Direzione didattica di Pavone Canavese

24.08.2005

Privacy, valutazione e portfolio: cosa cambia
di Rodolfo Marchisio


In data 26 luglio 2005 il Garante per la Privacy è intervenuto sul problema della compilazione e dell’aggiornamento del Portfolio, anche a seguito di esposti e segnalazioni provenienti da famiglie di alunni di istituti privati e pubblici di diverse parti d’Italia.
I problemi derivano principalmente dal modello di p. proposto dal MIUR e dalla interpretazione che ne hanno dato alcune scuole: gli istituti che hanno usato la consueta attenzione ed il consueto rispetto nel trattamento delle informazioni su persone e/o hanno agito in analogia con le norme sull’uso di dati sensibili previsto dal documento scolastico sulla PUA non rimarranno sconvolte.

Il Garante giustamente si pronuncia solo sulla valutazione come intesa dalla Riforma e sul Portfolio, come "unico contesto" in cui, secondo la Riforma, si attua la valutazione. Non si pronuncia sulle prassi di valutazione attuali, né tanto meno sulla funzione del docente, ma questa sentenza ha comunque ripercussioni su tutta la valutazione, per quanto riguarda la raccolta e l’utilizzo di dati sensibili. Proviamo allora a fare insieme una lettura commentata della pronuncia ed a tirare alcune conclusioni.

Per le parti non riportate integralmente rimandiamo al documento originale.

1. Premessa.

2. Le principali questioni

Le problematiche rappresentate al Garante riguardano la liceita' e la correttezza del trattamento dei dati personali confluenti nel Portfolio, relativi al percorso scolastico e alla vita privata e sociale degli alunni. Non e' previsto, a livello nazionale, un modello tipo di Portfolio sul piano della forma e dei contenuti in dettaglio del documento. Cio' determina la proliferazione di documenti molto diversi da scuola a scuola, come dimostrano alcuni modelli gia' esaminati dal Garante, nei quali e' richiesto l'inserimento di tipologie di dati personali assai differenti (o e' possibile inserirli o chiedere il loro inserimento) e nei quali l'alunno puo' illustrare rapporti interpersonali di natura privata e vicende familiari. Dalle risposte fornite ad alcune delle domande proposte nei modelli esaminati (quali, ad esempio, l'indicazione dell'utilizzo della lingua madre solo nel paese di origine, la motivazione alla base di un trasferimento, anche di nazione, del bambino, la descrizione di particolari vicende che hanno caratterizzato il periodo post-natale), possono evincersi informazioni particolarmente delicate come lo stato di adozione di un minore, nei confronti delle quali l'ordinamento impone precise cautele (legge 4 maggio 1983, n. 184, in particolare articolo 28). In alcuni casi, sono richieste informazioni relative al profilo psicologico dell'alunno (descrizione di paure o disagi del minore), al suo stato di salute (notizie su particolari patologie sofferte, eventuali ricoveri ospedalieri), al suo credo religioso, all'ambiente sociale di estrazione (acquisizione di informazioni sui suoi familiari) e ad altri delicati aspetti della sfera privata e a quella di natura strettamente familiare. La diversita' dei modelli di Portfolio agevola, quindi, una piu' ampia annotazione di informazioni sensibili (che il Codice individua nei dati personali idonei a rivelare l'origine razziale ed etnica, le convinzioni religiose, filosofiche o di altro genere, le opinioni politiche, l'adesione a partiti, sindacati, associazioni od organizzazioni a carattere religioso, filosofico, politico o sindacale, nonche' i dati personali idonei a rivelare lo stato di salute e la vita sessuale: art. 4, comma 1, lettera d), del Codice). (segue)

Il Garante indica poi, riferendosi al portfolio – Riforma ed in modo un po’ burocratico, i principi cui attenersi per il trattamento dei dati:

  1. finalità: solo dati finalizzati al raggiungimento degli obiettivi istituzionali (anche se lui dice "agli obiettivi della Riforma")
  2. necessità: i dati strettamente necessari e possibilmente in forma anonima
  3. proporzionalità: dati pertinenti e non eccedenti
  4. indispensabilità: solo se realmente indispensabili

Osservazioni

1- La mancanza di un modello a livello nazionale, la incapacità del MIUR di prevedere le conseguenze della Riforma (i 18 mesi che il Ministro si era preso per capire le conseguenze della sua riforma sono scaduti), ma anche l’ottica della autonomia e la necessità metodologica che le scuole si "costruiscano il loro p." hanno favorito il proliferare di centomila p. diversi.

2- Alcuni sono "scivolati" sulla richiesta e sulla registrazione di dati psicologici, personali, famigliari, che, se possono far parte del "lavoro del docente" in quanto informazioni utili per comprendere la situazione del ragazzo e lavorare dal punto di vista formativo, non devono comparire in un documento pubblico che può essere trasmesso ad altri.

Non a caso insistevamo nel dossier sulla necessità di:

a) non accettare che la riorganizzazione della valutazione si fermasse al p. Moratti
b) non pensare ad uno strumento unico, ma a diversi strumenti, utili a diversi scopi
c) non pensare al p. come ad uno strumento, ma come ad un diverso modo di lavorare sulla valutazione
b) distinguere, nella valutazione e nel p. fra quanto è di uso interno (solo fra docenti, coi ragazzi, coi genitori) e quanto può essere trasmesso ad altro ordine di scuola.

3- Il problema è infatti strettamente legato:
a) al modello parziale e confuso di p. (e di valutazione, perché nei documenti della Riforma il problema della valutazione si esaurisce nel p.) della Moratti, su cui giustamente il Garante si pronuncia, bacchettando un po’ il MIUR, smontando un po’ il suo modello e le interpretazioni selvagge di alcune scuole.
b) alle finalità prevalentemente di valutazione e orientative indicate dai documenti delle Riforma (lasciando un po’ in ombra l’utilità della autovalutazione, del p. usato in modo formativo…)
c) al modello sbagliato di dossier "a vita" che la Riforma suggerisce.

La pronuncia ha comunque conseguenze giuridiche sul trattamento dei dati in tutte le operazioni di valutazione, anche quelle che non hanno a che fare col p. e anche per le scuole che NON lo hanno adottato, perché richiama semplicemente al rispetto delle legge.

4- Il modello di cui si parla è una sorta di dossier onnicomprensivo: di qui l’errore di inserirvi TUTTE le informazioni, che sinora erano gestite in modi diversi e con strumenti diversi.
Nelle passate ed attuali schede finali, documento ufficiale e pubblico, a parte i dati anagrafici, non si parlava di TUTTO quanto sappiamo del ragazzo, ma degli aspetti didattici – giudizi sintetici- e formativi – giudizi globali.

5- Anche prima abbiamo sempre lavorato distinguendo fra quanto i docenti, professionisti che lavorano con persone, possono sapere di quelle persone (essendo vincolate al segreto professionale) da quanto viene reso pubblico tramite il portfolio o altro strumento.

Rimangono alcuni interrogativi

Quando ci informiamo sui ragazzi e sui loro problemi, sulle famiglie, sulle loro problematiche, quando dialoghiamo con servizi sociali, psicologi, educatori… per capire e concordare interventi formativi, in certi casi "senza avvertire le famiglie" perché il nostro lavoro ci insegna che a volte è dalle famiglie che deriva una parte del disagio, stiamo trattando dati sensibili e stiamo violando la privacy? Quando annotiamo che il ragazzo ha/ non ha problemi relazionali coi compagni, che va d’accordo con gli insegnanti?

Il Garante osserva che

Non sono perseguibili( nella compilazione del Portfolio nda) ulteriori finalita' attinenti, ad esempio, all'individuazione del profilo psicologico degli alunni o alla raccolta di informazioni sul loro ambiente sociale e culturale di provenienza.

Un'altra indicazione della norma è il dovere di informare gli interessati se si trattano dati sensibili riferiti a loro.

E allora?

1- Il punto di partenza credo sia quello di distinguere fra:

  1. la prassi del nostro lavoro docente (di cui la valutazione fa parte)
  2. Il processo di valutazione nel suo complesso e nelle sua finalità formative e di verifica del lavoro comune (come riconosciuto anche dalla Riforma)
  3. La compilazione e l’utilizzo del p. e di altri strumenti di valutazione
  4. Soprattutto fra p. della Riforma, altri modelli di portfolio e valutazione

Ricordandoci che noi dovremmo essere (e dovremmo comportarci da) professionisti della formazione (compito principale della scuola anche con la Riforma), che forniscono un servizio pubblico (il garante giustamente indica 2 prassi diverse, a scuole private e scuole pubbliche) e che lavorano con/per persone, con compiti formativi, di crescita (usando a questo fine anche la valutazione e la autovalutazione).
E che lavoriamo, in analogia con la famiglia delle professioni che lavorano con persone, ma con nostre specificità (di giudizio, ad es.), dovendo fare una analisi ("anamnesi") delle situazioni , anche personali, delle diagnosi ed indicare e percorrere, collegialmente fra noi ed in collaborazione con il nostro utente primario (il ragazzo) e con il nostro utente secondario (le famiglie) delle strade di formazione, cioè di crescita e cambiamento.

Tutto ciò presuppone la raccolta, da diverse fonti, di informazioni e la collaborazione con una pluralità di operatori e soggetti.

Ovviamente queste informazioni possono/debbono essere condivise con gli interessati e con le professionalità coinvolte (tenute al segreto professionale). La registrazione (ove necessaria) di questi dati deve comunque avvenire nelle forme utili e che rispettino la privacy: per il tempo e nei modi strettamente necessari.

Una caratteristica della nostra professione è quella di essere (e di dover continuare ad essere) collegiale. Senza delegare al tutor ("responsabile del trattamento dei dati") a cui pensa semplicisticamente la Moratti e a cui si riferisce il Garante, abituato ad individuare un responsabile per ufficio.

 

Le prescrizioni del Garante

Alle scuole:

1- Nel predisporre il p. evitare di raccogliere dati che non siano strettamente indispensabili ed evitare di scriverci informazioni personali, famigliari ecc..

2- Informare gli interessati (o i genitori) su quali dati, perché e in che modo saranno trattati e conservati

3- Per inserire dati sensibili. Le scuole private devono anche richiedere il consenso prima; quelle pubbliche devono approvare e rendere pubblico un documento in cui spiegano quali dati, perché e come verranno usati.

4- Garantire la sicurezza nella conservazione e nel trattamento

5- Garantire il diritto agli interessati a chiedere la cancellazione, la rettifica ecc…

6- Conservare i dati per il tempo strettamente necessario e consegnare all’interessato il p. così trattato, nel passaggio fra scuole

Al MIUR:

Emanare disposizioni uniche in materia sul territorio nazionale. In arrivo.

Tornando all’inizio:
a) era sufficiente usare professionalità, buon senso e quella attenzione che deriva dal rispetto delle persone
b) ed applicare, per analogia, le norme e le procedure già deliberate per la PUA (Politica di Uso Accettabile e corretto delle TIC) e valide per tutta la PPAA.

Ma il MIUR non ci ha pensato e alcuni si sono fatti prendere la mano….

.torna indietro