24.03.2013
Valutazione
delle scuole: il corto-circuito semantico tra risultati e apprendimenti.
di Franco De Anna
Nel nostro “discorso corrente” sulla
scuola i termini istruzione, formazione, educazione conoscono un singolare
destino semantico. Da un lato vengono utilizzati in modo indifferenziato,
quasi fossero sinonimi; dall’altro sono oggetto di equivoci.
Per esempio, il termine “educazione” è spesso visto con sospetto: si dice
“quando si parli di scuola limitiamoci alla istruzione”… E così si convalida
sia la “diffidenza laica”, sia lo spostamento baricentrico dell’educazione
verso altre referenze (la famiglia, la tradizione religiosa, ecc.. insomma
le “appartenenze ereditate”, e non quelle “deliberate” che costituiscono il
fondamento sia dell’autonomia della persona, sia della polis ).
Il termine “formazione” viene (altro esempio) immediatamente abbinato a “professionale”: la formazione sarebbe cioè lo specifico intervento per la “formazione al lavoro”.
Si fa così giustizia sommaria, e in
un colpo solo di una lunga storia. Da Tommaso (forma hominis juxta propria
principia…) a Goethe e Schiller (la formazione dell’uomo come bildung, tra
aufklärung e kultur) a Marx (il lavoro come processo di umanizzazione
dell’uomo e la sua alienazione e sfruttamento nella subordinazione ai
rapporti di produzione..).
Per alcuno, quando si parla di scuola, meglio stare all’istruzione. Meno
problemi con filosofie, concezioni, valori ecc… campo dell’incertezza, della
non misurabilità, delle “inferenze” difficili.
Il riduzionismo, ed il meccanicismo funzionalista che in genere lo
accompagna, sono però cattivi consiglieri per chi voglia o debba dare
qualche fondamento di “ragione” (o meglio di “ragioni”) al proprio “discorso
sulla scuola”.
Sembrano, le precedenti, questioni filosofiche e come tali andrebbero sviluppate in altro contesto; ma emergono con tutta evidenza quando un prodotto di tale “riduzionismo” si fa scelta politica, e chiama al confronto culturale, al dibattito politico, alle decisioni pubbliche. Questo è, per esempio, il cortocircuito che viene proposto quando la “valutazione delle scuole” si vorrebbe parametrare esclusivamente o principalmente alla “valutazione degli apprendimenti”, e per ottenere tutto ciò, si predispone una “macchina rilevativa” cui affidare in via esclusiva il compito.
Lo sviluppo storico dei sistemi di
istruzione come sottoinsiemi istituzionali e sociali (apparati dello Stato
nazionale, destinatari di politiche pubbliche rilevanti, strumenti di
socializzazione di scale di valori riconosciute) ha accompagnato la storia
del consolidamento degli Stati nazionali, e quello dello sviluppo economico,
almeno a partire dalla seconda rivoluzione industriale (incorporazione
progressiva del sapere nei processi produttivi).
Dal secondo dopoguerra tale sviluppo accompagna, come uno dei suoi pilastri,
l’affermarsi dei modelli di welfare: l’istruzione diviene diritto esteso
all’universo delle generazioni.
La “funzione sociale” che ha accompagnato tale sviluppo si è via via
complessificata: dalla riproduzione delle classi dirigenti a alla
“nazionalizzazione delle masse”; dalla affermazione di un “diritto”
potenzialmente “universale” ad un elemento connesso allo sviluppo economico;
dalla generalizzazione di un set di apprendimenti fondamentali (leggere,
scrivere e far di conto) ad uno strumento essenziale per la “riproduzione
culturale” della formazione storico sociale.
Non è un caso che oggi, in questa fase storica della terza (per qualcuno
quarta) rivoluzione industriale con la destrutturazione sia delle
enciclopedie dei saperi, sia delle forme della riproduzione sociale, sia del
lavoro e degli strumenti della comunicazione sociale, sia del “contenitore”
degli stati nazionali, il “discorso” sulla scuola si faccia così complesso,
incerto, problematico.
La complessità della “funzione
sociale” assegnata storicamente all’istruzione pubblica, si è sempre
tradotta in complessità dei medesimi apparati preposti, con significati più
complessi di quelli delimitati alla coppia istruzione/apprendimenti.
E ciò vale sia per i “contenuti” assegnati a tali funzioni, sia alle forme
attraverso le quali sono declinati, sia ai risultati che da tali apparati di
riproduzione si richiedono. Neppure nelle fasi iniziali di sviluppo dei
sistemi di istruzione la loro finalità era ridotta “all’apprendimento”. (Si
pensi al legame tra la Riforma protestante, con la “lettura del libro” come
fondamento, e la precoce alfabetizzazione dei popoli dell’Europa
settentrionale).
Come ovvio la complessità della
funzione sociale assegnata ha sempre “contenuto” discrimini di valore: basti
prendere in considerazione alcune coppie di opposizione come selezione
sociale/promozione sociale; riproduzione delle elite/promozione dell’equità
sociale; riproduzione di competenze/socializzazione di valori e
comportamenti (e l’elenco potrebbe continuare) per comprendere che tale
“funzione sociale” non sia leggibile in termini “funzionalistici” ma esplori
sempre un fondamentale versante di “ideali”, di significati, di strategie
politiche, visioni complessive della società e del suo sviluppo, anche
alternativi.
Ma tale complessità si è sempre tradotta, quale che fosse l’ispirazione
“strategica”, in un progressivo complessificarsi dei “servizi” (diremmo
oggi) che essa deve predisporre ed offrire per compiere tale funzione
sociale, delle strutture organizzative, professionali, economiche necessarie
per costruire il “prodotto” richiesto. In particolare tale sviluppo ha
accompagnato in termini crescenti l’affermarsi dei sistemi di “istruzione di
massa” come causa ed effetto dell’universalismo di ispirazione dei sistemi
del welfare costruiti dalla seconda metà del secolo scorso.
In altre e semplificate parole: il “core” della funzione sociale si
costituisce attorno alla organizzazione di apprendimento/insegnamento; ma la
sua stessa realizzazione necessita di una struttura complessa che investe
diverse attività, organizza risorse, crea ambienti, coordina professionalità
diverse, scandisce tempi di realizzazione, organizza procedure e cicli
“produttivi”. E, più complessa è tale organizzazione, più complesse si fanno
le relazioni multivariabili tra i processi e i risultati.
Valutare una scuola attraverso la
valutazione degli apprendimenti è una scorciatoia (teorica innanzi tutto,
prima ancora di definire gli strumenti per la misura degli apprendimenti)
che invalida qualunque protocollo si costruisca su tale semplificazione,
qualunque sia il “tasso tecnico” degli strumenti messi in opera. Insomma,
semplicemente fallisce l’obiettivo.
Valutare una scuola significa invece affrontare, sia pure parzialmente ma
progressivamente, attraverso inevitabili approssimazioni, il complesso
delle sue attività che come “organizzazione” (risorse, persone, sviluppo
organizzativo) sono messe in opera intorno e per il “core” dell’insegnamento
e apprendimento, e ne determinano e condizionano, attraverso un sistema
complesso multi variabile, i risultati in termini di assolvimento della
“funzione sociale” complessa che la scuola ha rispetto alla formazione
storico sociale di riferimento.
I “teorici” di un modello di valutazione che si fondi sulla misura di un solo fattore (i livelli di apprendimento) tentano (apparentemente) di mitigarne la parzialità, introducendo altri fattori, apparentemente più sofisticati, che possano o sappiano depurare i risultati dell’apprendimento da fattori e variabili che su di essi possono incidere come le condizioni socio economiche, familiari, di contesto.
Quello che in gergo, viene chiamato il “valore aggiunto”. Insomma il contributo specifico che la singola scuola da al “risultato”. Un buon esercizio, naturalmente, fatto di un uso attento degli strumenti statistici, e di “pesatura” delle correlazioni tra le variabili che operano in un complesso multivariabile. Nulla in contrario nell’apprezzarlo. Ma se “isolo” tale fattore e lo considero esaustivo del dare conto della complessità operativa di una singola scuola, ma soprattutto della complessità fondativa della funzione sociale assegnata, rendo ancora più palese la parzialità di fondo del modello e la sua semplificazione “funzionalista/meccanicista.
Con qualche paradosso: una scuola che si desse l’obiettivo di migliorare il proprio fattore di valore aggiunto, potrebbe decidere di perseguire un abbassamento degli standard in ingresso, reclutando utenti preferenzialmente nel “disagio sociale”. A medio e lungo termine finirebbe per favorire le “disequità” sociali, separandole, anche solo per prendersene cura.
Ancora: ci si chieda di cosa uno
studente uscito dalla scuola debba “dare conto” in un colloquio di selezione
per un posto di lavoro: le sue competenze e conoscenze (il valore grezzo) o
“il valore aggiunto” della scuola che ha frequentato?
In realtà il fattore “valore aggiunto” assume pienamente funzione di
indicatore della qualità di una scuola, tanto più quanto più le condizioni
di partenza siano confrontabili ed omogenee. Esattamente come sarebbe
confrontando risultati economici di due imprese.
Il paradosso è che la scelta riduzionista-meccanicista (valutiamo le scuole
sulla base delle rilevazioni dei livelli di apprendimento) svuota il
significato potenziale del parametro “valore aggiunto” sacrificandolo
strumentalmente come risposta (“buonista”?, Consolatoria?) alle tensioni che
tale riduzionismo provoca in chi contrappone valutazione dei livelli di
apprendimento e differenze di contesto ambientale e sociale.
Ogni tentativo di costruire un assennato sistema di valutazione delle scuole deve perciò misurarsi su tre fronti problematici: in primo luogo sfuggire alla tentazione riduzionista di identificare l’oggetto della valutazione con la “rilevazione dei livelli di apprendimento”, che non può che costituirne solo “una parte”. (Confondere la parte per il tutto è un errore fondamentale nella attività valutativa).
In secondo luogo identificare una sufficientemente significativa declaratoria di “prestazioni” che alla scuola vengono richieste in termini di “attività formative”, servizi alla cittadinanza, “funzioni” svolte all’interno del complesso quadro della “funzionalità sociale” riconosciuta al sistema di istruzione. (La complessità di tali funzioni, ricordata nei paragrafi precedenti)
In terzo luogo (ma in realtà si
tratta di una precondizione “teorica”) misurarsi con l’appropriata
consapevolezza che non tutte le attività connesse con l’espressione di tale
“funzione sociale” sono “misurabili” (E’ questo il senso dei paragrafi di
apertura e dei richiami ad una “teoria della formazione”). Ciò non significa
rinunciare alla “misura”. Anzi. Occorre sottoporre a misura tutto ciò che è
misurabile, per “liberare” il pensiero all’esercizio della ricerca della
“inferenza alla miglior spiegazione” (direbbe H. Putnam), ed evitare invece
il rischio che l’accanimento “misuratorio” prevalga sulla valutazione e la
riduca a sé.
Allargare l’orizzonte della valutazione a tale complessità, e scegliere
all’interno di essa un assennato “repertorio” di ciò che è possibile
valutare significa inoltre definire un esplicito “quadro di valori” posto a
riferimento della valutazione stessa. (Valutare significa “assegnare
valore”).
Tutto ciò pone in primo e
preliminare piano le basi della “politica pubblica” che promuove la
valutazione stessa.
La “declaratoria valoriale” va esplicitata: da essa dipendono le “teorie” e
le “strategie” che informano la politica pubblica, le priorità e gli
obiettivi che persegue, la “selezione” nella destinazione delle risorse, le
politiche del personale ecc.
Anche su questo piano andrebbe sciolta qualche confusione semantica (ma si
tratta di scelte politiche e ciò, come si sa, rende arduo perseguire
l’obiettivo della chiarezza).
Per fare solo qualche esempio:
perseguire l’eccellenza o perseguire l’equità sociale non sono certo
obiettivi alternativi; ma non sono neppure equivalenti: ispirano diverse
scelte strategiche in termini di selezione di priorità e di tempi della
strategia. Mettere semplicemente una congiunzione “e” tra eccellenza ed
equità è sempre possibile, ma a scapito della significatività strategica
dell’affermazione: a risorse limitate occorre scegliere le priorità.
Ancora: valorizzare l’autonomia scolastica entro un modello di “governance”
(governo misto) del sistema di istruzione promuove un protocollo di
valutazione assai diverso rispetto a quello che può si convalida entro
l’ipotesi di miglioramento di un sistema di governo centralizzato.
Potremmo continuare
nell’esemplificazione. Troppe affermazioni si limitano semplicemente a
“tenere insieme” prospettive che, anche se non sono in sé “logicamente”
contraddittorie, lo diventano quando debbano tradursi in scelte strategiche
(per esempio priorità nelle destinazioni delle risorse economiche).
Per meglio dire: ogni strategia pubblica che si misuri con la complessità
del sistema di istruzione, deve esplicitare il mix di valori, assegnando a
ciascuno di essi il “peso” in termini di priorità: si può affermare di
perseguire congiuntamente l’eccellenza e la “promozione sociale allargata”.
Ma occorre assegnare un “peso” alle due indicazioni e su tale base assegnare
“i valori” entro un sistema di valutazione. C’è una sostanziale differenza
tra pronunciare affermazioni difficilmente falsificabili (qualcuno potrebbe
mai ragionevolmente affermare di essere contro l’eccellenza? Anche se, per
la verità, qualcuno è pronto ad affermare l’inutilità della “promozione
sociale allargata”…) e delineare una realistica “politica pubblica”.
Parlando di Sistema Nazionale di
Valutazione e di protocolli che diano sostanza all’impegno fondamentale
della sua assennata (e faticosa) costruzione, si pone come fondamentale il
chiarimento rispetto all’assetto di sistema che si vuole sviluppare e a cui
si accennava in precedenza.
La valutazione entro un sistema di istruzione caratterizzato da un modello
di governance a titolarità plurime e dalla attività di una pluralità di
produttori autonomi (con il loro grado definito di autonomia produttiva) non
può che muovere da una esplicita declaratoria di “prestazioni” che il
soggetto pubblico, cui si riferisce un diritto di cittadinanza di cui è
garante ultimo sia in termini di risorse (destinazione della fiscalità
generale) sia in termini di “valori” che rendono omogenea la “funzione
sociale” del sistema, definisce come “essenziali” per rispondere a tale
diritto in termini “uguali” per tutti i cittadini.
La pluralità dei “produttori finali” del servizio al diritto di
cittadinanza, sulla base dei livelli di autonomia definiti, dovrà essere
valutato, innanzi tutto, sulla base di tale declaratoria di prestazioni
essenziali. Del resto è proprio tale approccio che rende “fisiologica e
necessaria” un’opera attenta di valutazione.
Altro significato può invece
assumere la valutazione se la si interpreta come attività che permea una
“piramide gerarchica” con un decisore che tramite essa vuole rendere più
efficace proprio tale catena di comando.
Vi è il rischio che l’impronta “riduzionista” ricordata più sopra, oltre
che un difetto intrinseco alla scientificità di un protocollo valutativo da
essa caratterizzato, contribuisca (anche non volendolo esplicitamente) a
validare un modello di “monopolio produttivo” messo in capo al decisore
amministrativo. (Con buona pace di oltre un decennio di tentativi di riforma
della Pubblica Amministrazione e di governo della scuola).
Non ci si può nascondere che la
individuazione di una declaratoria di prestazioni essenziali da porre alla
base di un assennato protocollo valutativo delle scuole sia operazione
culturalmente e scientificamente complessa, che deve nutrirsi di ricerca
sul campo, di prove e tentativi, di progressive approssimazioni; come è
altrettanto evidente che a fronte dell’impegno di ricerca che ciò comporta e
dell’urgenza di “varare l’impresa”, non si possa attendere che tutto sia
perfetto.
Se ne ragiona da oltre un decennio a cominciare dalla problematica del
“federalismo” nella scuola e dalla riflessione sui LEP (si rimanda ad una
esplorazione in rete per reperire bibliografia, se non abbondante, certo
significativa).
Ripropongo qui (appendice), a puro
titolo di esempio della complessità del compito di definire una
declaratoria di prestazioni che possa almeno approssimare la complessità
della “funzione sociale” assegnata alla scuola, una “matrice delle
prestazioni”, le cui “celle” possono costituire altrettanti “oggetti” di
valutazione, e dunque “riempirsi” di indicatori, di variabili da misurare ed
apprezzare, di enucleazione di responsabilità nella organizzazione dei
servizi corrispondenti.
In essa si tenta di descrivere la complessa attività di una scuola a partire
da “macro aree” di attività e iscrivendo in ciascuna un repertorio di
prestazioni corrispondenti. Riempire le “celle della matrice è il compito
della ricerca valutativa
La definizione operativa di tale repertorio è impegno e responsabilità di
entrambi i protagonisti della valutazione: il valutatore che deve
esplicitare oggetti, protocolli, valori per rendere attendibile e completa
(per quanto possibile) la valutazione. Il valutato (le scuole) per ragioni
speculari e simmetriche, che attengono alla valorizzazione delle funzioni
complesse che svolgono.
Il vecchio Skinner, pur padre del comportamentismo, diceva “un insegnante
che possa essere sostituito da una macchina…se lo merita”. Parafrasando:”
una scuola che possa essere valutata solo con le rilevazioni degli
apprendimenti… se lo merita.”
Macroaree di servizio |
Nomenclatura singole prestazioni |
Titolari |
Attività per prestazione |
Misura delle prestazioni
|
Protocolli Standard |
Costi standard per LEP |
Impianti fissi |
Spazi adeguati e conformi all’attività di istruzione |
Enti territoriali
Istituzioni scolastiche |
Adeguatezza spazi pro capite |
Superficie e volumetria |
Certificazione |
|
Agibilità |
|
Certificazione |
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Sicurezza |
|
Certificazione |
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|||
Spazi attività ordinaria |
Superficie e volumetria |
|
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Spazi attrezzati sportivi |
Superficie e volumetria |
|
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|||
Attrezzature |
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||||
Laboratori |
Superficie e volumetria |
|
|
|||
Attrezzature |
|
|
||||
Spazi collettivi |
Superficie e volumetria |
|
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|||
Tipologia |
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||||
Cablatura informatica |
Edificio |
Certificazione |
|
|||
Spazi dedicati |
Certificazione |
|
||||
Manutenzione ordinaria |
Ore lavorate |
|
|
|||
Accesso al servizio |
Informazione preventiva e promozionale delle scelte dei cittadini |
Istituzioni scolastiche
Comuni |
Documentazione |
Completezza, significatività |
|
|
Sportello pubblico |
Tempi di apertura |
|
|
|||
Fruibilità del servizio |
Enti territoriali |
Trasporto Pubblico |
|
|
Tariffe |
|
Trasporto Dedicato |
|
|
Tariffe |
|||
Accoglienza e inserimento |
Valutazione di ingresso |
Istituzioni scolastiche |
Valutazione conoscenze |
Ore di lavoro dedicato |
Test apprendimento |
|
Valutazione capacità, attitudini, competenze |
Ore di lavoro dedicato |
Test psicodiagnostica |
|
|||
Profilo individuale |
Ore di lavoro dedicate |
Test di personalità |
|
|||
Informazione diagnostica individuale |
Istituzioni scolastiche |
Documentazione individuale |
Ore di lavoro dedicate |
Scheda diagnostica |
|
|
Organizzazione dei servizi all’utenza |
Progettazione formativa offerta agli utenti |
Istituzioni scolastiche |
Stesura del POF |
Ore di lavoro dedicate |
|
|
Documentazione interna del piano |
Completezza, coerenza, significatività |
|
|
|||
Documentazione esterna del piano |
Format dedicati per interlocutori |
Rendicontazione sociale |
|
|||
Rendicontazione pubblica delle risorse utilizzate |
Istituzioni scolastiche |
Documentazione interna del piano |
Completezza, coerenza, significatività |
Rendicontazione sociale |
|
|
Documentazione esterna del piano |
Format dedicati per interlocutori |
|||||
Assistenza e consulenza agli utenti |
Istituzioni scolastiche |
URP |
Ore dedicate |
|
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|
Sportelli dedicati |
Ore dedicate |
|
||||
Tutoring individuale |
Ore dedicate |
|
Macroaree di servizio |
Nomenclatura singole prestazioni |
Titolari |
Attività per prestazione |
Misura delle prestazioni
|
Protocolli Standard |
Costi standard per LEP |
(continua) |
Misure di diritto allo studio |
Enti territoriali |
Erogazioni economiche |
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|
Erogazione servizi |
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Esenzione spese |
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Insegnamento e apprendimento |
Erogazione Insegnamenti comuni N.B la matrice va espansa per ogni area/disciplina |
Istituzioni scolastiche |
Attività di aula |
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|
Esercitazione laboratorio |
|
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|
|||
Insegnamento invidualizzato |
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|||
Erogazione Insegnamenti complementari |
Istituzioni scolastiche
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Attività di aula |
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Esercitazione laboratorio |
|
|
|
|||
Insegnamento invidualizzato |
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|||
Erogazione insegnamenti opzionali |
Istituzioni scolastiche |
Attività di aula |
|
|
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|
Esercitazione laboratorio |
|
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|||
Erogazione attività formative integrate |
Istituzioni scolastiche
Sistema FP |
Orientamento professionale |
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|
Percorsi formativi integrati |
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|||
Stage lavoro |
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|||
Erogazione insegnamenti ad esito certificabile “esterno” |
Istituzioni scolastiche |
Attività di aula |
|
Certificazioni
|
|
|
Esercitazione laboratorio |
|
|||||
|
Servizi offerti all’apprendimento |
Istituzioni scolastiche |
Biblioteca |
Consistenza giacimenti |
|
|
Ore uso pro capite |
||||||
Spazi multimediali |
Consistenza giacimenti |
|
|
|||
Ore uso pro capite |
||||||
Aule studio |
Ore uso pro capite |
Agibilità e appropriatezza spazi |
|
|||
Documentazione esiti formativi |
Documentazione esiti apprendimento |
Istituzioni scolastiche |
Misura delle conoscenze acquisite |
Uso strumentazione valutativa “oggettiva” |
Schede valutazione |
|
Documentazione competenze |
Istituzioni scolastiche |
Descrizione capacità, attitudini competenze |
Uso strumentazione psicodianostica |
Portfolio competenze |
|
|
Raccordo intersistemico |
Orientamento formativo |
Istituzioni scolastiche Università Sistema FP |
Informazione |
|
|
|
Documentazione |
|
|
|
|||
|
Orientamento professionale |
Istituzioni scolastiche Sistema FP |
Informazione |
|
|
|
Documentazione |
|
|
|
|||
Esperienza stage |
|
|
|