03.01.2009
Dibattito sulla valutazione e dinamiche emotive
Di Rodolfo Marchisio
La valutazione è sempre stato uno dei momenti piu’ “caldi”nel lavoro dei docenti ed in occasione di riforme (vedi anche la Riforma Moratti ed il dibattito sulla valutazione per competenze, cui ho lavorato in una rubrica di questo sito per alcuni anni sono emerse dinamiche vivaci e talora pericolose osservate anche in questi giorni.
Convinto che gli elementi emotivi e relazionali siano sempre, ed in particolare nei lavori con le persone, in ultima analisi determinanti, provo ad elencare alcune di queste reazioni osservate. Con la premessa che diverse reazioni convivono e determinano il nostro comportamento e che non si possa identificare una reazione con una categoria o posizione personale.
Intanto la
riforma in atto è una riforma rozza, che punta a distruggere, in poco
tempo e con grande superficialità, la scuola che abbiamo costruito e
difeso (dalla Moratti ad esempio) in questi anni (per chi scrive quasi
40). Una riforma che dice “basta con la pedagogia” Gelmini, La Stampa
27/12/08. Come se il nostro lavoro non fosse tutti i giorni pedagogia e
come se si potesse riformare solo con il presunto “buon senso dei tempi
andati”.
Semplificazione estrema contro la complessità: non solo
di Morin, ma della realtà.
Al confronto il libro e la scuola del libro “Cuore” sono
ancora buona pedagogia.
Tagli e non motivazioni. Con Bertagna si poteva
discutere. Con chi sta dietro la Gelmini no, perché non esprimono idee e
coerenza e non ascoltano.
Per questo è una riforma che per molti (compreso il
sottoscritto) irrita, “grida vendetta a Dio” e suscita, giustamente, forti
reazioni politiche e personali. Inoltre è parte, è un tassello, di una linea
politica e di una mentalità che divide fortemente (cfr il dibattito
politico).
Si fa forte del buon senso, ma lo sfida impunemente e
non si preoccupa della coerenza.
La valutazione è il primo punto
toccato dalla riforma, ma anche un punto sensibile per noi.
Perché la
valutazione attuale, pur partendo da presupposti sempre condivisibili, si
trascina stancamente ed in modo poco soddisfacente. Il tentativo di
dibattere di valutazione seriamente, di apprendimento e valutazione per
competenze, sotto la provocazione della riforma Moratti, è poi caduto nel
vuoto.
Basta
diamoci un taglio!
Inoltre la valutazione è uno
degli elementi complessi del nostro lavoro: un momento in cui dobbiamo
essere in qualche modo formatori e giudici. Da soli e collegialmente. E
questo in assenza di pratiche tuttora consolidate e convincenti, mette
in moto reazioni emotive piu’ forti, dubbi, incertezze, stanchezza…
Questa riforma identifica
formazione e scuola con apprendimento e misurazione dell’apprendimento e
questo è uno dei trabocchetti piu’ facili: a scuola si va per imparare e
la valutazione è misura di quanto si è imparato. La misura è un numero.
Si rispolvera il mito facile
della valutazione oggettiva e da misurare con strumenti semplici.
Poi si
fanno le medie con la calcolatrice, la media delle varie materie (compresa
la condotta) e tutti quei discorsi e patemi, sulla valutazione (e
bocciatura) come messaggio educativo e su “cosa è meglio per il ragazzo”
vengono spazzati via. Basta misurare. Peccato che la scienza ci insegni che
il metro non esiste e che neanche le analisi del sangue siano un dato
oggettivo, ma solo piu’ o meno probabile e tutto da interpretare. Come
dicevo anni fa la valutazione non può ridursi alla misurazione oggettiva,
sia perché deve essere sempre inevitabilmente formativa, sia perché in ogni
professione, specie in quelle che hanno a che fare con persone si mescolano
elementi di misura ed elementi di stima. E stimare significa assumere un
rischio e una responsabilità, dare un giudizio. Come sanno anche i geometri
e gli ingegneri.
Possono
esserci solo momenti di valutazione oggettiva in un contesto di valutazione
formativa e contestualizzata. Non una misurazione oggettiva di processi
complessi che coinvolgono persone in fase dinamica.
Inoltre questa riforma, per fortuna, impone la
valutazione numerica solo per gli scrutini lasciando aperto il problema
della valutazione durante il lavoro (cfr anche il parere del CNPI) e creando
confusione.
Ci sono poi le motivazioni di sempre. Non scrivere piu’ i giudizi: si lavora meno, ci crediamo poco e pongono dubbi. Meglio la certezza di un bel numero che un ambiguo aggettivo e tante chiacchiere. Se poi si lavora meno.. .La paura di non rispettare una norma, magari senza averla letta bene, la confusione che, credo, il chiarimento in arrivo non risolverà. L’essere ancora una volta ed in modo poco informato, piu’ “realisti del re”, facendo, come ai tempi della Moratti, quello che la legge neppure ci chiede.
In sintesi: le cose semplici e facili danno certezza e pongono meno problemi. La complessità, la ricerca non solo stancano, ma spaventano anche. La situazione politica e culturale del nostro paese lo dimostrano. Il dibattito in atto nella nostra scuola anche.