Direzione didattica di Pavone Canavese

L'educazione interculturale nell'anno del POF.....

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(18.11.2001)

Non solo sfruttati o violenti
Rapporto 2001 sulla condizione dell’infanzia
e dell’adolescenza
I diritti dei bambini tra parole e fatti

Si celebra il 20 novembre la giornata dei diritti dell’infanzia. Evitare inutili, pompose ed altisonanti prese di posizione è possibile, oltre che auspicabile. Del resto già abbiamo visto, presentando proprio in questa stessa rubrica il Rapporto 2001 dell’Unicef, come spesso i diritti dei bambini (Convenzione di New York) siano in realtà lettera morta.

Un’utile riflessione sui diritti dei bambini può essere compiuta scorrendo il rapporto 2001 sulla Condizione dell’infanzia e dell’adolescenza in Italia. Si tratta del rapporto - curato dal centro di ricerca sociale Degli Innocenti di Firenze per la Presidenza del Consiglio - reso pubblico il 6 aprile 2001. Il rapporto è reperibile su internet ed è stato pubblicato in un volume a cura della Presidenza del Consiglio.

In questa sede invito a leggere la sezione dedicata ai diritti dei bambini stranieri e in particolare la parte relativa alla scuola.

Minori stranieri e scuola: la via italiana

Il rapporto rileva come l’Italia abbia compiuto una scelta coraggiosa rifiutando i modelli tedesco, svizzero e francese, rifiutando cioè la creazione d’apposite classi speciali, scegliendo invece la via dell’educazione culturale così come definita dalle CM 205/90 e 73/94. "I documenti ufficiali - continua il rapporto - indicano l’educazione interculturale come sfondo integratore per il piano dell’offerta formativa delle singole scuole, intendendola come approccio per rivedere i curricoli formativi, gli stili comunicativi, la gestione educativa delle differenze e dei bisogni di apprendimento. I passi compiuti dalla normativa costituiscono però spesso dei traguardi da raggiungere piuttosto che realtà acquisite, una sfida per la scuola che deve trovare delle strategie concrete per tradurre le intenzionalità in strumenti operativi. Troppo spesso, infatti, le attività realizzate nella scuola non coincidono con il concetto di educazione interculturale come ripensamento complessivo dell’approccio educativo ma si limitano a interventi sporadici e circoscritti".

Una bella sintesi della situazione dell’educazione interculturale come orizzonte educativo oggi in Italia.

Luci ed ombre dell’integrazione dei minori stranieri in Italia

Precisata la situazione scolastica, il rapporto indica tuttavia con precisione anche quelli che sono le ombre del processo di integrazione possibile dei minori in Italia.

In primo luogo il fatto che dopo le medie il percorso scolastico dei bambini stranieri si indirizza soprattutto verso scuole professionali. In molti casi si tratta, scrive il rapporto, di una scelta indotta dalle indicazioni degli insegnanti che considerano la condizione di straniero-immigrato come precludente altri percorsi (per le possibilità di impiego successive, per un discorso linguistico o per presunte difficoltà cognitive).

Detto altrimenti: se si analizzano le politiche scolastiche degli ultimi decenni si coglie una graduale tendenza verso strategie di accoglienza e di salvaguardia della cultura di origine degli immigrati che non sempre però sono riuscite a coniugare il discorso della differenza in educazione al tema dell’uguaglianza di opportunità.

Un altro esempio riguarda il diritto alla accoglienza anche nei confronti dei minori stranieri non accompagnati (previsto dall’art. 13 della legge 40 del 1998 che riprende il divieto di espulsione del minore di 18 anni previsto dalla convenzione Onu) che non sempre è effettivamente tutelato.

"Razzismo istituzionale"

Il rapporto conclude così i capitolo sulla società multiculturale citando il concetto di "razzismo istituzionale". Con questa dizione si intende un processo che contraddistingue tutti i sistemi sociali che non riescono a confrontarsi adeguatamente con altri gruppi nazionali e che non hanno adottato significativi aggiustativi per garantire, oltre alla uguaglianza giuridica, l’uguaglianza di opportunità a parità di condizioni. Il rapporto esemplifica in questo modo:

Occorrono, scrive il rapporto, servizi ponte. E, più in generale, una chiara e condivisa matrice politica di intervento: le amministrazioni sembrano, infatti, conteggiare e prendersi carico dei minori stranieri in modo diverso fra loro. In alcune amministrazioni, ad esempio, la competenza sui bambini stranieri è sia dell’ufficio che si occupa in generale di minori che dell’ufficio che si occupa di processi migratori e le politiche di integrazione rischiano di differenziarsi sensibilmente a seconda degli assessorati coinvolti. Può cosi succedere che a scuola al bambino venga proposta una forte valorizzazione della cultura di origine, a fronte i un intervento dei servizi sociali basato su un modello assimilativo e di un servizio specifico per immigrati offerto dal settore sanitario.
Insomma non si sa mai se il bambino immigrato è prima di tutto un minore oppure uno straniero.
E qui la proposta del rapporto si fa estremamente interessante e ricca.

Costruire un "terzo territorio"

Occorre compiere quel salto di qualità - scrive, infatti, il rapporto - che permette di considerare il bambino e l’adolescente straniero quale figura specifica, non più soltanto analizzabile come soggetto "tra" due mondi ma come abitante di un vero e proprio "terzo territorio" che è realmente anche altro rispetto ai due mondi. Non sono, infatti, rari i casi in cui il minore si avvicina a modelli culturali che non appartengono né alla tradizione della cultura di origine né a quella del paese di arrivo, quasi a confermare che è un soggetto portatore di innovazione anche dal punto di vista identitario. Il rischio invece è che lo si continui a schiacciare in uno dei duo mondi, o obbligarlo a una mediazione che invece non gli appartiene. Il minore straniero come soggetto nuovo, probabilmente più cosmopolita dei suoi coetanei italiani, richiede quindi una capacità gestionale assai articolata e una strutturazione dei servizi assai meno caotica.

Il motivo è semplice: è lì, è in questo "terzo territorio" che si sta costruendo la nuova società multiculturale del futuro. Quella società che la scuola può anticipare ed aiutare a nascere in modo democratico favorendo l’interazione tra i molti territori identitari che in essa convivono. Favorendo la capacità di migrare intesa come competenza cognitiva, relazionale ed operativa.

Aluisi Tosolini

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