Direzione didattica di Pavone Canavese

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a cura di Aluisi Tosolini

Pedrag Matvejevic
Il Mediterraneo e l’Europa. Lezioni al Collège de France
Milano, Garzanti, 1998

 

"Da Oriente a Occidente in ogni punto è divisione".

Questa la dedica con cui il premio Nobel Ivo Andric regalò l’edizione italiana di un suo romanzo a Pedrag Matvejevic.

"Ho spesso pensato - scrive Pedrag Matvejevic - a questa breve massima nel corso dei miei peripli. Più tardi, ho potuto rendermi conto di quanto possa applicarsi al destino della ex Iugoslavia e alle passioni che l’hanno dilaniata" (pag. 27).

 

Il bilancio di un secolo

"Il Mediterraneo e l’Europa." raccoglie i capitoli di una dolente meditazione di Pedrag Matvejevic sull’oggi dell’Europa e del Mediterraneo a partire dalle "passioni" che ne stanno dilaniando l’est.

Matvejevic è uno dei massimi intellettuali ex Iugoslavi, dissidente. Attualmente vive e lavora a Roma, "tra asilo ed esilio", ed in questo volume raccoglie le lezioni tenute nel 1997 al Collège de France sul Mediterraneo: mare che unisce ma, anche, coste, golfi, abitanti che "in ogni punto" rischiano nuove divisioni.

L’attualità del testo, rispetto al famosissimo "Mediterraneo" (Garzanti), è ritrovabile nelle tre sezioni finali della seconda parte:

E’ qui che Matvejevic fa i conti con se stesso, con il mestiere-compito (condanna?) di intellettuale, con i conflitti in atto, con la storia.

Un bilancio abbastanza pessimistico (realistico!):

"Nel bilancio che si impone alla fine del secolo - che coincide con la fine di un millennio all’umanesimo della nostra epoca spetterà una parte più che modesta. Di fronte alle grandi invenzioni scientifiche e tecniche, alle enormi distruzioni umane e materiali, alcune idee e riflessioni che sarebbero state le nostre troveranno tuttavia il loro posto: un nuovo modo di valorizzare differenza e particolarità, un nuovo approccio (più teorico che pratico, ahimè) all’individuo e alle sue identità. Sarà forse questo uno degli obblighi dell’intellighenzia dell’ex Europa dell’Est: mettere in guardia gli altri - basandosi sulle proprie esperienze, spesso disastrose - contro un cattivo uso di alcune di queste acquisizioni" (pag. 97).

Si, perché alcune di quelle acquisizioni, se mal interpretate, possono dar vita a situazioni disastrose. La nostra epoca ha certo il merito, continua Matvejevic, di aver sottolineato il diritto alla differenza, ma occorre ricordare che i "valori non si identificano con la differenza in quanto tale ma sono determinati dai rapporti tra le differenze". E’ qui, e da solo qui, in questo "rapporto tra le differenze," che può nascere una nuova laicità. Una laicità che abbia per oggetto non solo una o più religioni ma che sappia prender posizione anche rispetto ad una concezione religiosa della nazione o a una ideologia divenuta religione (pag 101).

 

Intellettuali, democrazie e senso civico

L’analisi di Matvejevic si fa impietosa e prende corpo in una lunga lista di disillusioni riferite ai paesi dell’est ma in realtà applicabili all’intero mondo "globale" di cui in questi mesi abbiamo sondato i tratti fondamentali:

"Viene proclamata la democrazia senza che però si instauri una società democratica: il più delle volte assistiamo soltanto alla nascita di una democratura:

Esagero appena: mancanza di idee-forza e di punti di riferimento affidabili, assenza di valori stabili o di esempi probanti, fallimento dell’ideologia e sfiducia nei confronti della politica, perdita della fede, religiosa o laica. Incertezze e incongruità ovunque, dispersione o smarrimento. Non è più una semplice crisi della cultura, ma peggio: una crisi di fiducia nella cultura" (pag. 109).

E quindi anche negli uomini e nelle donne di cultura.

E la riflessione che segue tocca non solo l’esistenza di Matvejevic ma ognuno di noi nei suoi rapporti con il mondo, la storia, il compito dell’educazione:

"anche il pensiero o la critica sono in una posizione difficile: si tratta di scegliere tra silenzio e obbedienza, talvolta anche tra rifiuto ed elogio. Chi cerca di liberarsene si ritrova intrappolato tra tradimento e oltraggio: se si critica la propria nazionalità si viene tacciati di tradimento; se si esprimono critiche all’altro si è trattati da calunniatori. Quando la stanchezza ha la meglio e si decide di andarsene, una nuova emigrazione (meno dissidente di quella che l’ha preceduta ma più disincantata) sfugge difficilmente agli ostacoli appena evocati. Anche una posizione tra asilo ed esilio non è priva di inconvenienti: la prima scelta neutralizza i nostri tentativi o li rende inefficaci, la seconda allontana la nostra critica dal suo oggetto o lo elude" (pp.111-112).

Certo Matvejevic parla degli intellettuali dell’est Europa. Come dire: noi non c’entriamo

Ma non è propriamente così:

"... gli intellettuali occidentali si trovano in una posizione analoga: tra un asilo più protetto del nostro, offerto dalle loro rispettive patrie, e un esilio (una marginalizzazione, usando un eufemismo) che li distacca dagli organismi dove si prendono decisioni fondamentali o si formulano progetti".

 

.... del tramonto....

Tramonta sui nostri giorni il sole delle vacanze. Già fervono i preparativi per l’anno scolastico che va ad iniziare.

Come dice il Quoelet: "C’è un tempo per tutte le cose": un tempo per iniziare ed un tempo per chiudere. Chiudiamo dunque il nostro quaderno dei compiti delle vacanze. Qualcosa rimane delle letture e delle sollecitazioni che si sono susseguite su pavonerisorse.

Non so se abbiamo colmano il nostro debito formativo.

Per quanto mi riguarda posso solo dire che le parole di Matvejevic non servono tanto a colmare debiti quanto a ricordare la posta in gioco. Ancora in gioco. E il difficile compito di ognuno di noi, intellettuali chiamati ad essere tali. Uomini e donne di frontiera, di crinale. In bilico, come la famosa "figura" del funambolo di Nietzsche.
In bilico sulla corda lanciata sull’abisso.

... buon inizio d’anno e buon lavoro a tutti.

Ci si rivede nella rubrica educazione interculturale.

Aluisi Tosolini