29.05.2015
La
valutazione per una scuola di qualità
di Claudio Berretta
La questione che viene messa più frequentemente in primo piano quando si
parla di scuola è quella della valutazione degli insegnanti.
“Ma come!” si dice “gli insegnanti che valutano continuamente gli studenti
non accettano di essere valutati?”
È una questione alla quale gli insegnanti non possono sottrarsi, non solo
perché altrimenti le battaglie per la scuola pubblica sarebbero perdenti, a
causa del fatto che non raccoglierebbero il consenso di quella parte
dell'opinione pubblica formata da cittadini che non lavorano nella scuola,
ma anche perché si tratta di una questione fondamentale per garantire una
scuola pubblica di qualità, idonea a formare cittadini non solo addestrati a
svolgere in modo tecnicamente adeguato il proprio lavoro, ma anche in grado
di esercitare capacità di pensiero critico, indispensabile per l'esercizio
dei diritti di cittadinanza in un contesto libero e democratico.
Cerchiamo quindi di affrontare la questione della valutazione facendo però
due considerazioni preliminari:
1) per valutare occorrono dei presupposti (non è possibile valutare chi è
messo nell'impossibilità di fare bene il proprio lavoro)
2) la valutazione non deve avere l'obiettivo di escludere, ma quello di
migliorare.
STABILITÀ
Per una scuola di qualità occorre in primo luogo stabilità:
Stabilità degli edifici, che non devono crollarci in testa, come purtroppo spesso avviene e che dovrebbero invece costituire un ambiente di apprendimento accogliente
Stabilità degli insegnanti che non devono cambiare tutti gli anni o dopo pochi mesi.
Quindi
sviluppo dell'edilizia scolastica, per avere strutture adeguate ed
accoglienti ed eliminazione del precariato, con assunzione di tutti coloro
che coprono posti annuali, dopo un percorso formativo adeguato, se non già
presente.
Solo dopo aver garantito edifici sicuri e accoglienti e insegnanti stabili,
in grado di progettare a medio o lungo termine, si può cominciare a parlare
di qualità della scuola, ma questa passa anche dalla disponibilità di
risorse per attrezzature, materiali, formazione degli insegnanti.
VALUTAZIONE E RISORSE PUBBLICHE
La
questione della valutazione e del merito è fondamentale, ma è strettamente
legata a quella delle risorse.
Come si può valutare il lavoro di professionisti costretti a lavorare in
situazioni a volte estremamente difficili senza le risorse umane e materiali
adeguate al compito?
Le risorse devono inoltre essere reperite dallo Stato (dovere
costituzionale) e non chieste alle famiglie attraverso un cinque per
mille assegnato alla singola istituzione scolastica, che risulterebbe essere
discriminatorio arricchendo le scuole delle zone più ricche e rendendo più
povere le scuole dei territori più poveri. Quelle che avrebbero invece
bisogno di più risorse anche per contrastare fenomeni legati alla
criminalità.
A fronte di scuole pubbliche totalmente deprivate dal punto di vista delle
risorse umane e materiali è inoltre incomprensibile, oltre che in contrasto
con il dettato costituzionale, il finanziamento alle scuole private.
Ricordiamo che nel 2008 sono stati portati via 8 miliardi alla scuola
pubblica, eliminando le compresenze e le ore a disposizione utilizzabili per
attività aggiuntive e riducendo drasticamente le risorse per attrezzature e
materiali. I tagli sono proseguiti negli anni successivi prosciugando i
fondi di istituto.
Ricordiamo inoltre che siamo la nazione europea che spende meno
nell'istruzione: 4,6% del PIL. Il primo, la Danimarca, spende il 7,9%, la
Finlandia il 5,9% la Spagna il 5,5%). Succede
così che il 79% dei giovani italiani arriva al diploma e il 32% alla
laurea, mentre in Danimarca arriva al diploma il
90% e alla laurea il 50% (rapporto ISTAT 2014 p. 296).
I NEET (Neither in Employment nor in
Education or Training, i giovani tra 15 e 29 anni che non studiano e non
lavorano) sono (rapporto Noi Italia, ISTAT 2013) in Italia il 26%. Il
triplo della Germania (8,7%) e quasi il doppio della Francia (13,8%).
Nell'Unione europea dopo di noi c'è solo la Grecia (28,9%).
LA SCUOLA DEVE CAMBIARE
La scuola deve cambiare, perché attualmente sono tante le situazioni insoddisfacenti e i risultati inadeguati. Deve cambiare perché troppi insegnanti sono legati alla lezione frontale e trasmissiva che risulta spesso essere insufficiente per attivare efficaci processi di apprendimento per tutti, compresi gli allievi con bisogni educativi speciali. Il cambiamento deve quindi passare anche da un miglioramento delle competenze degli insegnanti per realizzare una scuola inclusiva. Troppo spesso gli studenti sono demotivati da insegnanti che non sono in grado di coinvolgerli e di appassionarli al piacere dell'apprendere, ma in tanti casi gli studenti trovano anche insegnanti che li portano ad appassionarsi allo studio, quindi perché non partire dalle situazioni positive e trovare il modo di estenderle?
COSA MANCA
Per ottenere buoni risultati quindi occorrono:
momenti di confronto, condivisione, aiuto reciproco, per non disperdere competenze preziose che dovrebbero invece essere condivise tra insegnanti con esperienze diverse
attività di formazione per sviluppare competenze pedagogiche, didattiche e relazionali, in particolare per la costruzione di contesti cooperativi nelle classi, nei gruppi di lavoro professionali e nella gestione dei rapporti con le famiglie
compresenze, soprattutto per ripristinare il vero tempo pieno nella scuola primaria, scomparso con i tagli dei provvedimenti legislativi attuati durante il ministero Gelmini
più ore di laboratorio negli istituti professionali, anch'essi falcidiati dalla Gelmini
computer e personale che se ne occupi (risorse pressoché inesistenti nella scuola del primo ciclo) per sviluppare le competenze digitali degli allievi
attrezzature e materiali, oltre che formazione degli insegnanti, per realizzare una didattica non solo nozionistica e basata sull'ascolto di lezioni frontali trasmissive, ma laboratoriale e inclusiva delle diverse abilità, in grado di coinvolgere gli allievi con bisogni educativi speciali, sviluppare le eccellenze e contrastare la dispersione scolastica
fondi per retribuire le ore di straordinario degli insegnanti e del personale non docente per tenere aperte le scuole il pomeriggio, al fine di svolgere attività di recupero, potenziamento, tutoraggio e per gestire i laboratori
COME VALUTARE GLI INSEGNANTI?
Vediamo alcune possibili forme di valutazione attualmente in discussione.
Dare
più soldi ad alcuni insegnanti, scelti dai dirigenti o da un comitato di
valutazione, servirebbe solo a produrre invidia e competizione attraverso un
mortificante sistema di premi e punizioni dannoso per la qualità del lavoro
e distruttivo dell'idea di scuola come comunità di apprendimento in cui la
cooperazione riesce a creare sinergie e moltiplicare l'efficacia delle
azioni, come confermato dalla ricerca nell'ambito delle scienze
dell'educazione.
Un sistema che non produrrebbe peraltro alcun effetto dal punto di vista
della presenza di insegnanti incapaci o inidonei. Qualcuno verrebbe pagato
di più e chi danneggia i percorsi formativi degli allievi continuerebbe a
farlo indisturbato.
Tutti devono invece essere buoni insegnanti e tutti devono avere una
retribuzione dignitosa e adeguata all'importante ruolo che svolgono.
L'opinione di un comitato di valutazione presieduto dal dirigente potrebbe
tra l'altro esprimere un giudizio soggettivo, influenzato da molteplici
fattori e senza una reale cognizione di causa ed un'accertata competenza dei
suoi membri.
La
possibilità di assunzione diretta da parte dei dirigenti rischia di
favorire il clientelismo, premiare la sottomissione al pensiero del
dirigente (invece del merito), stimolare anche in questo caso la
competitività e creare scuole differenziate l'una dall'altra, in funzione
dell'orientamento culturale del dirigente, determinando così la perdita del
pluralismo che caratterizza la scuola pubblica e ne costituisce una
ricchezza fondamentale nell'ottica della valorizzazione delle diversità.
Una scuola davvero buona non può essere organizzata su scala rigidamente
gerarchica con un dirigente che dispone dei suoi subordinati. Una scuola
davvero buona è composta da professionisti riflessivi e cooperativi,
coordinati da un dirigente che promuove e
sostiene la capacità del collegio dei docenti nella costruzione e messa in
pratica del progetto culturale, didattico e educativo
(CIDI Torino 2015)
I test Invalsi rischiano di produrre il “teaching to test”: insegnare per il superamento del test standardizzato a livello nazionale, indipendentemente da quello che è lo sviluppo delle competenze di allievi che vivono in contesti diversi ed hanno esperienze diverse, ignorando così i principi dell'autonomia. Potrebbero forse essere utili a dare qualche informazione per aiutare gli insegnanti a valutare l'efficacia del proprio lavoro, purché siano utilizzati solo ed esclusivamente a questo scopo e non per valutare le scuole, gli insegnanti e gli allievi.
Concorsi e test non misurano nulla se non il sapere nozionistico e non certo le competenze reali di conduzione di una classe
Come valutare gli insegnanti quindi? E come impedire agli insegnanti incapaci di fare danni?
In primo
luogo, se si volesse davvero premiare il merito, bisognerebbe cominciare con
il retribuire tutte le ore di straordinario che fanno gli insegnanti
impegnati in funzioni di coordinamento e progettazione e in attività
didattiche aggiuntive, spesso ingiustamente realizzate approfittando del
lavoro volontario degli insegnanti più appassionati al loro lavoro.
Per quanto riguarda invece la sospetta incapacità il primo passaggio sarebbe
quello di sollecitare il confronto e la condivisione delle difficoltà e dei
successi all'interno del gruppo di lavoro (consiglio di classe, team,
dipartimento).
Dopodiché penso che la qualità del lavoro di un insegnante consista nella
sua capacità di sviluppare efficaci processi di apprendimento per tutti i
propri allievi in un'ottica inclusiva in collaborazione con i colleghi e
questo lo si può vedere solo osservando il suo lavoro quotidiano in classe,
nei momenti di progettazione comune e misurando poi i risultati con modalità
personalizzate.
Forse allora la soluzione migliore è avere consulenti e formatori
esterni alla scuola che chiede il loro intervento (a loro volta ben formati
e ancora in servizio nelle classi come docenti) che entrano come osservatori
nelle classi. Il loro compito non dovrebbe essere quello di premiare o
punire, ma quello di aiutare gli insegnanti a migliorare la qualità
del proprio insegnamento, svolgendo attività di osservazione in classe,
progettando insieme al docente e al consiglio di classe o team, proponendo
attività di formazione, organizzando momenti di riflessione sul lavoro
svolto.
Questi interventi dovrebbero poter essere attivati su richiesta:
degli insegnanti stessi che sentono di aver bisogno di aiuto, del consiglio
di classe o team, del collegio docenti o del dirigente, anche su
segnalazione degli studenti e dei genitori che rilevano situazioni di
difficoltà o inadeguatezza.
Sarebbe infine opportuno prevedere che il collegio docenti, a maggioranza,
abbia la possibilità di chiedere un analogo intervento per il dirigente che
dovesse essere ritenuto inadeguato ai suoi compiti.
Nel caso in cui la consulenza e la formazione non modifichino la situazione
possono prospettarsi diverse situazioni:
in presenza di una sospetta inidoneità dovrebbe essere attivato il percorso già attualmente previsto, valutando eventualmente la necessità di un passaggio ad altra mansione o la dispensa dal servizio per motivi di salute
se invece si constatasse, a fronte di una carenza di competenze, un rifiuto a formarsi e a modificare modalità inadeguate di insegnamento, potrebbe subentrare un'altra procedura, di tipo sanzionatorio, stabilita dai consulenti e formatori che hanno seguito il docente insieme al dirigente.
Partendo
dal presupposto che sarebbe corretto attribuire a tutti un aumento rispetto
alle attuali retribuzioni, per ridare una dimensione dignitosa alla
retribuzione degli insegnanti, questo aumento potrebbe assumere la forma di
componente aggiuntiva legata alla qualità del lavoro in classe. La procedura
per chi non accetta di fare passi nella direzione del miglioramento delle
proprie competenze potrebbe consistere a questo punto nella riduzione di
questa componente e nell'obbligo a partecipare ad attività di formazione,
finanziate con il risparmio derivante da queste riduzioni. Il permanere di
condizioni di inadeguatezza potrebbe portare anche in questo caso al
passaggio ad altra mansione,
Per quanto riguarda gli insegnanti che si occupano di consulenza e
formazione dovrebbero avere un'elevata formazione in ambito pedagogico,
didattico e relazionale non solo di tipo teorico, ma anche di tipo pratico,
in modo tale da poter dare contributi effettivamente utili al lavoro
quotidiano, anche in classi particolarmente problematiche. Dovrebbero
inoltre avere una formazione specifica in merito alle modalità di conduzione
delle consulenze.
A questi insegnanti consulenti e formatori dovrebbe inoltre essere
riconosciuta la funzione e concessa la possibilità di scegliere tra un
semiesonero oppure una retribuzione superiore. Questo per avere un
riconoscimento che valorizzi il loro ruolo e che favorisca lo svolgimento
delle loro funzioni senza vincoli di autorizzazioni da parte del dirigente
della propria sede di servizio come insegnanti, il quale dovrebbe favorire
queste funzioni predisponendo orari adeguati. Questo dovrebbe succedere
anche per chi ha incarichi presso le università nei ruoli di docente di
laboratorio o tutor coordinatori, laddove il ministero chiede la presenza di
docenti in servizio. Anche questo è premiare il merito.
COMPETIZIONE O COLLABORAZIONE?
Creare
un clima di competizione danneggia la qualità della scuola.
Dalla ricerca risulta infatti che le scuole più efficaci sono le scuole dove
c'è un più alto livello di collaborazione, che si manifesta in una
efficace progettazione e riflessione comune: dove si lavora insieme,
progettando, confrontandosi sul lavoro svolto, attivando gruppi di
ricerca-azione, realizzando momenti di aiuto reciproco, possibili anche con
scambi di presenze in classe. Le scuole migliori sono quindi quelle dove si
crea un contesto non competitivo, ma collaborativo, nella dimensione della
comunità di apprendimento.
A questo scopo sarebbe opportuno che in tutti gli ordini di scuola fossero
previste le due ore di programmazione settimanale attualmente
presenti solo nella scuola primaria, in modo tale da avere tempi adeguati di
progettazione e confronto.
DEMOCRAZIA E CONTRATTO
Tutte le
modifiche che rientrano in materia di contrattazione sindacale, in
quanto interessano aspetti salariali, di orario e normativi, dovrebbero
comunque essere concordati con le organizzazioni dei lavoratori e non
imposte con prepotenza, mancando di rispetto verso il Parlamento (con la
forzatura dei tempi e le sostituzioni dei membri dissidenti nelle
commissioni), verso i centomila cittadini che hanno firmato una Legge di
Iniziativa Popolare che non viene presa in considerazione e verso centinaia
di migliaia di lavoratori che hanno manifestato il loro parere scioperando e
partecipando a manifestazioni di ogni tipo.
In un paese democratico la partecipazione dei cittadini alla vita
democratica non può essere negata da un decisionismo autoritario che ignora
le opinioni dissenzienti, perché la democrazia non è la dittatura della
maggioranza, ma è sinergia di idee diverse. Così come non può essere
cancellato il ruolo delle organizzazioni sindacali ed è importante ricordare
che ogni diritto che viene negato ad una categoria sarà prima o poi perso
anche da tutte le altre.
La scuola deve cambiare per essere
LA SCUOLA DELLA COSTITUZIONE
che ha la responsabilità di contribuire a
garantire a tutti pari dignità sociale e a
rimuovere gli ostacoli che limitano la libertà e l'uguaglianza dei cittadini
e impediscono
il pieno sviluppo della persona umana e la partecipazione democratica alla
vita economica, politica e sociale
Per muoversi verso questi obiettivi
la Repubblica ha il dovere
di istituire scuole statali di ogni ordine e
grado e
di garantire a tutti la possibilità di raggiungere i più alti gradi di
istruzione,
ricordando che
La scuola è aperta a tutti e
L'arte e la scienza sono libere e libero ne
è l'insegnamento
libertà indispensabile a garantire il rispetto e la sopravvivenza di
tutte le altre libertà,
perché solo cittadini liberi, formati in una scuola dove è garantito il
confronto di idee diverse,
saranno garanti dell'esistenza di una società libera e democratica.