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(2.3.2001)

A 10 anni da WordProf: ore di Internet e filosofia della "materia"! - di Marco Guastavigna

    Nel 1991 l'ITD del CNR di Genova rilasciava "WordProf", programma di videoscrittura esplicitamente orientato alla didattica dell'italiano, primo significativo esempio nel nostro Paese di ambiente di lavoro tecnologicamente avanzato pensato e realizzato come luogo di acquisizione di competenze significative da un punto di vista formativo generale - nella fattispecie relative alla scrittura.

    Da pochi giorni i gruppi di lavoro della Commissione di studio per il programma di riordino dei cicli di istruzione hanno a loro volta rilasciato la propria sintesi aggiornata "Verso i nuovi curricoli", documento di orientamento della riforma sul piano culturale e pedagogico; successivamente il MPI ha formalizzato questo lavoro nello schema di decreto  di regolamento che, come richiesto dalla legge, definisce la quota oraria degli ambiti e delle discipline nella scuola di base e, in allegato, come parte integrante del decreto, negli indirizzi per la attuazione del curricolo stesso, la cui elaborazione finale sarà, in coerenza con i principi fondati dell'autonomia, compito di ciascuna unità scolastica mediante il suo POF.

    Il percorso educativo della scuola di base, unitario e articolato, prevede in generale il graduale passaggio dagli ambiti disciplinari alle singole discipline; chi non ne conoscesse gli aspetti strutturali essenziali, può attivare una sintetica tabella,  in cui sono anche evidenziati i riferimenti diretti alla tecnologia, dal momento che la mia attenzione va in particolare alle Tecnologie dell'informazione e della comunicazione al servizio dell'acquisizione di competenze significative da un punto di vista formativo generale (il modello di WordProf) e che scopo di questo contributo è riportare al lettore i risultati (assai sconsolati) della mia analisi secondo tale chiave di lettura.

    Prima di entrare nel merito delle parti dei documenti citati che affrontano direttamente la questione "tecnologia", alcune osservazioni sul rapporto tra TIC e ambiti/discipline delineato dall'insieme del lavoro ministeriale:

    1. I riferimenti all'impiego delle TIC nel biennio iniziale sono totalmente sporadici e generici ("esperienze di lettura con testi multimediali e audiovisivi", "accostarsi all’uso attivo delle tecnologie audiovisive e informatiche" e così via),  e danno francamente l'impressione che nessuno ci abbia pensato in modo davvero sistematico e che la questione sia stata rimandata - nel tempo o alle singole scuole?
    2. La riflessione sugli apprendimenti linguistici negli anni successivi, per quello che riguarda sia l'italiano sia la lingua straniera, fa in qualche misura riferimento alla dimensione multimediale della comunicazione: manca però una vera riflessione su questioni come le strategie di lettura più utili per capire  iperTesti e/o pagine Web, la produzione di materiali linguistici iperTestuali e /o destinati a Internet, le implicazioni operative e cognitive dell'impiego delle tecnologie e dei supporti digitali come strumenti di elaborazione e così via. È insomma del tutto assente il dibattito che da anni ha animato e anima le scuole.
    3. La trattazione sulla matematica non sa andare oltre un veloce riferimento al foglio elettronico. Anche qui sembra che gli siano passati anni e si siano accumulate le esperienze didattiche per nulla!
    4. Nell'ambito artistico il cd-rom  in un passaggio viene messo sullo stesso piano di immagini fotografiche, poster e altri oggetti comunicativi quale oggetto da osservare e in un altro viene invece indicato come tecnologia da conoscere, differenziandolo per esempio dagli ipertesti - i lettori sanno che il cd-rom è un supporto e che come tale può contenere testi, immagini, filmati, materiali audio ipertesti (a loro volta costituiti di testi, immagini, filmati ecc.) e ogni altro tipo di dato digitale: ben capiscono quindi come ambedue  i riferimenti siano in realtà privi di un vero significato!
   5. Imprecisione e approssimazione caratterizzano del resto un po' tutta l'elaborazione  in ordine alle TIC dei vari gruppi della commissione, che utilizzano con grande disinvoltura e in modo quasi equivalente una ampia varietà di espressioni, come informatico, multimediale, ipertestuale, digitale, elettronico, "nuove tecnologie" ecc., senza mai precisarne differenze concettuali e differenti implicazioni comunicative, cognitive, pedagogiche. Allo stesso modo sono presenti costrutti come "contesto multimediale" e documentare "in forma multimediale" la cui definizione è lasciata a un implicito condiviso con il lettore, scelta che a me sembra almeno  discutibile, se non addirittura testimonianza di limitata competenza in proposito da parte di chi li utilizza.

   Il rapporto tra TIC e percorso formativo è poi affrontato in modo diretto nei documenti ministeriali specificamente dedicati alla tecnologia, dove si colgono fino in fondo limitatezza del dibattito, debolezza epistemologica e scarsa capacità di proposta in merito. 

    In primo luogo ritengo molto ingenua - non solo nella futuribile scuola di base, ma anche nella delineanda secondaria- la fiducia in un insegnamento disciplinare delle TIC (direi meglio nella possibilità di disciplinarizzare l'insegnamento delle TIC) in  cui il ragionamento complessivo nella sostanza si risolve.
    La "digitalizzazione" della conoscenza e delle attività umane sono in continua evoluzione: estensione delle applicazioni; riduzione dei prezzi e politiche tariffarie; progressi dei "dispositivi", dell'ingegnerizzazione delle attività, degli studi sull'interfaccia di comunicazione macchina - uomo e viceversa; e-books; banda larga, tariffe "piane" e diversa integrazione tra risorse "locali" e di rete; progressiva integrazione delle connessioni via cavo con quelle wireless, in particolare con la telefonia cellulare; crescita esponenziale della diffusione dell'opensource; attenzione all'accessibilità all'informazione da parte di tutti i cittadini. 
   
Insomma, è sempre più evidente che tali continue modificazioni del profilo infrastratturale, comunicativo e socioculturale delle TIC rendono impensabile mirare a consolidare abilità operative e procedurali perennemente efficaci e rendono invece necessari lo sviluppo e la diffusione di una "mentalità tecnologica diffusa e precoce", intesa:
   
a. innanzitutto, come "alfabetizzazione al senso", all'utilizzabilità in contesti dati e per scopi definiti delle TIC;
   
b. come acquisizione via via più consapevole di strategie ergonomicamente efficaci per il dominio di una macchina complessa, ad alto tasso di interattività e trasformabilita di stato e di funzione, che impiega e genera oggetti immateriali mediante un'interfaccia iconica.

    Tutto ciò avrebbe bisogno di profili professionali e di percorsi formativi integrati e dinamici, che mal si conciliano con l'idea di "disciplina" (e di cattedra, di classe di concorso, di associazione di settore) e con le conseguenti rigidità culturali e organizzative, la prima delle quali è ovviamente la scansione oraria. Ben lungi dal "garantire" a tutti un accesso consapevole e critico alle TIC, una loro riduzione a "materia scolastica" ne significherebbe l'immediata mummificazione, senza autentico riscontro con l'evoluzione socio-culturale. 
    
    Le TIC sono ambienti di lavoro utili per facilitare o amplificare il  successo formativo e come tali avrebbero dovuto essere pensate in misura ben più ampia e articolata di quanto sia stato fatto nell'insieme dei ragionamenti su ambiti e discipline; si è invece preferito, sembrerebbe, limitarsi a pochi accenni e rifugiarsi nella delega al gruppo di lavoro sull'aggregazione tecnologica, che si è poi con ogni evidenza misurato soprattutto con l'esistenza nella attuale scuola media di un insegnamento a nome Educazione tecnica

    Comunque, qualora fosse attuabile la "filosofia della materia" articolata in ore di TIC (e quindi ore di Internet, ore di posta elettronica, ore di motori di ricerca, ore di videoscrittura e così via...) su cui si orienta il gruppo di lavoro, sarebbero state necessarie basi culturali un po' più solide di quelle enunciate:

   1. È del tutto insufficiente, in ordine alle TIC, il riferimento a "quelle competenze che la società contemporanea considera indispensabili" senza una loro autentica definizione e ampia declinazione, perché di conseguenza non è chiara la distinzione tra cittadinanza e inserimento nel mercato del lavoro: c'è sotteso il rischio - equivoco del riferimento univoco all'ECDL, che si articola sull'Office Automation.
    2. È errata la contrapposizione tra "oggetti materiali" e "oggetti informatici": in quale categoria si collocano i dispositivi hardware?
    3. Non è chiaro cosa voglia  dire l'indicazione di attività come "montaggio e smontaggio di semplici oggetti (reali o virtuali) per rilevarne le caratteristiche strutturali e funzionali": si tratta forse di mettere le mani sui codici sorgenti dei software?
    4. Non ha senso (o è estremamente generico) proporre la "ricerca, raccolta e selezione di informazioni con l’uso di strumenti informatici e telematici" o "l'impiego di strumenti informatici per presentare elaborati, documenti e prodotti" o ancora "l'uso di forme elementari di comunicazione interattiva con supporti telematici" senza collocare queste attività con le TIC in un contesto e legarle a uno scopo definito; in questi termini le TIC, lungi dal "rapportare lo studente al mondo esterno sul piano del saper fare" divengono oggetto di apprendimento autoreferente;
    5. Mi sfugge il significato di un'attività come "Descrivere e rappresentare elementi del mondo artificiale cogliendone le differenze per forma, materiali e funzioni" nel mondo digitale.
    6. Davvero si pensa che ci sia simmetria logica tra il distributore di caramelle (macchina monofunzionale) e il computer (macchina polifunzionale)?

    Potrei proseguire, ma preferisco ribadire un bisogno a cui ho già accennato: la necessità di precisione terminologica
    Non è nominalismo o iniziatico snobismo. Facciamo l'esempio dell'aggettivo "informatico/a". È del tutto corretto impiegarlo per definire l'attività di chi "costruisce" gli strumenti di lavoro, ovvero di chi ingegnerizza e modellizza campi di conoscenza e d'azione e li traduce in ambienti tecnologici complessi.  È del tutto improprio invece impiegarla per caratterizzare l'attività di chi utilizza le TIC, dove sono in gioco un progressivo e sempre più raffinato riconoscimento di sistemi di rappresentazione di tipo grafico-simbolico da una parte, e  la dematerializzazione e la conseguente flessibilità dei prodotti e anche delle procedure dell'elaborazione mentale dall'altra. Insomma, (sembra un gioco di parole) il digitale produce l'analogico e (sembra una magia) dal pensiero algoritmico hanno origine ambienti ad altissimo tasso di plasticità operativa e serendipità cognitiva. 
   
Per fare in modo che la scuola utilizzi tutto ciò in modo efficace la strada è davvero ancora molto lunga. E pensare che il vecchio WordProf l'aveva indicata con grande chiarezza!

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