25.12.2008
I voti e
le impronte del gatto
di Marco Pistoi
I miei piccoli alunni
di classe prima hanno imparato a scrivere rispondendo ai messaggi che il
gatto Pinco nascondeva ogni mattina nella loro classe. Sui quaderni
ricopiavano parti delle lettere ricevute, trascrivevano le parole “nuove” o
“difficili” , disegnavano le immagini che i messaggi suggerivano alla loro
fantasia... nella buca delle lettere infilavano i propri disegni e le prime
timide risposte. Di notte il gatto entrava nell’aula, prendeva i biglietti a
lui indirizzati e, curioso come tutti i gatti, sbirciava i quaderni dei
bambini appositamente impilati su un tavolo vicino alla finestra. Ogni
mattina la curiosità era grande.“Mi ha lasciato le impronte! Il disegno gli
è piaciuto!” . “Guarda maestro! Ho tre piccole impronte sotto la pagina! Si
è fermato a leggere … Cosa vuol dire?”
Non sempre però trovavano le impronte. “Maestro… forse Pinco non l’ha
visto…” “Dici? Credi che sia riuscito a leggere quello che hai scritto?…”
. “Forse no…è scritto tutto storto… l’ho anche macchiato…” . “E il disegno,
come ti sembra?” . “Beh… non è colorato… adesso lo finisco così domani il
gatto …”
Qualche volta, correggendo i quaderni, lasciavo anche io la mia
“impronta”: brevi commenti scritti con la penna verde, tipo Bene! Oggi
hai lavorato con impegno…
“Sì maestro, … ma il gatto l’ha visto?” (!)
Non c’erano voti su quei primi quaderni, né giudizi. Eppure i genitori hanno
capito, con buona pace del Ministro Tremonti che ad agosto dichiarava: “Dove
non c’è un voto non viene fornita una reale informazione sull’andamento
scolastico dello studente”.
Leggo il nuovo Regolamento sulla valutazione. Dovrò adottare il sistema
di valutazione con voti espressi in decimi ed estenderne l’uso alla
pratica quotidiana. Tutto ciò “nell’ambito dell’autonomia didattica e
professionale” , naturalmente… Ora, mentre fatico ad immaginarmi quali
effettivi spazi di autonomia potrò ritagliarmi dovendo estendere l’uso dei
voti anche ai compiti dei bambini, provo a pensare ad un gatto che dia i
numeri …
Forse è il caso di sgombrare il campo da un equivoco di fondo: davvero
crediamo che i voti possano semplificare e rendere più chiaro un sistema
complesso come quello della valutazione? E soprattutto, a chi saranno utili?
Ai bambini? Alla loro motivazione ad apprendere? Forse agli insegnanti?
(Certo, sono più veloci da scrivere… la tentazione…) Ma aiuteranno gli
insegnanti a riflettere sull’efficacia della propria pratica educativa?
Anche i voti, (come del resto i giudizi) immancabilmente saranno sottoposti
al limite delle interpretazioni… Non dimentichiamo: valutare non è misurare!
E continueranno ad essere necessari i colloqui con le famiglie per spiegare
il significato delle diverse valutazioni. E ci vorrà tempo. Perché ci vuole
sempre tempo per parlare del percorso di crescita e di apprendimento dei
bambini.
Non sarebbe più utile se il Ministro dell’Istruzione ci invitasse a
confrontarci sui reali problemi della valutazione? Parlare magari di criteri
(Cosa intendiamo valutare? Competenze? E quali? Dati? Comportamenti
osservabili?) e di modalità di valutazione (osservazione quotidiana,
somministrazione di prove, test, ecc..) Valutare è difficile e distogliere
l’attenzione dai significati reali che sottendono ad un voto non aiuta. Meno
che mai serve ai bambini.
Evidentemente il dibattito degli ultimi anni “sui meccanismi
dell’apprendimento, sulla motivazione ad apprendere e sul rapporto tra
processi e prodotti” non ha lasciato impronte…