Direzione didattica di Pavone Canavese

Il dibattito (sulla scuola, ma non solo...) - a cura di Ennio De Marzo

(11.03.2009)

Boom alle private: tutto previsto, anzi scontato


Era prevedibile, anzi scontato: un numero consistente di famiglie ha deciso di iscrivere i propri figli alle scuole private. Il dato, per ora, si riferisce alla sola Lombardia, ma è comunque molto significativo: un aumento del 15% degli iscritti alle elementari e del 10% alle medie superiori. D'altro canto, quando si decide di tagliare sette miliardi di euro alla scuola pubblica statale, continuando tuttavia a foraggiare quella privata con ogni genere di finanziamento (e la Lombardia è da sempre all'avanguardia in questo campo), è inevitabile che la domanda si diriga laddove ci si aspetta di trovare un'offerta migliore. Naturalmente le decine di migliaia di famiglie lombarde che hanno fatto questa scelta nulla sanno della reale offerta degli istituti privati, nettamente bocciata dai dati Ocse-Pisa. Al contrario, molti di loro hanno sentito dai telegiornali o letto sui quotidiani che proprio quell'indagine ha nettamente bocciato la scuola pubblica, il che è falso, come sanno bene i lettori di questa rubrica. È un altro tassello che si va aggiungere a quel vortice di paura che sembra ormai attanagliare la nostra società. Come infatti interpretare la scelta di un numero così alto di famiglie se non con la paura di vedere i loro figli allo sbando in una scuola pubblica depauperata? Ma che cosa hanno da dire i tanti partigiani della “libera scelta educativa”, quelli cioè che da anni spingono per una totale parità tra pubblico e privato in questo settore, di fronte a questo vero e proprio “aut aut” che si impone alle famiglie italiane? Si è forse liberi di scegliere quando da un lato si presenta la scuola pubblica come un edificio pronto a crollare da un momento all'altro (e facendo di tutto per minarne le fondamenta), nel quale si annidano bande di fannulloni e in cui dilagano bullismo e caos, e dall'altro, un settore privato in grado di soddisfare qualsiasi desiderio?

La scuola è lo specchio della società, di più è il luogo della formazione delle future generazioni, della futura classe dirigente di questo paese: non è, dunque, tanto legata al presente, quanto al futuro. La posta in gioco, di conseguenza, è altissima. Nessuno nega che esistano scuole private di qualità, come anche scuole pubbliche di bassa qualità. E tuttavia, la filosofia dei “pasdaràn” dell'istruzione privata è cinica quanto estremamente pericolosa, in quanto punta non solo alla privatizzazione dei saperi, alla mercificazione della cultura, ma anche alla cristallizzazione della società. Una scuola arroccata su se stessa, che ha paura delle sfide della modernità, dei processi di globalizzazione, della multiculturalità e della pluralità, è destinata a sicura sconfitta. “Il compito degli uomini di cultura – scriveva anni fa Norberto Bobbio – è più che mai quello di seminare dei dubbi, non già di raccogliere certezze”.

Si può anche esultare – come ha fatto l'Agesc, l'Associazione dei genitori della scuola cattolica – di fronte ai dati relativi alle iscrizioni alle scuole private lombarde, ma lo si può fare solo se si ha a cuore il puro dato quantitativo e solo se si guarda al presente. La qualità, la costruzione di una scuola e di una società più giusta e civile sono ben altra cosa e dovrebbe essere proprio questo l'obiettivo primario di una scuola, sia essa pubblica o privata. Non si tratta della solita predica, di una visione del mondo ormai sconfitta dalla storia: è la stessa logica del mercato a richiedere con forza – ancor più in un passaggio molto difficile come quello che stiamo attraversando – una formazione di qualità per i giovani. Chi gioca al ribasso può anche arricchirsi parecchio ed in poco tempo, ma troverà sempre di fronte a sé chi è disposto a vendersi ad un prezzo inferiore. Se si vuole vincere la sfida, occorre invece migliorare continuamente l'offerta formativa e questo è possibile solo attraverso massicci investimenti nell'istruzione, l'unico modo per permettere al paese non solo di uscire dalla crisi, non solo economica, che la sta stritolando, ma anche di edificare un nuovo modello di società e con esso anche un sistema economico più giusto ed efficiente. E se la scuola, la società e l'economia migliorano, migliorerà anche la politica, se non altro per il semplice fatto che i futuri governanti di questo paese avranno ricevuto una formazione migliore di coloro che li hanno preceduti.

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