazione all’insegnamento. A questa andrebbe  quindi fatto arrivare il messaggio, attraverso un bando mirato, che la scuola che vogliamo è la scuola dei saperi che si parlano, delle professionalità che interagiscono, degli apprendimenti che si costruiscono anche attraverso il saper fare, della valutazione formativa, dell’attenzione ai bisogni particolari …. E che su questa base verranno valutati.

O no?

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