(20.11.2016)
Le reti. Alla ricerca di senso e
fattibilità
di Antonio Valentino
La questione delle reti continua a riscaldare – pare - il mondo della scuola. Si
tratta di passare dagli adempimenti formali (la costituzione delle reti) che
dovrebbero essersi completati il 30 giugno
alle decisioni che dovrebbero rimettere in moto l’intera operazione su
scala nazionale. Ma difficoltà,
interrogativi e dubbi (sulla natura delle reti e il carattere delle adesioni,
sulla consistenza delle risorse e il modello di funzionamento) continuano ad
accendere un dibattito che investe problematiche di vario tipo.
Proviamo a considerare i punti fermi teorici e operativi - della Legge
di riforma
e delle linee guida contenute nella Nota ministeriale del 7 giugno u.s. - per
ricercare il senso dell’intera operazione delle Reti e verificarne la
fattibilità.
In realtà, il senso di tale
operazione sembra ritrovarsi, più
che nella Legge, proprio nella citata Nota
Ministeriale, dove si esplicitano principi e modelli che caratterizzano
l’impianto delle reti.
In principio
ci sono
gli ambiti , previsti nel comma 66
della nuova Legge.
Si tratta, come è ormai noto ai più, di articolazioni regionali - inferiori
per ampiezza alla provincia o alla città metropolitana -
costituiti dal MIUR e
definiti , quanto all’ampiezza, dagli USR .
Sempre la Legge ci dice che tali ambiti
territoriali, sono strutture in
cui è ripartito l'organico
dell'autonomia e che dal 2016-17 la
mobilità territoriale e
professionale del
personale docente
opera
tra gli
ambiti territoriali” (comma 74) e utilizza la modalità della cosiddetta
“chiamata per competenze” affidata alle
scuole.
L’architettura istituzionale del sistema scuola si arricchisce quindi, con
gli ambiti, di un altro livello di
intervento per gestire funzioni
amministrative prima affidate agli UST (che operavano, come è arcinoto,
sulla base delle diverse graduatorie).
Poi
ci sono
le reti di ambito del
comma 70 – sempre della legge di riforma – che sono
promosse
dall’USR e alle quali sono assegnate le finalità: a. di valorizzazione delle
risorse professionali; b. di gestione
comune di funzioni e di
attività amministrative; c. di
realizzazione di progetti o di iniziative - didattiche, educative, sportive o
culturali di interesse territoriale -
da definire sulla
base di
accordi.
Da evidenziare che la funzione di questi accordi è di natura essenzialmente
istruttoria:
individuare criteri e modalità
rispetto alle aree di intervento, ai piani
di formazione, alle risorse … (comma 71 -
Quadro 1).
Dei passaggi dalla fase istruttoria alla fase realizzativa mancano tracce
precise nella Legge, nella quale la preoccupazione principale, anche per la
costituzione e per la vita delle reti, è
che non ci siano oneri
aggiuntivi per la finanza pubblica.
Per la serie: ve la cantate e ve la suonate. Forse non è proprio così, ma la
ripetizione insistente del mantra, nei pochi commi dedicati alla questione,
sembrano legittimare proprio questa lettura.
Gli
accordi
di rete (Quadro 1) |
Individuano: a) i criteri e le modalità Ø per l'utilizzo dei docenti nella rete, (…), anche per insegnamenti opzionali, specialistici, Ø di assistenza e di integrazione sociale delle persone con disabilità, Ø di coordinamento e di progettazione funzionali ai piani triennali dell'offerta formativa di più IS della rete; b) i piani di formazione del personale scolastico; c) le risorse da destinare alla rete per il perseguimento delle proprie finalità; d) le forme e le modalità per la trasparenza e la pubblicità delle decisioni e dei rendiconti delle attività svolte. |
E le reti di scopo? E il modello di funzionamento? E la collocazione delle reti di ambito dentro la governance territoriale del sistema scuola?
Le risposte a queste domande è possibile trovarle invece dentro la già citata Nota Ministeriale del 7 giugno u.s., che, oltre a ribadire alla lettera finalità e compiti delle reti di ambito contenute nella Legge, detta vere e proprie linee guida sull’intera operazione (la nota parla di “indicazioni”).
Di seguito, per punti, gli aspetti che più interessano:
1.
Si specifica che
la rete di ambito non solo
svolge una
funzione rappresentativa e di raccordo delle finalità comuni a tutte
le scuole dell'ambito e assume le decisioni comuni che costituiscono la cornice
entro cui si attuano le azioni della Rete di ambito e delle altre Reti di scopo;
ma che competono ad essa le
relazioni interistituzionali.
Si afferma chiaramente che essa
svolge
funzione
di rappresentanza ed è interlocutrice anche in ambito istituzionale.
Ed è in ragione di tale funzione che si dà una “forma
organizzativa funzionale”.
2. Si recupera il discorso sulle reti del Regolamento dell’Autonomia Scolastica (art. 7) e quindi la nozione delle reti di scopo che si costituiscono spontaneamente tra le scuole per il perseguimento di obiettivi che corrispondono alle priorità individuate per il territorio dell'ambito, e non solo.
3. Si parla esplicitamente di “nuovo modello di governance” e nuovo modello organizzativo “capace di scegliere e di dialogare con tutti gli attori del proprio territorio, …”.
4. Si prospetta una pianificazione pluriennale unitaria della rete di ambito, della cui realizzazione viene informata la Conferenza di servizi di cui al punto seguente.
5.
Quanto
all’impianto organizzativo
Ø
si precisa, rispetto a quanto si legge nel testo legislativo, che organo di
governo nel nuovo modello di governance
è la
Conferenza di servizi. La quale è
formata da tutti i DS delle scuole dell’ambito e viene convocata, almeno due
volte l’anno, dal dirigente scolastico preposto all’
istituzione scolastica capofila della rete di ambito;
Ø
si recupera - anche per le reti di scopo - l’idea della
scuola capofila,
prevista per ciascuna delle aree progettuali individuate, e se ne ridefinisce il
ruolo e la modalità di individuazione.
6. Rispetto infine alle funzioni amministrative:
Ø
si parla di
“nuove
forme di collaborazione tra scuole anche sul piano amministrativo, tese ad una
razionalizzazione e miglioramento della qualità del lavoro e dei servizi resi
…”;
Ø ma si ribadisce anche – fingendo di ignorare la situazione delle nostre scuole - la possibilità che la rete di ambito si faccia carico, avendone le competenze, di funzioni amministrative ora generalmente a carico degli UST, come l'istruttoria sugli atti relativi: a cessazioni dal servizio, a pratiche in materia di contributi e pensioni, a progressioni e ricostruzioni di carriera, a trattamento di fine rapporto del personale della scuola.
Resta ancora da richiamare, prima di prendere in considerazione problemi, dubbi e difficoltà, la Nota ministeriale del Piano Nazionale di Formazione del 15 settembre u. s.. che può forse essere letta come orientamento ministeriale a muoversi secondo le indicazioni delle Linee Guida di giugno e quindi a considerare le Reti di ambito come organi istituzionali di riferimento per la governance territoriale. Essa infatti stabilisce che
Ø I finanziamenti per la formazione vengono erogati per il 60% alle scuole, tramite le loro reti di ambito;
Ø In ogni ambito viene individuata una scuola-polo per la formazione;
Ø La programmazione territoriale della Conferenza di servizi definisce l’impiego delle risorse, per ampliare le opportunità formative a disposizione dei docenti.
Va subito detto che le intenzioni dell’Amministrazione (più che del legislatore), se fossero tradotte in una strategia adeguata e in un percorso attuativo attento e tenace, probabilmente prefigurerebbero un cambiamento tra i più promettenti della nostra scuola. Esse ipotizzano infatti:
Ø una maggiore valorizzazione delle risorse professionali all’intermo delle reti di scopo (anche recuperando risorse orarie attraverso l’organico potenziato), mettendo a frutto esperienze e competenze professionali in team di progettazione e cura nella realizzazione di iniziative di rete,
Ø la messa in comune di esperienze, competenze e professionalità e di laboratori didattici ecc., in una logica collaborativa e solidale
Ø passi in direzione di un’idea di scuola non più vista come monade; ma anche – e conseguentemente – di una cultura professionale non più chiusa in pratiche individualistiche e separate, ancora prevalenti nelle nostre scuole (il nodo più intricato e duro e che più pesa, credo);
Ø un utile avvicinamento della DSR ai bisogni e alle attese delle scuole (che attraverso le reti diventano interlocutrici degli USR) attraverso un nuovo modello di governance i cui le scuole con il loro bisogni abbiano voce in capitolo.
Ovviamente molto dipende, quanto alla consapevolezza della posta in gioco e alle aspettative che la Nota ministeriale indica, da quanto si voglia realmente investire in tale operazione. Per esempio, dando al disegno promettente che sulle reti fa la Nota di giugno un fondamento giuridicamente più solido (una Nota ministeriale che valore ha?). Che dire poi della clausola già richiamata, “senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica”?
E molto dipende anche da come verranno sciolti dubbi e problemi che riguardano ad esempio
• l’autonomia delle scuole e Il ruolo in esse degli OOCC
• le ricadute sui profili degli operatori scolastici e sulla stessa organizzazione del lavoro
• Il possibile trasferimento alle scuole di funzioni amministrative, organizzative, contabili, proprie degli UST, e le sue implicazioni
• i rapporti con gli Uffici Scolastici Territoriali (UST), e con gli Enti locali.
A questo punto è
d’obbligo l’interrogativo: ma è possibile pensare alle ricadute sui profili o a
trasferimenti alle scuole di funzioni amministrative,
senza prevedere una contrattazione sindacale?
Ma soprattutto - e in primo luogo - dipende dalla capacità dell’Amministrazione e dalle Organizzazione che, con funzioni diverse, rappresentano i lavoratori della scuola, di guardare a questa sfida con molto realismo (che non è sinonimo di diffidenza) e con molta attenzione alla situazione che le scuole e, all’interno di esse, i DS vivono. E, ovviamente, col “pensiero lungo”.
L’anno che ci si è lasciati alle spalle ha prodotto ferite non rimarginate, un livello di stress che sta condizionando anche l’inizio di quest’anno scolastico, e anche un disamore diffuso nei confronti di cambiamenti che si fa difficoltà a capire.
Colpa certamente di una gestione confusa e pressappochistica dei processi innovativi previsti e, prima ancora , di una legge scritta con i piedi (anche i commi sulle reti sono spia di una operazione a cui non mancano idee interessanti , tradotte però con una sintassi che rende difficile coglierne il senso).
È perciò dalla fotografia della situazione attuale delle scuole - e dal livello di disorientamento che le attraversa - che dovremmo partire per individuare la strategia giusta e quindi una corretta temporizzazione dell’intero processo innovativo .
1.
In primo luogo
bisognerebbe attrezzarsi per trovare
risposte chiare ai dubbi e agli interrogativi – tra quelli prima richiamati
- che più preoccupano.
È un passaggio fondamentale, penso; richiede cura e disponibilità a capire,da
parte del ministero, che la partita che si sta giocando richiede il concorso di
soggetti che finora si è inteso emarginare. E che se questo non c’è, la partita
è difficile portarla a temine con risultati
apprezzabili.
2. Il passaggio successivo è promuovere consapevolezza - argomentando e aprendosi ad contradditorio costruttivo - del carattere progressivo dell’operazione e della sua fattibilità, con gli strumenti e le garanzie giusti e in tempi distesi .
Ci troviamo di fronte ad un cambiamento di paradigma; a innovazioni che ipotizzano un ridisegno del l’assetto organizzativo del sistema scuola sul territorio, oltre che il tentativo di cambiare pelle alla cultura professionale di docenti e DS. Se la gente non capisce a cosa serve e quali sono i vantaggi che possono derivarne nel modo di fare scuola e nei risultati per sé e per i ragazzi che ci vanno, allora tutto diventa molto complicato.
3. Rendersi i percorsi i più facili possibili, evitando di lasciarsi coinvolgere in operazioni di carattere amministrativo troppo complesse che creerebbero soltanto problemi . Un no netto, quindi, dovrebbe essere opposto ad atti, anche solo di natura istruttoria, che riguardano ricostruzione di carriera et similia.
È difficile inoltre pensare di costruire già da quest’anno un piano triennale delle reti di ambito.
Questo dovrebbe essere probabilmente l ’anno
Ø del chiarirsi le idee e delle esplorazioni e intese tra le scuole;
Ø della messa a punto di accordi da costruire con pazienza e tenacia e della costruzione di una cabina di regia dell’intera operazione;
Ø della individuazione delle collaborazioni possibili e della valorizzazione di esperienze pregresse al riguardo;
Ø
dei primi comuni obiettivi
su cui fare rete e soprattutto
della messa in campo di
azioni concrete e visibili di formazione
di vario tipo, che veda protagonisti, nel lavoro di progettazione e nell’impegno
di realizzazione gli insegnanti più disponibili e attrezzati del territorio.
4. Darsi una struttura solida; che concretamente e prioritariamente potrebbe significare, per quanto riguarda organi e risorse professionali:
la Conferenza di servizi - anche diversamente articolata - come luogo delle scelte e decisioni sulla base di un preliminare lavoro istruttorio;
una attrezzata - e numericamente molto contenuta - cabina di regia, soprattutto di dirigenti, ma non solo;
più team di progettazione e di coordinamento, costituti prevalentemente da docenti (per i quali prevedere, come già si accennava, spazi orari dedicati) per le iniziative a cui si pensa di dare gambe quest’anno;
scuole polo per gestione dei percorsi di formazione, ma anche di iniziative di altro genere;
personale tecnico per supportare amministrativamente quello che si fa.
È forse questa la condizione a cui dedicare più energie e tempo. Che a sua volta richiede che si possa contare su DS, docenti e personale tecnico che dedichino all’impresa una parte non residuale di tempo, energia e intelligenza. Non può cioè trattarsi, per chi è impegnato in questa operazione, di un dopo lavoro. E vanno quindi trovati meccanismi opportuni al riguardo.