Direzione didattica di Pavone Canavese

NUOVO CORSO: materiali e documenti della politica scolastica del dopo-Moratti


26.04.2008

La scuola friulana non crede nei suoi studenti
di Stefano Stefanel


L’indagine Ocse Pisa disaggregata per regioni ha portato a Nord Est la lieta novella che gli studenti del Friuli Venezia Giulia sono tra i più bravi del mondo. E’ una notizia sorprendente, perché per la prima volta grazie ad un’iniziativa dell’assessore Roberto Antonaz e della Regione Friuli Venezia Giulia abbiamo dei dati disaggregati che ci forniscono un’immagine dei ragazzi del Friuli Venezia Giulia in linea con una certa percezione sociale, ma non con quelle che erano le informazioni provenienti dalle precedenti indagini Ocse Pisa. Il dato regionale è disaggregato da quello nazionale, ma comparato con altri dati europei non sempre leggibili in forma omogenea. Non ha molto senso, infatti, paragonare una regione (il Friuli Venezia Giulia) con una nazione (la Finlandia) o con lo Stato di una federazione (la Vallonia). E questo perché il dato regionale non tiene conto delle macrovariabili di territorio, che invece sono fortemente presenti in un dato nazionale. Detto questo rimane indiscutibile il dato di assoluta eccellenza dei nostri studenti nell’ambito di un’indagine internazionale che indaga sulle competenze spendibili nel mondo e nel suo Mercato da parte dei giovani e che è organizzata da un ente (l’Ocse) che gode di assoluta credibilità internazionale. Ci possono essere dei distinguo, ma non sul dato di base: da qualsiasi parte la si legga la nostra situazione è di eccellenza. Questa considerazione è doppiamente importante perché il miglioramento dei risultati nelle indagini Ocse Pisa è uno degli indicatori dello sviluppo o del regresso dei sistemi dell’istruzione europei, decisi nel 2000 a Lisbona.

In alcune analisi pubbliche, tra cui quella lodevole del 17 aprile scorso promossa dall’Iti Zanon di Udine, cui ha partecipato in modo fattivo anche l’Iti Malignani di Udine, il dato è stato analizzato con cura e generalmente i relatori hanno concordato sul fatto che il Friuli sta così in alto nella scala dei valori perché ha straordinari valori medi che fanno massa critica, anche se continua ad arrancare sul versante delle eccellenze. Questo dato lo si percepisce a tutti i livelli, visto che la penetrazione del Friuli Venezia Giulia nelle sfere del potere, della tecnocrazia, della dirigenza dello Stato, della politica, dell’imprenditoria è molto bassa. L’ultima scelta fatta dagli elettori del Friuli Venezia Giulia in tal senso è molto significativa perché è stato mandato a casa chi propugnava una Regione aperta, europea, integrata e piuttosto tecnocratica per far posto a chi ha fatto del localismo e del protezionismo identitario il suo cavallo di battaglia.

Se nel discorso che ho fatto finora non ci fosse un però non mi sarei addentrato in quest’analisi e avrei lasciato commentare  i dati da qualcuno più esperto. Nel riquadro che riporto sotto il Ministero della Pubblica Istruzione ha tabulato i debiti contratti lo scorso anno scolastico in italiano, matematica e lingue straniere dagli studenti delle superiori. Quei debiti sono stati contratti dagli stessi studenti e nello sesso periodo in cui si sottoponevano alle rilevazioni dell’Ocse Pisa. Il dato evidente è che non solo gli studenti delle superiori del Friuli Venezia Giulia hanno quasi dappertutto una percentuale di debiti superiori alla media nazionale, ma in alcuni casi hanno più debiti degli studenti di Basilicata e Calabria che nei dati Ocse Pisa disaggregati starebbero negli ultimissimi posti della scala, al livello della Turchia e del Messico. Com’è possibile che gli studenti più bravi del mondo secondo la stima dell’Ocse Pisa abbiano gli stessi debiti degli studenti peggiori del mondo?

Qualcuno da me interpellato sull’argomento ha dato una spiegazione che potremmo definire “leghista” e che riassumerei così: “qui da noi le cose si fanno sul serio e i voti non si regalano, per questo i nostri laureati sono veri laureati, mentre quelli del Sud non sanno neppure l’italiano; il dato sui debiti conferma la serietà della scuola regionale, dei suoi dirigenti, dei suoi docenti e delle sue famiglie.” In questa descrizione/spiegazione ci sta l’idea che i debiti scolastici siano esempio di rigore e che dunque non solo il Friuli Venezia Giulia si distingue per la qualità della sua scuola, ma anche per la sua serietà. Qui da  noi non si regala niente a nessuno.

Però se si vuole essere seri fino in fondo bisogna elencare alcuni piccoli problemi che stanno alla base di questa descrizione/spiegazione:

Il "vento del Nord" (che elettoralmente si esprime nel voto alla Lega) soffia a favore di una spiegazione che permetta la chiusura autoreferenziale: “ci teniamo i nostri studenti,  i nostri docenti, le nostre scuole, le nostre immondizie, i nostri politici e degli altri non abbiamo bisogno;  dopotutto siamo il Friuli Venezia Giulia, non la Basilicata o la Calabria.” Poiché ritengo che una chiusura autarchica del Friuli Venezia Giulia sarebbe rovinosa soprattutto per i nostri studenti e per le nostre imprese fornisco una lettura diversa dei dati che ho riportato.

Gli alunni del Friuli Venezia Giulia hanno gli stessi debiti scolastici di Basilicata e Calabria e una situazione debitoria complessiva sopra la media nazionale perché gli insegnanti pretendono l’adesione a programmi e metodologie di insegnamento vecchi e stantii, incapaci di stimolare le potenzialità dei ragazzi. La situazione d’eccellenza della Regione è stata scoperta tramite l’indagine Ocse Pisa, non tramite rilevazioni prodotte dal nostro sistema dell’istruzione. In parole povere nelle scuole del Friuli Venezia Giulia si insegnano l’italiano, la matematica e le lingue in modo obsoleto e dunque i nostri alunni, che hanno competenze alte, ottengono risultati modesti. Gli insegnanti vogliono che l’alunno si adegui a ciò che viene insegnato e non sanno stimolare le competenze che possono aprire orizzonti che vanno oltre il sapere minimo degli insegnanti. I dati, a mio modo di vedere, indicano una materia prima eccellente (gli studenti) e una produzione di manufatti (gli insegnamenti) fatta da artigiani maldestri (gli insegnanti appoggiati da molti dirigenti): tutto ciò non produce apprendimenti duraturi. In una situazione d’eccellenza oggettiva, com’è quella del Friuli Venezia Giulia, il sistema scolastico dovrebbe sfornare una classe dirigente a tutti i livelli: il Friuli Venezia Giulia dovrebbe essere per l’Italia quello che Bangalore è per l’India e invece non lo è e rimane marginale. Ma il Friuli Venezia Giulia non si interroga sul perché i migliori d’Europa (i nostri studenti) hanno voti bassi, ma paragona la sua serietà col lassismo meridionale. Peccato, ripeto, che il lassismo meridionale non sia tanto lassista in quanto fotografa con i debiti scolastici, la situazione drammatica della sua scuola, mentre il Friuli Venezia Giulia obera di debiti studenti che hanno grandi potenzialità.

Se è fondamentale rivedere la didattica dalle radici (che stanno nella scuola primaria, non alle superori), non bisogna dimenticare che chi ha tentato questa revisione è stato sempre duramente sconfitto: vedi Luigi Berlinguer con la “pretesa” di sostituire il  curricolo ai programmi, vedi Tullio De Mauro con il riordino dei cicli, vedi Letizia Moratti con la sua “Riforma”, vedi Giuseppe Fioroni con il tentativo di far costruire alla scuole curricoli per competenze e non programmi per obiettivi. La scuola non vuole riformarsi e quindi giustifica l’ingiustificabile: se al giorno d’oggi si insegnano abilità e conoscenze invecchiate, con metodologie frontali e con verifiche tradizionali e non personalizzate in che modo si pensa di valorizzare competenze ed eccellenze? Servirebbe un dibattito serio su questo, ma non si sa chi lo deve tenere e dove. Intanto fioccano le insufficienze, e anche quegli 1 e 2 frutto della frustrazione dell’insegnante che non sa insegnare e che giustamente la Provincia Autonoma di Bolzano ha vietato