Direzione didattica di Pavone Canavese

La scuola elementare dall'85 ad oggi:
mutamenti e cambiamenti
L'assetto normativo

di Elena Serventi

 

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La scuola elementare nell'ultimo decennio é stata investita da una serie di innovazioni che hanno trovato nei Programmi del 1985 e nella legge di Riforma del 1990 due fondamentali riferimenti. Infatti, dall'85 ad oggi la scuola primaria ha subito un duplice rinnovamento:

Nel 1987 hanno preso il via i Nuovi Programmi didattici innovazione pedagogica alla quale é seguita, nel 1990 quella istituzionale con la Riforma degli Ordinamenti Legge n. 148/90. Quindi, per la scuola elementare é possibile parlare di mutamenti curricolari (Nuovi Programmi Didattici) e organizzativi (Legge 148/90).

Il DPR n. 104 del 1985 che approvò i Nuovi Programmi Didattici e la Legge 148 del 1990 con la quale venne rinnovato l’ordinamento della scuola elementare costituiscono la giustificazione di carattere giuridico-politico delle nuove proposte educative, didattiche e pedagogiche. Infatti, il potere politico non si limita a governare o ad emanare leggi ma tende ad operare scelte ed interventi di carattere educativo e pedagogico. Diffusa e scontata é la tesi secondo la quale "... senza interventi politici non é possibile impostare un programma educativo; le differenze ed i contrasti cominciano ad insorgere non appena nasce il problema degli obiettivi, dei metodi, delle forze e delle risorse utilizzabili."

Il primo dato essenziale da chiarire é che i Programmi dell’85, come quelli del passato, sono stati imposti agli insegnanti, alle scuole agli allievi che se li sono visti " cadere addosso", forse l’espressione non é bella ma rende molto bene ciò che é avvenuto nella realtà. Sul piano istituzionale é stato prevalente il ruolo dell’esecutivo cioè del governo. Questa tendenza a delegare al potere esecutivo la formulazione di riforme e programmi é qualcosa di molto frequente nella storia della scuola italiana.

La Legge Casati del 1859 che prevedeva l’accentramento amministrativo e l’istruzione elementare " ... a cura e a carico dei comuni, ..... era obbligatoria e gratuita, partiva dai 6 anni d’età ed era articolata in due gradi biennali ( ma l’obbligo riguardava solo il primo), distinti di norma in due classi."fu l’espressione esclusiva dell’esecutivo e il potere legislativo fu coinvolto solo marginalmente. Così avvenne, analogamente, con la Legge Gentile del 1923 con la quale, grazie alla delega del Parlamento, si realizzò la riforma di tutto il sistema scolastico italiano.

La Legge 148/90, invece, é stata il risultato di un lungo dibattito a livello parlamentare dove minimo é stato l’apporto di pedagogisti ed educatori e dove, invece, fondamentale ruolo hanno avuto i partiti politici e le organizzazioni sindacali. Fuori dal Parlamento é mancato un confronto di idee e posizioni.

Indubbio é il ruolo svolto dalla politica e dal diritto rispetto ai fenomeni educativi, tuttavia il rischio é che l’apparato burocratico produca una pedagogia e una didattica a loro volta burocratiche precludendo così la vitalità dell’educazione. A conferma di tutto questo si può dire che la cultura pedagogica contemporanea " .... é costituita solo in minima parte dall’apporto di pedagogisti ed educatori, mentre rilevante é la produzione di organizzazioni sindacali, di partiti politici, di organi amministrativi e politici, dei parlamenti, del potere esecutivo e dello stesso potere giudiziario."

I.1.1 La legge 148/90: innovazioni apportate

La legge di Riforma dell’Ordinamento n.148/90 ha rinnovato gli "abiti" organizzativi della scuola primaria istituendo i moduli, la collegialità il tempo lungo e la programmazione educativa e didattica in rapporto al gruppo docente.

Il disegno innovatore delineato dai Programmi dell’85 avrebbe potuto compiutamente realizzarsi solo dopo la radicale modifica dell’organizzazione della scuola elementare. Ad alcuni membri della commissione alla quale venne affidato il compito di redigere i nuovi Programmi, apparve assai "rischioso ed improduttivo elaborare nuovi programmi per una scuola che non poteva essere quella esistente ma di cui nessuno era in grado di intravedere i futuri tratti essenziali. Costoro sostenitori della necessità di modificare radicalmente la scuola elementare, (...) avevano il fondato sospetto che, una volta elaborati nuovi programmi, questi sarebbero stati affondati in una realtà scolastica sostanzialmente immobile, in grado di metabolizzare tutte le spinte innovative." Pertanto si può affermare che, le proposte metodologiche, didattiche e l’impianto culturale alla base dei programmi didattici del 1985 avrebbero potuto trovare, uso volutamente il condizionale, possibilità di espressione solo dopo il rinnovamento dell’assetto organizzativo della scuola elementare stessa.

La domanda che può essere posta a questo punto é la seguente: quando, come e da chi é stata elaborata la 148. L’iter legislativo della Riforma é stato lunghissimo ed é iniziato qualche mese dopo la promulgazione dei Programmi e precisamente nell’aprile del 1985 quando l’allora Ministro della Pubblica Istruzione Franca Falcucci presentò il disegno di legge n. 2801: Norme sull’ordinamento della scuola elementare. Già la Commissione dei programmi aveva sottolineato la necessità di introdurre più insegnanti per classe ed aumentare parallelamente l’orario scolastico. Infatti, la proposta di legge della Falcucci fu soltanto una delle tante che, a partire dagli anni ’80, prevedevano l’introduzione della pluralità dei docenti mediante "moduli" inizialmente definiti "unità operative" nel disegno di legge dei deputati comunisti Bianchi e Beretta.

Principale caratteristica della proposta della Falcucci fu l’introduzione di una pluralità di insegnanti mantenendo, però, l’unitarietà dell’insegnamento poiché solo a partire dal secondo ciclo, accanto agli insegnanti di classe, si sarebbero introdotti insegnanti specializzati per l’insegnamento e la valorizzazione dell’educazione motoria, musicale e dell’immagine unitamente al docente di lingua straniera. Questo disegno di legge fu duramente contestato dai sindacati confederali ( CGIL scuola; SINASCEL-CISL; UIL scuola), dalle associazioni confederali ( AIMC, Associazione italiana maestri cattolici) e dal partito comunista sostenitore del tempo pieno e non della sua soppressione per recuperare posti sui moduli.

Il disegno di legge venne revisionato e ne risultò un testo di compromesso dove, sotto la spinta della proposta comunista, le "unità operative" vennero modificate in "moduli" di tre o quattro insegnanti tutti contitolari della classe e, dove, al progetto della Falcucci di abolizione del tempo pieno e a quello di Bianchi-Beretta che lo manteneva, si giunse alla prosecuzione del tempo pieno (art. 8 dell’attuale testo di legge) a condizione che vi siano nella scuola le strutture adatte e l’orario di insegnamento non superi le trentadue ore settimanali. Alla Camera il disegno di legge fu approvato a larghissima maggioranza nel maggio del 1989 mentre al Senato l’opposizione fu forte da parte di tutti i gruppi, tranne dei comunisti.

I sindacati confederali e le associazioni professionali del personale scolastico vedevano nella diminuzione del numero di allievi che si stava verificando, conseguente al calo delle nascite, un grave pericolo e una minaccia di perdita di posti di lavoro per molti insegnanti. Qualche dato può aiutare a capire la situazione di quegli anni in cui la diminuzione delle nascite " ....... nella scuola elementare portò in 20 anni alla perdita di 1.717.000 alunni ( 4.964.000 nell’anno 1972-1973; 3.247.000 nel 1988-1989) ....". Solo con l’organizzazione modulare si sarebbero potuti salvare migliaia di posti di lavoro.

Al Senato il cammino della legge non fu facile e svanì dopo poco tempo la possibilità di approvarla rapidamente e senza modifiche. In realtà la legge era appoggiata solo dai sindacati, dalle associazioni degli insegnanti, dal gruppo comunista al Senato e da alcuni settori della DC vicini ai sindacati. Inoltre, iniziarono a svilupparsi alcuni dissensi da parte di genitori ed insegnanti a seguito dell’introduzione, in via sperimentale, dei moduli.( C.M.n. 288/1987 e C.M. n. 143/1988). Al Senato il disegno di legge fu approvato il 21 febbraio del 1990 con alcune modifiche che, tuttavia, non intaccarono la principale innovazione ossia l’organizzazione modulare.

La legge 148/90, varata dal Parlamento italiano dopo anni di discussioni e dibattiti, in sintesi, è stata il risultato del sostegno e dell’impegno dei sindacati confederali, dell’AIMC, del PC e di alcuni settori della DC. Sul piano istituzionale, é stato prevalente il ruolo del legislativo ( Parlamento) anche se, come scrive Tommaso Marradi, uno dei pochi ispettori tecnici che ha criticato la Riforma più che celebrarne i meriti, é mancato un confronto di idee al di fuori del Parlamento "..... la stampa di informazione è generalmente distratta e male informata per quanto riguarda la scuola elementare; le riviste scolastiche riflettono abitualmente le mode del momento. Le rare voci stonate sono state ignorate o emarginate. Solo in Parlamento è avvenuto un ampio e serio confronto, in dibattiti nei quali la partecipazione é stata ridottissima, non più di poche decine di deputati e di senatori, ma gli interventi sono stati di elevata qualità e di grande competenza ......".

Sulle riviste la maggior parte dei commenti ha assunto carattere favorevole ad eccezione di alcuni isolati contributi come quello di De Rosa su "Civiltà cattolica", " ..... la presenza di tre insegnanti per due classi é resa necessaria dall’introduzione dei nuovi programmi della scuola elementare .... Tuttavia, il nostro timore é un altro: che questa molteplicità di insegnanti si rivolga a danno della prima alfabetizzazione culturale, che é lo scopo principale della scuola elementare. .... Il lamento generale degli insegnanti di oggi é che gli alunni, già nelle classi elementari, mancano di attenzione, sono incapaci di concentrarsi e non riescono a esprimersi."Come è evidente i toni appaiono più critici e distaccati che trionfalistici rispetto al carattere innovativo della Legge.

Dopo aver evidenziato le modalità, i tempi e i soggetti legati all’elaborazione della 148 intendo ora realizzare una lettura semplificata della legge, allo scopo di individuare in essa i fondamenti pedagogici, culturali, didattici e metodologici della nuova organizzazione del lavoro nella scuola elementare. Le innovazioni introdotte dalla Legge possono essere schematicamente riassunte nelle seguenti:

A) organizzazione del curricolo per ambiti disciplinari e istituzione del "modulo";

B) istituzione del tempo lungo;

C) programmazione educativa e didattica in rapporto al gruppo docente.

 

A) organizzazione del curricolo per ambiti disciplinari e istituzione del "modulo"

Con la Legge 148 muta la funzione docente e l’organizzazione del lavoro didattico poiché essa sancisce il tramonto di un’organizzazione didattica fondata su di un unico insegnante e segna la nascita del modello organizzativo e didattico modulare prevedendo l’assegnazione di tre insegnanti su due classi quando possibile e di quattro insegnanti su tre classi negli altri casi ( articolo 4). La Legge, di fatto, non specifica secondo quali modalità e tempi tale progetto innovativo può essere realizzato e rinvia ad ulteriori interventi (non legislativi) chiamando in causa direttamente i soggetti periferici quali i Provveditori agli Studi, gli organi collegiali della scuola e i singoli operatori ai quali spetta il compito e la responsabilità di gestire e strutturare a livello locale il nuovo tipo di organizzazione.

B) istituzione del tempo lungo

La legge prevede e prescrive un tempo lungo di 30 ore settimanali più la permanenza del tempo pieno dove é istituito. Su questo punto lo scontro a livello parlamentare é stato molto acceso, infatti, la DC voleva un orario breve (24-27 ore) e antimeridiano al fine di tutelare la funzione educativa delle famiglie; il PC e le sinistre un orario più lungo ( 30- 32 ore) e anche pomeridiano. Inoltre i rappresentanti della DC erano favorevoli alla soppressione del " tempo pieno" anche per recuperare posti sui moduli; il PC e le sinistre il mantenimento e la diffusione del " tempo pieno". Si giunse ad un accordo che prevede, nell’attuale Legge, l’istituzione dell’organizzazione modulare ( articolo 7) e il mantenimento del tempo pieno ( articolo 8).

L’articolo 7 del testo di legge precisa che l’orario destinato alle attività didattiche deve essere di 27 ore settimanali elevabili fino a 30 per l’inserimento della lingua straniera; tale orario va distribuito in cinque o sei giorni e ripartito tra mattino e pomeriggio. L’articolo 8, invece, disciplina i progetti di tempo pieno precisando che " A decorrere dall’anno scolastico 1990-91 potranno realizzarsi, su richiesta delle famiglie, anche per gruppi di alunni di classi diverse, attività di arricchimento e di integrazione degli insegnamenti curricolari" anche se tali progetti di tempo pieno possono essere attivati solo ad alcune specifiche condizioni quali "a) che l’orario complessivo settimanale di attività non superi le trentasette ore, ivi compreso il tempo mensa; b) che vi siano le strutture necessarie e che siano effettivamente funzionanti ; c) che il numero degli alunni interessati non sia inferiore, di norma a venti; d) che la copertura dell’orario sia assicurata per l’intero anno con lo svolgimento, da parte dei docenti contitolari delle classi cui il progetto si riferisce, di tre ore di servizio in aggiunta a quelle per l’orario settimanale di insegnamento (...)". Di fatto tale articolo sancisce, per certi versi, la fine delle esperienze di tempo pieno, che hanno costituito gli antecedenti dell’importante e radicale riforma dell’organizzazione e dell’assetto della scuola elementare determinata dalla legge 148/90. Tuttavia, il riassorbimento del tempo pieno voluto con la 148 non trova un uguale consenso su tutto il territorio geografico, infatti, soprattutto in alcune realtà geografiche (nord) la maggior occupazione femminile rende prevalente la richiesta del tempo pieno rispetto al modulo.

Tra i pedagogisti sostenitori del tempo lungo, Frabboni ha più volte evidenziato i vantaggi della permanenza a scuola nel fatto che il tempo lungo è simile alla quantità di ore in vigore presso gli altri sistemi scolastici europei, inoltre, offre "..... allo scolaro alcuni day off ( pomeriggi a casa, extrascolastici: si auspica tre) da spendere presso le contropartite formative presenti nel territorio: nella rete delle opportunità culturali, sportive e ricreative offerte dall’Ente locale, dall’associazionismo, dal privato sociale ecc." Il tutto, aggiungerei, compiti permettendo poiché é più che accertato, sulla pelle dei bambini, che il proliferare delle figure degli insegnanti ha determinato un parallelo moltiplicarsi delle quotidiane consegne a casa.

 

C) programmazione educativa e didattica in rapporto al gruppo docente.

Le innovazioni introdotte a proposito della programmazione e dell’organizzazione didattica sono riassunte nell’ articolo 5. Infatti, tale articolo pone le basi dell’impianto organizzativo della nuova scuola e dell’attività didattica:

Lo stesso articolo prevede che, per il primo ciclo, "per favorire l’impostazione unitaria e predisciplinare dei programmi, la specifica articolazione del modulo organizzativo (...) è, di norma, tale da consentire una maggiore presenza temporale di un singolo insegnante in ognuna delle classi". L’articolo ipotizza, cioè, per il primo ciclo la presenza dell’insegnante "prevalente" che, con la maggior presenza temporale, dovrebbe garantire l’unitarietà dell’insegnamento e l’impostazione predisciplinare dei programmi. Questa parte della Legge può essere considerato uno " strascico" dell’iniziale disegno di Legge della Falcucci che prevedeva l’introduzione di una pluralità di docenti mantenendo, però, l’unitarietà dell’insegnamento poiché nel primo ciclo si sarebbe mantenuto l’insegnante unico e, solo a partire dal secondo ciclo, si sarebbero introdotti insegnanti specializzati per l’insegnamento e la valorizzazione dell’educazione motoria, musicale e dell’immagine unitamente al docente di lingua straniera. Nella realtà molti collegi docenti hanno optato per un modello di contitolarità paritaria, basato su una distribuzione dell’orario più equilibrata in tutte le classi al fine di evitare la maggiore importanza tradizionalmente attribuita a certe discipline.

Concludendo, vorrei realizzare alcune riflessioni critiche rispetto alle innovazioni introdotte dalla legge. Tra la molteplicità delle variabili in gioco fondamentale ed essenziale é l’impegno degli insegnanti. Infatti, il modulo prima che un orario é una struttura formata da persone, é l’esaltazione del gruppo ma può anche diventare l’oppressione delle singole individualità. Tale organizzazione é stata imposta agli insegnanti in modo "autoritario" e come tale é spesso vissuta nella quotidianità della pratica didattica. Quando una innovazione é imposta e non lasciata alla libera scelta può diventare una forzatura e può portare a disimpegno e disinteresse.