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Precariato e dintorni - a cura di Paolo Fasce

(26.07.2012)

Pre test TFA facili, difficili o congrui alla bisogna ?
di Paolo Fasce

Il tema del TFA è al centro dell'attenzione mediatica, specie quella dei portali che si occupano di scuola, per il semplice motivo che una grande quantità di partecipanti si infrange di fronte alle procedure di selezione iniziale e, con argomenti buoni e meno buoni, molti esclusi se ne lamentano.
Occorre tuttavia ricordare il fatto che il numero complessivo di posti messi a bando appare complessivamente esagerata rispetto alle prospettive di assorbimento dei vincitori nel mondo del lavoro e c'è da aspettarsi che, una volta abilitati, quando il loro numero sarà elettoralisticamente interessante, senza ombra di dubbio entreranno nelle GaE, anche se non è dato sapere in quale fantasiosa fascia.
Occorre anche ricordare il fatto che i partecipanti alle selezioni del pre-test per l'accesso ai TFA sono, a volte, in numero anche venti volte superiore ai posti disponibili.
È, infine, necessario ricordare il fatto che il blocco delle procedure di abilitazione degli ultimi anni ha generato un numero di aspiranti significativo.
Sarebbe onesto e trasparente che il MIUR pubblicasse l'istogramma delle età dei partecipanti e, per completezza di informazione, l'istogramma delle età di coloro che hanno passato e passeranno il pre-test (per farlo occorre scrivere una query che interroghi la base di dati in mano a CINECA). Più oneroso, perché sarà necessario richiedere alle Università di compilare apposite form predisposte da CINECA stesso, ma assai interessante, sarebbe anche conoscere l'istogramma delle età dei vincitori.
Sul fronte dei numeri e della selezione, a titolo di esempio, il Politecnico di Milano ha bandito 40 posti per la classe di concorso A033 (“Educazione tecnica” secondo la vecchia terminologia) e i partecipanti sono stati quasi 800. Che in questa fase vengano potati 200 o 700 candidati poco importa da un punto di vista astratto perché sempre 40, alla fine, saranno i vincitori. Diverso è il caso in cui il numero di “sopravvissuti” sia inferiore a quello dei posti messi a bando. Nelle otto Università nelle quali nella classe di concorso A036 (pedagogia e filosofia) nessuno è risultato ammesso, semplicemente non si attiveranno i corsi, ma in quelle nelle quali i vincitori saranno inferiori al numero previsto, ci sono rischi di sostenibilità economica da parte delle università medesime.
Il vincolo posto (21/30) appare ottocentesco perché richiede ai partecipanti un supposto merito di 7/10 che esteticamente è una valutazione evocativa di qualità, ma da un punto di vista docimologico-statistico non ha alcun senso. Qualunque insegnante, come qualunque studente, sa che 7 può emergere da domande facili o da domande difficili e quindi il voto “7”, senza le informazioni al contorno, è senza significato.
Occorre avere poi chiaro il fatto che su una stessa classe di concorso insistono diversi titoli di laurea e, conseguentemente, diversi percorsi culturali, ciascuno dei quali ha focalizzato l'attenzione su tematiche diverse, ma che si trovano tutte a concorrere sullo stesso terreno. Si può quindi costruire un test sull'A033, sull'A036, sull'A049... che sia “facile” per un laureato in architettura e “difficile” per un laureato in ingegneria elettronica.

Qualsiasi prova manifesta problemi di overfitting, spesso determinato dalle idee, più o meno legittime, degli estensori della prova. La metodologia adottata per la selezione dei Dirigenti scolastici, pur apparendo equa in linea teorica, e umiliante dal punto di vista professionale, non è scevra da questo problema: viene favorito chi ha buona memoria.

La costruzione di test di qualità è un tema centrale che, ad esempio, INVALSI ha affrontato con procedure di costruzione degli item che hanno coinvolto gli insegnanti (la scuola vera!) nella loro redazione, per poi assegnare a commissioni miste (soprattutto composte da insegnanti, ma anche da docenti universitari ed esperti di altra natura) che li rielaborano alla luce delle linee guida e dei Quadri di Riferimento. Tutto questo lavoro viene testato sul campo e gli item ulteriormente raffinati alla luce dei risultati statisticamente analizzati e linguisticamente monitorati. Tutto questo ha un costo che la realtà che viviamo oggigiorno non ci consente di immaginare possa essere affrontato per le prove selettive dei TFA, che non sono solo per matematica e italiano. Qualche elemento, comunque, può essere utile per costruire in futuro prove più equilibrate nelle quali le epistemologie delle singole discipline abbiano più spazio e il nozionismo casuale ne abbia di meno.

Un elemento che mi pare essere sfuggito ai commentatori è legato alla necessità di utilizzare il filtro del pre-test in maniera sensata alla luce del fatto che è utile garantire un equilibrato sviluppo complessivo delle prove. Giacché, io penso, occorre dare qualità alla seconda fase di selezione, probabilmente occorre che il pre-test dia l'accesso al prosieguo della prova un ad un numero di candidati che sia tra il doppio e il triplo dei posti messi a bando. Cadrebbe quindi ogni obiezione su soglie arbitrarie e si darebbe alle università una mole di lavoro per la seconda fase noto a priori e, quindi, governabile.

È del tutto evidente il fatto che se il numero di selezionati fosse insufficiente, gli scritti successivi sarebbero una farsa. Laddove il filtro sia stato inefficace, come ad esempio al Politecnico di Milano per la A033 dove più di 500 su quasi 800 sono passati, si assisterà ad una seconda fase creata per semplificare il lavoro dei correttori, anche a discapito della qualità del processo di selezione. Alle Università, in fine dei conti, interessa spendere il meno possibile per arrivare ai vincitori e, qualunque essi siano, su di essi agire con la formazione di qualità di cui sono senz'altro capaci.

Sul tema, assai critico, della qualità degli item, sarebbe assai interessante coltivare un associazionismo professionale capace di fornire personale preparato alla costruzione di quesiti originali e significativi per la selezione dei futuri colleghi. Il modello è quello che è stato capace di costruire INVALSI per matematica e italiano, ma le comunità degli insegnanti di matematica e di italiano sono sempre state attive e numericamente significative. Appare difficile immaginare di costruire comunità similari in altri ambiti (penso al cinese, l'arabo, la meccanica, etc.) e in questi ci si dovrà rassegnare a tassi di arbitrio elevati. Si tratta, tuttavia, di un arbitrio “democratico” (nel senso che non guarda in faccia a nessuno). Occorre infatti ricordare che l'alternativa a tutto questo è la chiamata diretta (qualunque sia la variante implementata) che presenta problemi assai più gravi.

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