Direzione didattica di Pavone Canavese

L'educazione interculturale nell'anno del POF.....

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(02.09.2001)

Tra pubblico e privato. Libertà di scelta e Babele
Ne discutono Umberto Eco, Emanuele Severino,
Eugenio Scalfari

La lezione dell’ispettore Neri

Due anni fa. Un convegno sulla scuola dalla parti di Thiene o Schio, in provincia di Vicenza. Non avevo mai incontrato l’ispettore Sergio Neri. Si discuteva delle sfide dell’educazione nel mondo contemporaneo e da due prospettive molto diverse sia io che Neri arrivavamo a conclusioni simili.

Il suo intervento prendeva origine dal dibattitto sulla scuola pubblica. Il succo del ragionamento lo rileggo nel recente articolo di Umberto Eco su La Repubblica del 31 agosto: la scuola pubblica è oggi rimasto l’unico luogo nel quale un ragazzo o una bambina possono incontrare (ed imparare a relazionarsi, a costruire assieme regole condivise) la pluralità e la ricchezza delle diversità e delle differenze che costituiscono il tessuto della società italiana.

Nelle sue parole tornava insistentemente la dizione "educazione alla convivenza democratica" che sta alla base della premessa dellla scuola elementare ma anche dei progetti (al momento dispersi nella nebbia) di sua riforma (si veda al riguardo la rubrica su Antiseri e la proposta dei nuovi curricoli di storia e scienze sociali pubblicata qualche mese fa su PavoneRisorse).

Quella notte (si era fatto ormai tardissimo) accompagnai a Modena l’ispettore Neri. Due ore di colloquio con una persona lucidissima e saggia che aveva speso la propria umanità e professionalità proprio per dare sostanza al senso profondo dell’agire educativo che sta nel rendere possibile a tutti l’accesso maturo e responsabile alla vita democratica.

Lo salutai davanti a casa, poco dopo aver svoltato vicino al carcere di cui mi parlò come luogo sfida dell’educazione. Non lo rividi più ma continuando il mio viaggio ringraziai mentalmente gli amici vicentini che avevano reso possibile quell’incontro. Pochi mesi dopo, in una spoglia stanza di via Trastevere, interrompemmo una riunione quando giunse la notizia della sua morte. E le parole non di circostanza di quanti erano lì mi riportarno a quel viaggio notturno con un grande uomo di scuola.

 

Umberto Eco: la scuola di Babele

Al Meeting di Comunione e Liberazione il Ministro Moratti ha nuovamente insistito sul concetto di libera scelta dei genitori nei confronti della scuola per i propri figli.

Tralascio qui di dibattere sui mezzi con cui tutto ciò sarebbe possibile (dalla riscrittura di una parte della costituzione al buono scuola ) per concentrarmi su tre posizioni apparse in questi giorni sulla stampa che toccano nodi ancora più profondi. Al di là degli aspetti tecnici, dei soldi e dei finanziamenti, vi è infatti una questione che ha a che fare con la paideia per il nuovo millennio, con l’idea di società e quindi di scuola che vi sottende.

Con la maestria che gli è propria Umberto Eco sottolinea il vero rischio connesso alla "affermazione, in sè ovvia e indolore, che i genitori dovrebbero poter mandare i figli alla scuola che preferiscono".

E il rischio sta nella etnicizzazione della società italiana, in una sua balcanizzazione.

Il ragionamento è semplice: se ognuno può mandare i figli (ed anche ammesso per carità d’argomentazione che siano risolvibili tutti i problemi connessi ai meno abbienti, cosa in realtà tutta da verificare) alla scuola che desidera avremmo una proliferazione di scuole. Elenco quelle citate da Eco ma la cosa potrebbe continaure all’infinito:

scuole di padri scolopi
suole dei gesuti (e qui Eco si ferma per carità di patria perchè si potrebbe continuare con i salesiani, le suore Marcelline ecc)
scuole valdesi
scuole che si rifanno a valori laici (Liceo Siccardi, Cavour, Peano, Ardigò...)
scuole Feuerbach (Eco le assegna a Rifondazione Comunista)
Liceo Hiram, scelta da genitori massoni
scuole sterneriane
scuole del Reverendo Moon
scuole Milingo
scuole musulmane (a loro volta suddivisibili a seconda delle diverse correnti, dai sunniti, agli sciiti, ai sufi, ...)
licei Oxalà frequentati da giovani i cui genitori si rifanno ai principi del sincretismo afro-brasiliano

Umberto Eco si ferma qui ma ognuno può continuare a piacere.
Conclude Eco:
"Chi potrebbe protestare? Il Vaticano, chiedendo al governo di ristabilire la sovrana autorità dello stato? Ma allora saremmo da capo a quindici. E, anche ammesso che si possa effettuare un controllo statale di accettabilità, potremmo escludere dalle scuole accettate una che trasmetta ai propri allievi un totale scetticismo nei confrotni delle religioni, e un’altra che diffonda sani principi fondamentalistici coranici, purchè basati su una interpretazione dilologicamente esatta dei testi sacri?. Certo che no.
Dopo di che avremmo un paese di cittadini, divisi per gruppi etnici o ideologici, ciascuno con la propria formazione, incommensurabile con le altre. Ma questo non sarebbe una soluzione di sano multiculturalismo in una società multiculturale del futuro. Una società multiculturale deve educare i propri cittadini a conoscere, riconoscere e accettare le differenze, non a ignorarle".

Non c’è nulla da aggiungere al ragionamento di Eco. Per quanto mi riguarda è perfetto. E si tenga conto che Eco parla di società multiculturale (la stessa di cui parlava Antiseri) e non di educazione interculturale, che sarebbe un passo ancora ulteriore.
Qui sta il nodo cruciale: si vuole davvero che in Italia vengano formati e cresciuti gruppi incommensurabili? Pezzi di società che non riescono a comunicare fra loro perchè non hanno mai imparato a farlo e conoscono gli altri gruppi solo per come loro stessi li hanno rappresentati (tecnicamente si tratta di uno degli 8 tipi di stereotipo)?

Qui sta il terribile rischio di etnicizzazione della società che porta all’incomunicabilità ed al rischio di trovare nel solo conflitto violento l’unico modo di relazione.

Non si creerebbero così ingiustizie ben peggiori rispetto all’oggi ?
Come scrive Eco:
"Ammetto che lasciar le cose come vuole oggi la Costituzione non eliminerebbe una certa dose di ingiustizia: i ricchi continuerebbero a mandare i loro figli dove vogliono, magari all’estero (i più stupidi fra i ricchi li manderebbero ad una hight school americana) e i poveri rimarrebbero affidati alla scuola di tutti. Ma democrazia è anche accettare una dose sopportabile di ingiustizia per evitare ingiustizie maggiori. E... se non si affrontano tutti questi problemi il dibattito (sulla scelta libero o no dellascuola, ndr) rischia di ridursi a una faida tra catolici integristi e laici mangiapreti, il che sarebbe male".

 

Emanuele Severino: Libertà vo’ cercando...

Un altro filosofo, Emanuele Severino, interviene su Il Corriere della Sera del primo settembre.
Severino (di cui giova ricordare solo che certo non appartiene alla scuola di pensiero di Eco e che anni fa fu al centro di un clamoroso caso di espulsione dalla Università Cattolica) si concentra, tra l’altro, sulla concezione di libertà giocando sulle plurime implicanze della stessa: libertà di scelta da parte del genitore, libertà di insegnamento da parte del docente, libertà di opzione culturale da parte del discente.
Da un lato, scrive Severino, chi assicura ad un genitore che la scuola scelta per il figlio riuscirà davvero a formare il figlio come il genitore desidera? Anzi, a stare alla psicologia, c’è il rischio che il giovane faccia proprio il contrario di quanto desidera il genitore. Per quanto riguarda la libertà di insegnamento Severino prende lo spunto dal "codice deontologico" di cui ha parlato in questi giorni il viceministro dell’Istruzione Aprea.
Per i docenti, ha dichiarato l’Aprea, "ci sarà qualche richiamo al rispetto della libertà di apprendimento degli studenti e della pluralità delle idee".
E qui Severino ha buon gioco nel chiedersi come mai lo studente debba sottostare alle scelte del genitore (...i giovani si sa sono immaturi...) mentre appena giunge sui banchi della scuola - pubblica. come sottolinea Severino - lo stesso studente "diventa rispettabile soggetto di libertà, della quale i docenti devono tener conto. Ma se sono liberi rispetto ai loro docenti, perchè i giovani non dovrebbero esserlo rispetto ai genitori?"
Forse qui, come scrive il filosofo, c’è un sovraffollamento di libertà...
Ma, continua Severino, il codice deontologico si applica solo alla scuola pubblica oppure a tutte le scuole?
"Sarebbe un bel guaio - scrive Severino - se la libertà dei loro genitori li avesse mandati a una scuola privata cattolica (ma la cosa in realtà vale per ogni altra scuola, ndr), e qui i loro docenti fossero tenuti al rispetto della libertà di apprendimento degli studenti e della pluralità delle idee. Mamma e papà dicono al figliolo: ‘Tu dovrai essere un buon cattolico, vai quindi in una scuola cattolica’. Il figliolo ci va, ma la sua libertà, attivata dalla pluralità delle idee, lo porterà a convincersi della bontà dell’ateismo o del buddismo: e, nella scuola cattolica, il docente deve rispettare la libertà di apprendimento dello studente e la pluralità delle idee ! Via, conclude Severino, questa scuola cattolica, in Italia, non esiste.....Come ho scritto altre volte la ‘libera scuola cattolica’ è una scuola vincolata all’insegnamento della Chiesa".

Sin qui Severino, esperto in paradossi. Anche se la situazione descritta rischia di essere paradossalmente reale. E valere, ovviamente, non solo per la ipotetica scuola cattolica bensi per l’intero sterminato elenco di possibili scuole indicato da Umberto Eco.
Diciamo solo che Severino, oltre a sagge considerazioni sulla psicologia dei ragazzi e sulla polisemia della concezione di libertà, sottolinea che l’etnicizzazione di cui narra Eco non avverrebbe solo sul versante degli studenti ma, necessariamente, anche su quello dei docenti.

 

Eugenio Scalfari

Eugenio Scalfari (La Repubblica, 2 settembre 2001) riprende in parte il ragionamento di Eco a cui aggiunge, e siamo in una dimensione più prettamente politica, una considerazione riferita al fatto che sulla scuola l’attuale maggioranza paga un consistente ticket ad una parte della gerarchia cattolica che l’ha sostenuta nella recente campagna elettorale.
Da ultimo Scalfari segnala un dato di cui pochi hanno parlato in questi giorni, ovvero che già attualmente lo Stato spende circa 1000 miliardi all’anno per stipendiare gli oltre 22.000 docenti di religione indicati dal vescovo della diocesi e da lui revocabili. Una situazione, continua Scalfari, che creerà tra brevissimo tempo una quantità di problemi (e di costi aggiuntivi) quando le nuove etnie immigrate reclameranno analogo trattamento. La proposta di Scalfari (abolire l’insegnamento della religione cattolica sostituendolo con una cattedra di storia delle religioni affidata a insegnanti pagati e nominati dall’autorità pubbliva e non dai vescovi o dai rabbini o mullah o monaci buddisti) mi pare abbastanza semplicistica ma non è qui il momento di analizzare questo problema (al riguardo credo andrebbe utilizzato l’immane lavoro compiuto dall’IRRE Puglia proprio sull’insegnamento della religione nella scuola, una ricerca di altissimo livello intellettuale a cui hanno partecipato e continuano a partecipare esponenti di molte religioni).

 Oltre Babele: individui e legame sociale

Come si può vedere si tratta di tre interventi che colgono, a mio parere, il nodo fondamentale della questione che non è tanto la libera scelta in sè e per sè quanto piuttosto l’idea di fondo a cui si ispira la paideia per il tempo nel quale viviamo.
L’idea della libertà di scelta della scuola per i propri figli è figlia di una concezione liberista e neoliberista della società che non tiene in grande conto la costruzione di legami sociali, l’interazione tra i diversi soggetti presenti nella società, la necessità di elaborare assieme regole e valori condivisi. E’ una concezione che potrebbe andare benissimo dentro una società monoculturale ma oggi non siamo più (ci piaccia o no) in quella fase.
In fin dei conti non si tiene conto che viviamo in una società variegata e multiculturale e che ad oggi non abbiamo elaborato compiutamente un progetto che renda possibile una convivenza delle differenze capace di evitare la balcanizzazione della vita sociale.
La scuola pubblica risponde meglio a questa esigenza? Ad ognuno la risposta. Per quanto mi riguarda sto con la lezione dell’ispettore Neri: l’educazione alla convivenza democratica si apprende solo nella interazione tra differenti stili e concezioni di vita, non mediante l’incomunicabilità ed il parlarsi solo tra simili. 

Aluisi Tosolini

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