23.03.2014
Lo specchio
senza Narciso: a
proposito di autovalutazione
di Franco De Anna
Il contadino sembra aggrappato alle
redini che tira verso di sé con tutta forza e si sbilancia all’indietro con
tutto il corpo per dare potenza alla presa, mentre il mulo inarca la testa
in direzione contraria, resistendo alla volontà del contadino di trascinarlo
in avanti. Il mulo pianta le zampe e inarca la testa in verso esattamente
contrario all’inarcarsi e piantarsi del contadino. Nell’iconografia
classica: “testardo come un mulo…”.
Ma, con le medesime ragioni ed argomenti “scientifici” si potrebbe dire
“testardo come un contadino…”.
In fondo la “scienza” (ammesso sia possibile usare il termine)
dell’autovalutazione potrebbe essere tutta riassunta qui. La capacità di
decentrare il proprio sguardo, anzi: di “guardare l’uomo che guarda”. La “bisociazione”
(che, tra l’altro, è la chiave dell’umorismo. Per il concetto di
bisociazione si vedano le opere di Mariannella Sclavi)
Molti anni fa, in una stagione in cui parole come “autonomia” e “qualità”, riferite alla scuola, alimentavano convegni, seminari, discussioni, qualche sperimentazione, un piccolo gruppo di scuole marchigiane si chiese come dare sostanza a tali suggestioni, sfuggendo al rischio del Narciso e contemporaneamente declinando quella capacità di “osservare l’osservatore” che solamente la dimensione collettiva dell’esperienza poteva garantire.
Da lì prese vita una rete AUMI
(AUtovalutazione-MIglioramento) via via cresciuta e che
oggi organizza circa una ottantina di scuole della Regione e che rappresenta
la rete di autovalutazione di gran lunga più estesa tra le diverse presenti
sul territorio nazionale, anche se, per ragioni che non voglio qui
approfondire, riceve la minore attenzione da parte dell’amministrazione
scolastica centrale e dagli strumenti mediatici del mondo della cultura e
editoria scolastica.
La rete AUMI, in questi anni si è sviluppata ed è cresciuta grazie ad un
protocollo di intesa con USR e con la Regione Marche e con il loro
contributo.
Poiché come noto, il Regolamento del Sistema Nazionale di Valutazione, sia
pure in tratti essenziali (e ovviamente discutibili) colloca
l’autovalutazione di scuola come una componente essenziale del protocollo
valutativo, e poiché si sta chiudendo la fase di sperimentazione (VALES e
Valutazione-Miglioramento) posta in essere dall’INVALSI e, avendovi
partecipato direttamente come valutatore, ho maturato alcune rilevanze in
proposito che emergono dall’esperienza sul campo, vorrei qui riassumere le
tappe e i tratti essenziali di quella esperienza marchigiana, invitando il
lettore interessato ad una analisi più estesa ed approfondita ad esplorare
il sito della rete di atovalutazione .
Il primo impegno dei “fondatori” fu
quello di definire un quadro di riferimento (che cosa è una “buona scuola”)
capace di interpretare la doppia esigenza richiamata: uno specchio senza
Narciso e superare il rischio della doppia rappresentazione del mulo e del
contadino.
Si è adottato uno schema di riferimento analitico nel cosiddetto modello
CIPP (Contesto, Input, Processo, Prodotto).
Si tratta di uno “schema concettuale” utile per costruire un “protocollo”;
non di un “modello di autovalutazione” da adottare e applicare.
La fondamentale ricerca comune e l’impegno certo non semplice furono di
definire, per ciascuna delle quattro aree del CIPP, i fattori
essenziali e per ciascuno una “batteria” di indicatori capaci di essere
congiuntamente descrittori della realtà e “misura” di essa.
Fu così elaborata una “mappa della qualità” ricercando per tale lavoro, sia
la condivisone collettiva interna alla rete, sia l’apporto scientifico di
esperti esterni capaci di misurarsi con tale lavoro, di sostenerlo e
qualificarlo, ma in una rigorosa distinzione dei ruoli. La “rete” è
patrimonio della “rete”, non degli esperti (e forse questa è una delle
ragioni del relativo “silenzio mediatico” accennato).
Sulla base di tale mappa, le scuole
aderenti, ogni anno, procedono alla raccolta sistematica di dati e
informazioni relative alla loro realtà (articolate per l’appunto secondo le
quattro aree della mappa: contesto, input, processi, prodotti).
E’ un vincolo e impegno fondamentale: l’autovalutazione procede sulla base
di “dati e informazioni” il cui trattamento consente la misura e il calcolo
di indicatori che costituiscono la base “oggettiva” (nel senso di
significativa, pertinente e comune), del confronto autovalutativo.
Il monitoraggio, l’impegno che richiede, i compiti che in relazione ad esso
sono distribuiti e condivisi all’interno dell’organizzazione scolastica,
rappresenta un elemento fondamentale per “valutare l’autovaltazione”. Qui
non si tratta di riempire un questionario, o di “crocettare” un report
acquisito dall’esterno. Il monitoraggio mi impegna a rilevare e misurare la
“mia realtà” con un impegno ed una fatica che danno senso all’impresa
valutativa e a ciò che da essa può conseguire.
I dati così raccolti nell’attività
annuale di monitoraggio sono inviati dalle scuole al sito della rete
(www.aumi.it), e qui sono oggetto di trattamento complesso e poi”restituiti”
attraverso strumenti che vanno ben oltre la “statistica descrittiva” ma
consentono analisi approfondite e differenziate, multivariabili.
Gli strumenti di restituzione, oltre alla qualità intrinseca di
consultazione (tabelle, grafici, analisi statistica) offrono la dimensione
fondamentale della “comparazione”.
Per ciascun indicatore e/o descrittore viene presentata infatti la
comparazione tra tutte le scuole, sia sincronica che diacronica. Per
ciascuna di esse è possibile rintracciare, e per ciascun indicatore, il
proprio “posizionamento” e la serie storica relativa.
Si costruisce così la possibilità non tanto della “graduatoria” ma della
rielaborazione “fondata e assennata” del possibile e/o necessario
miglioramento (individuazione del benchmark e proprio posizionamento).
Il sito offre così una strumentazione analitico-statistica, e la possibilità
di determinare le condizioni per la rielaborazione degli obiettivi e delle
scelte proprie di ciascuna scuola, sulla base di una informazione pertinente
ed estesa.
Tra le attività in sviluppo anche quella di intervenire per qualificare
scientificamente strumenti come i “questionari di gradimento” (molto
utilizzati nelle scuole) ma che spesso non consentono analisi significative:
se non si è in grado di ricostruire “la cultura del prodotto” detenuta dal
“consumatore” la sua minore o maggiore soddisfazione ma dà poche
informazioni utili (anzi, a volte la customer satisfaction misurata
sulla base di “asimmetrie informative” tra produttore e consumatore,
promuove i “bidoni”).
La fase del miglioramento è in
integrale padronanza della singola scuola. E’ preparata dall’impegno nel
monitoraggio; supportata dalla elaborazione raffinata dei dati e delle
informazioni provenienti dal sito della rete; validata dalla comparazione
collettiva dei dati e dalla individuazione di punti di riferimento
(benchmark); ma è posta in totale padronanza e responsabilità dei processi
decisionali della singola scuola.
Nel sito della rete si sono andati cumulando, in questi anni, diversi
progetti di miglioramento, che costituiscono una “banca dati” di pratiche
migliorative disponibili alla consultazione di tutti i membri della rete,
per accostarsi, copiare, modificare, adattare…(anche per questo si veda
www.aumi.it )
Si tratta dell’attività più recente,
in ordine di tempo, sviluppata nella rete, anche se sensibilità al tema
erano già presenti ben prima che esso diventasse oggetto di linee guida,
esortazioni, indicazioni ministeriali.
E’ stato rielaborato un protocollo per la redazione del Bilancio Sociale, e,
anche in tale caso, si è trattato non dell’assunzione di un modello
pre-determinato, ma della elaborazione attraverso un processo biennale di
ricerca/azione compiuto tra un gruppo di scuole della rete e la Facoltà di
Economia dell’Università Politecnica delle Marche.
Alla fine di tale percorso di ricerca azione comune si è giunti alla
elaborazione di un protocollo che oggi sta sperimentando circa una trentina
di scuole impegnate nella redazione del proprio Bilancio Sociale secondo
quelle linee guida comuni (anche in tale caso si tratta probabilmente
dell’aggregato più significativo sul piano nazionale). Anche di tale aspetto
vi è ricca documentazione sul sito
www.aumi.it
L’esperienza di AUMI e il Sistema Nazionale di Valutazione: affinità e differenze.
Dei quattro “ingredienti”
fondamentali del Regolamento del Sistema Nazionale di Valutazione
(autovalutazione, valutazione esterna, miglioramento, rendicontazione
sociale) tre sono comuni alla esperienza AUMI: manca ovviamente la
valutazione esterna.
Vi sono anche tratti comuni intrinseci, per esempio lo schema CIPP che è
stato seguito anche per VALES e Valutazione e Miglioramento da parte
dell’INVALSI. E, d’altra parte, vi fu, agli inizi della stessa elaborazione
dei modelli INVALSI, occasione esplicita di confronto tecnico scientifico
nel merito di indicatori, descrittori ecc.. tra AUMI e INVALSI.
Ma la condivisone di elementi comuni qui indicati non configura
“sovrapponibilità”. Anzi, alcune sostanziali differenze possono essere
oggetto di riflessione, e tornare utili proprio nella fase di verifica della
prima sperimentazione estesa sul campo dei protocolli di traduzione del
Regolamento di Valutazione. Una riflessione che consenta di misurarsi con la
problematica valutativa sulla base di risultanze sperimentali e non di
“opinioni e/o pregiudizi”.
Cerco di indicarli sommariamente, anche tenendo conto di risultanze (queste
necessariamente soggettive) che mi provengono dal lavoro di valutatore
effettuato nell’ambito della sperimentazione sul campo. Gli spunti critici
contenuti nelle note seguenti hanno la dimensione dell’indicazione di
“problemi” dei quali essere avvertiti, e non della sottolineatura di
difetti. Problematiche che possono trovare diverse soluzioni e che
interrogano innanzi tutto le scelte di politica pubblica, e non solo quelle
di determinazione dei protocolli tecnico-scientifici.
Il significato dell’autovalutazione.
L’assunzione, costruzione,
partecipazione da parte di una scuola ad un progetto di autovalutazione
configurano in esso un buon indicatore della sua “propensione al
miglioramento”. Ma il valore di tale indicatore è, appunto, determinato
dalla intensità, condivisione, partecipazione, responsabilità di
strutturazione, del modello di autovalutazione adottato.
Occorre tenere conto dunque di un ventaglio di tipologie: dalla assunzione
di modelli “chiavi in mano”, standardizzati “altrove”; alla compilazione di
report e questionari dove l’impegno si esprime nel rispondere
appropriatamente a domande chiave; alla costruzione di protocolli assemblati
attraverso una comune e faticosa “ricerca azione” (come AUMI). Si tratta di
esperienze non equivalenti e dunque indicatori della propensione al
miglioramente di valore molto diverso.
Il limite del “modello nazionale” per ora sperimentato è proprio quello di
essere rappresentato da un “protocollo chiavi in mano” e sostanzialmente
nella redazione autonoma di un report valutativo.
La sua potenzialità “predittiva” sulla propensione al miglioramento di una
scuola è assai ridotta e, dato il carattere dello strumento, anche di
particolare permeabilità a derive di opportunismo o di “narcisismo”.
Si tenga conto inoltre che il rischio connesso ad un “modello
preconfezionato” da assumere e a cui rispondere appropriatamente, con
bassissimi livelli di coinvolgimento organizzative effettivo, è in opera
anche a proposito dell’impegno alla “Rendicontazione Sociale”, per ora non
ancora esplorato.
Naturalmente la dimensione nazionale del Sistema contiene problematiche che
non sono risolvibili con approcci tipo AUMI (la dimensione di rete
autonoma). Ma mi pare vi sia (e vi debba essere) un impegno per superare
tali limiti, pur tenendo conto dei vincoli del contesto nazionale. Il come e
il quanto potrebbero essere oggetto di un coraggiosa riflessione comune.
La raccolta dati
Il monitoraggio nella esperienza
AUMI rappresenta l’impegno sostanziale che testimonia il valore della scelta
autovalutativa. Non solo per la fatica della raccolta dati periodica, ma
anche perché implica la disponibilità al “guardarsi”, al misurarsi con la
propria realtà e non solo con le sue “rappresentazioni”. (Il mulo e il
contadino… lo specchio e Narciso..)
Nel progetto nazionale si rinvia invece alla “restituzione” di dati
conoscitivi della realtà scolastica effettuata attraverso lo strumento di
“Scuola in Chiaro”.
Lo strumento ha grandi difetti immediatamente misurabili oggettivamente:
informazioni parziali, rielaborazioni sommative e non analitiche, in taluni
casi fonte di opacità invece che di chiarezza (per tutti valga l’esempio dei
dati contabili…Ne ho già scritto in altro contributo su questo sito).
Ma sopratutto è intrinsecamente deresponsabilizzante: sia perché esenta la
scuola da tale fatica di raccolta appropriata, sia perché, pur provenendo i
dati in definitiva dalla stessa gestione della scuola, è “il superiore
Ministero” che se ne incarica. Una sorta di “limitazione simbolica” (ma i
simboli contano) dell’autonomia.
Rimane il fatto che se si vuole procedere ad una autentica valutazione (sia
auto che etero) quei dati non sono esaurienti e significativi. Lo stesso
regolamento richiama ad “ogni altra informazione che la scuola renda
disponibile…”. Ma mi pare evidente che il problema non sia (solamente) nella
tipologia e quantità dei dati, ma nella responsabilità messa in campo per la
loro stessa raccolta.
Anche in tale caso la dimensione nazionale costituisce, rispetto alla
esperienza AUMI, una serie di vincoli di cui tenere conto; ma forse se
invece di “produrre in proprio “ la restituzione attraverso “Scuole in
Chiaro” il Ministero avesse concentrato le sue risorse nel definire un
protocollo di informazioni che la singola scuola “non può non dare” e
mettere sul suo sito, sarebbe stato più significativo (rispetto ai fini
valutativi) e sicuramente meno “costoso” per l’amministrazione centrale.
La dimensione di rete locale (per
ampia che sia) dà a AUMI la possibilità di un confronto, comparazione,
individuazione di benchmark, nella condivisione dei dati rielaborati dalla
rete, che supera sia molte pruderie dovute a francamente discutibili
problematiche di riservatezza, sia i rischi delle graduatorie e delle
classifiche. Il confronto, in tale dimensione, si riempie di significati
operativi; coniuga la dimensione dell’analisi statistica con quella dello
“scambio operativo di esperienze”.
Oggettivamente difficile, evidentemente, recuperare tale dimensione nella
“struttura” nazionale, anche se si forniscono i dati statistici di confronto
regionale e nazionale.
Tuttavia il problema resta: è possibile immaginare una struttura operativa
che, garantendo la significatività dei dati di sistema (necessari al
decisore amministrativo e politico), non assuma necessariamente la
configurazione di un “quartier generale” collegato a stella con una
moltitudine di scuole separate tra loro e confrontabili solo attraverso
“parametri statistici”?
Tale architettura si presenta come “disintermediante” e quindi con
l’apparente realismo della comunicazione diretta tra singolo operatore e il
quartier generale. Ma produce anonimato e riduce il confronto tra realtà
organizzative a comparazione di parametri statistici
Anche in tale caso si tratta di un problema tecnico e politico insieme; ma
implica necessariamente la definizione di modalità operative dell’INVALSI
nel rapporto con le scuole: E dal carattere di tali modalità dipende molto
del successo di un protocollo valutativo. Come tenere insieme dimensione
sistemica (indispensabile per la valutazione) e specificità operative
(indispensabile per il benchmark e il miglioramento)? Con quali livelli di
possibile “intermediazione”?
Valutazione e miglioramento.
Comprendo che il ribadire il nesso
tra valutazione e miglioramento, indicando in quest’ultimo la vera e
autentica ragione dell’impegno valutativo, abbia un significato politico
evidente: si tratta di smontare in partenza derive che abbiamo conosciuto e
sempre in agguato, che legano la valutazione ad effetti premiali o punitivi.
Dunque avvalorando e alimentando da un lato i fantasmi della valutazione che
sono sempre (e inevitabilmente) in agguato; e dall’altro, quasi in termini
isomorfi, le derive opportuniste per le quali la valutazione può
rappresentare un “prezzo da pagare” per ottenere vantaggi (l’effetto è
quello di mandare fuori bersaglio qualsiasi protocollo valutativo, anche il
più severo).
Ma l’esperienza di AUMI mi ha confermato in un principio che spesso ho
ribadito: non si valuta per migliorare. Si valuta per decidere. Per
migliorare la razionalità decisoria del decisore.
Il miglioramento può essere “una” o “la” decisione che si assume in base
alla valutazione. Ma non vi è automatismo e occorre scongiurare una sorta di
riduzionismo che sembra animare molto del dibattito attorno a tale
questione.
Non c’è automatismo funzionale tra valutazione e miglioramento.
Per almeno due ragioni: la prima, fondamentale, consiste nel fatto che una
organizzazione potrebbe avere proprie priorità interne che richiedono, per
esempio, di rendere essenziale il “mantenimento” degli standard raggiunti,
piuttosto che il miglioramento dei punti deboli, rinviando quest’ultimo nel
tempo..A risorse limitate, la complessità del processo decisionale non
consente “riduzionismi”.
La seconda ragione è che comunque la decisione di miglioramento non può che
coinvolgere (sempre che non sia “cosmesi”) il complesso del processo
decisionale di una organizzazione. Quanto a dire l’elemento più delicato e
meno “deterministico” che mette in campo i significati scambiati all’interno
dell’organizzazione stessa, le sue rappresentazioni, i giochi di ruolo e gli
scambi, i processi di leadership informali, le “convenienze” dei singoli, la
distribuzione dei compiti e delle convenienze. Quanto a dire in sintesi “la
cultura organizzativa” disponibile a “quella” organizzazione. (non c’è, per
fortuna, una cultura organizzativa omologata).
Ricordo i rischi connessi ad una concezione riduzionista e determinista del
rapporto tra valutazione e miglioramento rispetto a due questioni ancora
aperte nel protocollo del Sistema Nazionale di Valutazione.
La prima è una sorta di “automatismo” con il quale si può pensare di
trasferire la dimensione dei progetti di miglioramento nella dimensione di
valutazione dei Dirigenti Scolastici. Vale l’estensione dell’esempio fatto
in precedenza: potrebbe essere miglior dirigente colui che è capace di
rinviare l’impegno al miglioramento di una performance insoddisfacente
rispetto alla priorita del mantenimento dei buoni risultati in altra
performance. Il miglioramento, come l’intendenza, seguirà….
La seconda questione sta proprio nel rimando al rapporto tra miglioramento e
complessità dei processi decisionali che coinvolgono la cultura
organizzativa di una organizzazione come la scuola.
Il Regolamento richiama (giustamente) attività di tutoraggio, di consulenza,
di assistenza ecc… Ebbene deve essere appropriata la consapevolezza della
portata del compito; e anche in tale caso la domanda circa l’architettura
della struttura consulenziale: ti mando un tutor da Roma o da Firenze? E lo
paga l’INDIRE o l’INVALSI… (il counselling a spese di altri è un inedito di
cultura organizzativa. Richiede di riassestare le categorie e le
definizioni. Per un freudiano ortodosso pagare l’analista è una condizione
per il successo della terapia…)
Mi rendo conto delle differenze:
AUMI ha una struttura di tutor di rete operativi in termini prossimali alle
diverse realtà. Ha un nucleo scientifico (dalla gestione statistica a quella
web) che coinvolge operatori “a portata di mano” (docenti, tecnici). Ha la
consulenza del responsabile della qualità di una industria locale che della
qualità dei suoi prodotti fa la sua carta vincente…
Ha, finchè riesce, costi ridotti facendo leva proprio sui significati
assegnati collettivamente all’impresa autovalutativa, e da conto di essi
nella convenzione con Regione e USR.
Non si può pensare di trasferire esperienze locali sul piano sistemico,
ovviamente.
Ma ci acconteremmo di sapere che alcuni dei problemi qui sollevati possano
contribuire ad aprire senza pregiudizi una riflessione critica che sappia
mettere in valore l’esperienza di questi mesi (INVALSI, VALES, Valutazione
Miglioramento) e quella consolidata di molti anni di impegno come AUMI.