vai alla home page Direzione didattica di Pavone Canavese

(01.10.2002)
Syllabux? No, grazie!
- di Marco Guastavigna

Il 21 settembre 2002 a villa Gualino, a Torino, si è svolto il seminario "SoftwareLibero@Scuola", a cura dell'ITIS Peano, di D-schola,del CSP e  dell'Associazione GNUG. Tutti i partecipanti hanno ricevuto una copia su CD di Knoppix 3.1 - Linux e raccolta di software GNU/linux - un vero gioiellino, perché dà l'opportunità di esplorare una versione a interfaccia grafica, altamente intuitiva, del sistema operativo simbolo del sofware libero e dell'Open source, senza doverla installare su disco rigido. Può anche essere scaricato da Internet.

Il seminario ha affrontato e approfondito gli aspetti tecnici e soprattutto ideali e didattici che invitano a sostituire a scuola il software proprietario con materiali liberi e open source. 
Sperando di non far torto a nessuno, riassumo schematicamente tali ragioni (chi fosse interessato a approfondire può ricorrere al sito del prof. Di Cosmo  o alla produzione di Antonio Bernardi, e/o leggere il recentissimo testo di M. Berra e A.R. Meo, "Informatica Solidale"):
- condivisione dei codici sorgenti, che invece nel software commerciale tradizionale sono "proprietari" e difesi;
- possibilità di modificare il software;
- possibilità di riproduzione e di copia senza limiti;
- prezzi contenuti;
- possibilità di riutilizzare (con però interfaccia a carattere, a comandi) hardware considerato obsoleto in riferimento a altri sistemi operativi.

Ho firmato a suo tempo  la lettera aperta sulla "Soggezione dello Stato italiano alla Microsoft" e ora non posso non condividere l'idea che l'accesso ai codici sorgenti permetta percorsi di studio professionalizzante (scuola superiore e università, quindi) un apprendimento più approfondito e consapevole e induca a un atteggiamento critico e antidogmatico, fondato sulla verifica diretta o quella che l'uso di software a prezzi contenuti riduca le possibili discriminazioni conseguenti ai costi di mercato delle TIC o ancora che la libertà di copia dei materiali digitali e documentali sia garanzia di una migliore e più ampia circolazione e costruzione della conoscenza intesa come diritto di tutti; insomma è evidente che l'uso di software libero e di risorse open source va nella direzione di una maggiore democrazia.

Non mi convincono affatto però tre altri capisaldi più volte ripetuti nel dibattito citato, che ben rappresentano le colonne portanti dell'intero ragionamento e che si riflettono sulle proposte didattiche dei più accesi sostenitori di Linux a scuola:
- gli sviluppatori ("intelligenti") sono fortemente contrapposti agli utenti ("stupidi");
- quindi tutti devono diventare, almeno potenzialmente, sviluppatori;
- la scuola perciò deve, e il più precocemente possibile, insegnare soprattutto a programmare.

Se si accetta il primo punto, il tutto è perfettamente coerente. Credo invece che si tratti di una visione riduttiva e ancora una volta del tutto "tecnocentrica", che non si fonda cioè su alcuna vera riflessione sulle potenzialità  cognitive e pedagogiche complessive delle tecnologie digitali, ma sin interroga esclusivamente su quali siano gli spazi per un (più) corretto insegnamento delle TIC in quanto tali a scuola.

La scuola, la scuola pubblica, è il luogo dove costruire il senso formativo e culturale dell'uso delle tecnologie dell'informazione e della comunicazione e dove garantire questo diritto a tutti: non è certo riducibile a una più o meno costosa e attrezzata palestra dove addestrare a utilizzare le TIC astrattamente e senza un contesto operativo e progettuale di riferimento.

I tre punti sinteticamente sopra richiamati confondono invece il funzionamento tecnico delle TIC con la loro funzione socioculturale. Non vi è nulla di male a essere un semplice utente delle TIC se queste funzionano bene e se si è consapevoli dei propri bisogni, dei propri obiettivi, delle proprie risorse e della funzione che le TIC possono assumere nel contesto di studio, di ricerca, di lavoro, di intrattenimento, di relazioni umane, a cui si è interessati.
A questo soggetto, anzi, come il PC funziona per lui, cosa gli rappresenta, interessa certo molto di più di come funzioni al suo interno.

Non mi convince nemmeno l'affermazione che, in assenza di tale conoscenza del funzionamento interno, all'utente consapevole manchi qualcosa, che in questi casi cioè si determini per forza di cose un meccanismo di apprendimento meccanico: senza conoscere la logica interna dell'hardware e del software, si creerebbe una dipendenza dell'utilizzatore dall'interfaccia e quindi egli sarebbe solo apparentemente autonomo. Bene: io credo che ciò non dipenda dalla scelta del sistema operativo e degli applicativi (per dirla con i tecnocentrici), ovvero dell'interfaccia generale e dei singoli ambienti di lavoro (per dirla invece e meglio in termini ergonomici e cognitivi, quelli che davvero interessano tutti coloro che si occupano di formazione), ma piuttosto dallo "stile" con cui viene impostata la formazione di chi si accosta al PC. Ormai tutti i sistemi operativi evoluti adottano un'interfaccia di tipo analogico (uso il termine nel suo significato ampio, "essere-come-se". e non in quello settoriale che lo contrappone a "digitale"), che si basa sulla capacità dell'utente di attribuire significato ai simboli che trova e che analizza. A produrre dipendenza dalla posizione dell'icona, della barra, della finestra e così via sono i fin troppo frequenti percorsi di formazione centrati sulla macchina, e questo qualunque siano e siano state le scelte relative al software. A produrre autonomia possono essere invece accostamenti al problema e percorsi di formazione centrati sulla relazione logica tra soggetto-macchina, che insiste sugli aspetti strutturali e sulle interazioni cognitive che sono trasversali a tutti i sistemi operativi e a tutti gli applicativi,  ovvero a tutte le interfacce generali e a tutti gli ambienti di lavoro.

Benvenuto, quindi software libero e opensource, ma a partire dalle esigenze di formazione generale. Quindi impariamo pure anche a programmare, ma non limitiamoci a questo e non obblighiamo nessuno a farlo.

Licenza Creative Commons
Questo articolo è pubblicato sotto Licenza Creative Commons.