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I dibattiti di PavoneRisorse

(26.08.2012)                                                                                                                                                                                                                                               

Il concorso mi piace, parola di pecario
di Alessio Nappi

Con favore accolgo la notizia, già trapelata da diversi giorni, relativa ad un nuovo concorso ordinario, a distanza di ben 13 anni dal concorso del 1999 o, addirittura, di 22 anni, visto che, in molti casi, bisogna risalire al 1990. La accolgo con favore, ma non esulto, in attesa della lettura del bando e, soprattutto, sperando che gli errori del passato non abbiano a ripetersi.
Il lettore, probabilmente, si chiederà perché mai ci siano voluti tutti questi anni, se – come recita l’art. 97 della nostra carta costituzionale – “Agli impieghi nelle pubbliche amministrazioni si accede mediante concorso, salvo i casi stabiliti dalla legge”. L’origine del problema sta a monte, come è facile immaginare, ossia in “modelli abilitanti” sempre nuovi ed incapaci di essere sostituitivi l’uno dell’altro.

Le scuole di specializzazione per l’insegnamento secondario (SSIS), istituite nel 1990 subito dopo il concorso ordinario, avrebbero dovuto - in scia al modello europeo di formazione degli insegnanti - creare un valido ed efficiente sistema, capace di coniugare la teoria e la prassi, dando il giusto peso all’esperienza del tirocinio in classe, vera pecca della procedura concorsuale. Che le cose siano andate diversamente, è noto ai più. In deroga rispetto a quanto stabilito, tra il 1999 ed il 2000 avevano luogo un nuovo concorso ordinario, il primo ciclo della SSIS e, quasi non bastasse, un concorso riservato ai docenti in possesso di 360 giorni di servizio: tre differenti tipologie in grado di produrre un numero immenso di docenti abilitati, con – da un lato – un aumento notevole del precariato, dall’altro una vera e propria guerra tra insegnanti precari, i quali (a ragione o a torto) vedevano i colleghi provenienti dal concorso ordinario poter sfruttare il cosiddetto “doppio canale” ben oltre la durata prevista della graduatoria di merito, rimasta in piedi fino ad oggi e dalla quale si continuerà ad attingere anche per le prossime imminenti assunzioni.
Da quel momento prese avvio la SSIS, inframmezzata nel 2005 da un incomprensibile concorso riservato del quale non si sentiva affatto la mancanza, fino al suo nono ciclo, allorquando si decise misteriosamente (e colpevolmente) di bloccare tutto. Tre anni di gestazione e, finalmente, l’avvio del Tirocinio Formativo Attivo (TFA), nuovo ed ennesimo canale abilitante, che – al di là delle tante polemiche prodottesi in occasione della prima prova selettiva – sembra ricalcare le orme della SSIS, evidentemente ritenuta, a distanza di oltre un decennio dalla sua partenza effettiva, ancora all’altezza.

È proprio qui che arriva la notizia del nuovo concorso ordinario. “Una rivoluzione”, a leggere i giornali; “uno scempio” a prestar orecchio alle parole di un folto gruppo di “precari storici”. Inutile ribadire il mio parere in merito (mi permetto, pertanto, di rimandare il lettore all’articolo del 19 agosto scorso, “I precari sono una corporazione?”), essendo - piuttosto - fondamentale sottolineare l’importanza di non ripetere gli errori del passato.
Chi valuta? Non certo - come accadde per il concorso del 1999 - una commissione, presieduta da un dirigente scolastico e due docenti di ruolo, il cui unico requisito essendo rappresentato da un’esperienza di cinque anni. Credo sia davvero il minimo pretendere una commissione all’altezza della situazione, in possesso di titoli adeguati e relativi alle discipline in oggetto, in assenza dei quali assisteremmo al paradosso di esaminatori meno competenti degli esaminati. A mo’ di esempio, mi limito ad indicare solo alcuni possibili parametri, certamente discutibili ma almeno da considerare e perfezionare: a) aver conseguito una laurea con un punteggio non inferiore a 110; b) essere in possesso di un dottorato di ricerca; c) aver superato le prove di un concorso per titoli ed esami con punteggio complessivo, tra scritti e orali, non inferiore a 8/10; d) aver conseguito un’altra laurea in aggiunta a quella richiesta per l'insegnamento attualmente ricoperto; e) avere all'attivo pubblicazioni di carattere scientifico su riviste specializzate o per editori qualificati.

Cosa si valuta? Cominciamo a dire cosa non si deve valutare. Le prime indiscrezioni sembrano portarci ad “una batteria di test uguale per tutte le classi di concorso”. Qui non casca solo l’asino! Qui crolla davvero tutto, perché - come amava scrivere uno dei più grandi storici in assoluto, quel Marc Bloch che scelse di lottare per una Francia libera e una scuola in grado di preparare una classe dirigente all’altezza - l'educazione deve innanzitutto guardarsi dal pressapochismo”.
La pedagogia spicciola, il “didattichese” troppo sicuro di sé stesso e le teorie relative a presunte conoscenze, capacità e competenze devono cedere il passo a quei contenuti disciplinari, in assenza dei quali non è semplicemente possibile essere buoni insegnanti, perché se è vero che sapere non è condizione sufficiente per saper insegnare, ne è almeno condizione necessaria. Potessi avere il potere di predisporre la prova, non v’è dubbio che proporrei un test preselettivo ben strutturato, al quale seguirebbero uno scritto, relativo a tutte le discipline previste dalla classe di concorso, ed un orale, con tanto di lezione simulata.

Quanto deve durare la nuova graduatoria di merito? Per non ripetere gli errori del passato, occorre che si rispettino, una buona volta, le regole. Per fare questo, la graduatoria di merito, che avesse a prodursi, dovrebbe avere una durata prefissata e, soprattutto, deve essere chiara e netta la distinzione tra “vincitori” ed “idonei”: i primi saranno immediatamente assunti, visto che il concorso bandito specificherà quanti i posti in palio; i secondi potranno solo sperare, come in ogni pubblico concorso che si rispetti, in nuove assunzioni nel mentre la graduatoria resterà in vigore.

TFA, concorso ordinario o concorso riservato? È questa, forse, la questione più rilevante, perché è già stato promesso l’ennesimo corso abilitante riservato ai docenti in possesso di 360 giorni di servizio. Anche il lettore meno accorto, a questo punto, storcerebbe il naso. Se, sopra, ho brevemente ricostruito la storia delle abilitazioni dal 1990 a oggi è stato solo per mostrare alcuni errori, la cui ripetizione dimostrerebbe soltanto che, per l’ennesima volta, non si fa tesoro del passato. Abbiamo davvero bisogno di insegnanti che, per il semplice fatto di aver svolto 360 giorni di servizio, dovrebbero ottenere, senza selezione in entrata, un’abilitazione, nel mentre quel medesimo titolo è stato conseguito, da migliaia di persone, attraverso un esame di sbarramento (è il caso del concorso ordinario, della SSIS, del TFA)?

Un concorso anche dinanzi ai tagli? Obiezione legittima. Pertanto, al fine di bandire un concorso per tutte le classi di concorso esistenti, occorre fare in modo che la pressione dei tagli sull’istruzione si alleggerisca, partendo innanzitutto dalla revisione del numero di alunni per classe, semplicemente eccessivo, per restituire alla scuola ciò che, nel corso degli ultimi anni, le è stato sottratto. Le 11.892 cattedre che sembra verranno messe in palio dovranno rappresentare, infatti, solo il 50% del totale delle assunzioni, visto che – come noto e come previsto – il restante 50% dovrà essere assegnato dalle graduatorie ad esaurimento, nelle quali stazionano, da diversi anni, i precari che, ogni anno, offrono il proprio contributo al mondo della scuola.

Sì, certamente, ad un nuovo concorso. Innanzitutto perché non è possibile che l’ultimo degli idonei di una prova svolta troppi anni fa (lo scrivente si era appena immatricolato alla Facoltà di Lettere e Filosofia di Venezia) sia assunto in ruolo, senza aver mai messo piede in una scuola, nel mentre un precario, con un decennio di esperienza, resta in attesa o, peggio, senza lavoro. Però attenzione, perché è una bella possibilità e non va sprecata.

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