Dalla quarta mi sono arrivati diversi messaggi "privati" questanno.
Una mattina, durante un cambio di ora, mi sono trovato una pagina di quaderno ripiegata nella tasca della giacca e poco dopo una ragazza mi ha consegnato, imbarazzatissima, una lettera.
Quella mattina era successo in una classe che mi ero arrabbiato per una prova scritta andata piuttosto male. Mi sembrava una di quelle "parti" che ogni tanto facciamo, più per noi insegnanti che per i ragazzi - cioè con pochissime speranze di ottenere una qualche considerazione.
Invece la ragazza che mi ha dato la lettera era proprio ferita, si era sentita non capita, non riconosciuta nei suoi problemi, messa nella massa dei banali comportamenti scolastici, leggeri e disinvolti. Lei che sentiva pesantissima la sua vita.
Una parola capire cosa sta dietro a una prova infelice. Magari uninfelicità. Di quelle che certo non centrano con le discipline né con gli insegnanti come improvvisati esperti tuttologi dellanima giovanile, ma centrano molto con la classe, il sapere e lapprendimento (che non si costruiscono senza relazioni significative e coinvolgimento di anime).
La lettera nella tasca veniva invece da unaltra classe, come ho capito poi, ed era una poesia buffa ed affettuosa, i primi versi - entri in classe ogni giorno e quando spieghi dormo, ma ti sogno - strepitosi, secondo me, anche se un po preoccupanti. Ma questa è unaltra storia.
Tuttavia il messaggio che più mi ha colpito lho ricevuto un po di tempo dopo, da un ragazzo. Messaggio segreto per eccellenza, via posta elettronica, così privato da essere oltre la sfera del suono e del tatto. Qualcosa che appare (e scompare) con un clic su un tappetino. Un gioco di occhi monitor occhi. Un gioco di specchi (ogni lettera è inviata prima di tutto a se stessi, ha scritto Alda Merini).
Vi si diceva ancora una volta - quante volte sarà stato detto nel mondo - di una pena amorosa che toglie spazio e tempo, energie per qualunque cosa non sia il pensiero di lei. Sembrava una canzonetta di sanremo, ma come quelle canzonette di cui si parlava in un film di Truffaut, che più sono stupide e più sono vere; mi sembrava il contatto con qualcosa aldilà di ogni valutazione giudizio commento "adulto". Banale nuda vita, fenomenologia dellamore umano quotidiano.
E poi la sorpresa era un messaggio così intimo da un ragazzo. Il contatto, anche nelle gite, in mensa eccetera, era stato su Batistuta, la "coppa", le ragazze, le scarpe da ginnastica con laria dentro: contatti anche affettivi, diciamo, ma sempre con qualche "oggetto dello schermo", per interposta persona (o interposta im-persona). Forse è una caratteristica "del maschile" questo spostamento dellintimo. Forse cè una vergogna culturale o una specie di autentico pudore. Che non esclude, nellassenza di segni, un contatto intenso.
Ma poi lieve, nel senza-tracce che solo lelettronica, arriva una piccola storia dinfelicità amorosa. Preso in giro al mattino dai compagni per lessere stato "mollato", e lui stesso autoironico (ma, ripeto, forse è anche il loro modo di starsi vicini, minimizzare, buttarla sullo scherzo, magari pensando almeno tu ce lhai avuta una storia, perché gli altri due della classe non sono tanto vispi e soffrire damore è sempre amore, molto meglio che stare tranquilli senza), alla fine il coraggio di una ammissione di fragilità, almeno verso un adulto, il mio studente lha trovato - magari di notte, mi piace pensare, per vetero romanticismo probabilmente.
Forse si aspettava delle risposte e dei consigli, ma non ne sono sicuro (io comunque ho provato ad essere come pensavo alla sua età fossero i miei professori: saggio come uno che ha superato tutti i problemi, sa rispondere a tutte le domande, ha "più di quarantanni" insomma; non volevo rischiare di deludere con i soliti adulti in crisi).
Penso però che soprattutto volesse essere ascoltato. Lo sanno anche loro che le risposte non sono facili e vanno nel vento; blowing in the wind, my friend.
Per i maschietti la tenerezza resta una conquista difficile.
Forse è il segno che uno cresce e si rafforza e diventa davvero un uomo (al diavolo i veri uomini che non devono chiedere mai; chissà che scuole hanno fatto, prima della Folgore).
andrea bagni