Direzione didattica di Pavone Canavese

I dibattiti di PavoneRisorse


(10.02.2009)

Meglio andarsene, almeno per non essere complici  !
di Giuliano Corà


Siamo alla frutta, o se preferite, non c’è più trippa per gatti, o se invece volete proprio rinunciare alle metafore e dire le cose come stanno, le balle sono finite. Sì: balle, panzane, fandonie, frottole e via sinonimizzando, tutte quelle che da mesi ci raccontano i Ministri Gelmini e Tremonti.
E questa volta a dirlo non siamo noi, insegnanti, e peggio ancora maestri (‘fannulloni’, fancazzisti, ignoranti, falliti, donne sceme che vanno maestre perché non sanno cosa fare durante la giornata così con lo stipendio si comprano la borsetta nuova, i maschi perché non sono riusciti ad entrare in banca).
No, questa volta sono i Dirigenti scolastici, locali, provinciali e regionali, che hanno cominciato a fare i conti con la bufera che a settembre si abbatterà sulla scuola italiana e si stanno mettendo le mani tra i capelli. Nella grandissima maggioranza dei casi, si tratta di ottime persone e seri professionisti, che, sia pure nel mare di difficoltà con cui già si dovevano misurare, cercavano, quotidianamente ed umilmente, di fare miracoli per far funzionare la scuola. Ma la rovina che si vedono di fronte è troppo anche per loro, anche perché li hanno messi, anche loro, con le spalle al muro. Tra il dieci e il venti per cento: a tanto ammontano i tagli che la Riforma Gelmini provocherà nell’organico – con l’introduzione del maestro unico, coi trasferimenti coatti e con l’eliminazione delle compresenze – e tra i genitori, forse non tutti si rendono conto di cosa vuol dire. Salteranno le mense, per esempio, molto probabilmente e quasi dovunque, e i rientri pomeridiani verranno eliminati, o ridotti ad uno solo, quando andrà bene.

E le famiglie in cui i genitori lavorano entrambi, come faranno? Boh: affari loro. Potevano sposare un figlio/a di Berlusconi, così avrebbero avuto la nannie inglese. E, en passant, i posti di lavoro che, a cascata, andranno persi nelle aziende che servono le mense? Vedi sopra. Oppure no: magari le mense e i rientri si faranno lo stesso: organizzati da cooperative private e a pagamento, naturalmente. E chi non può pagare? affari suoi di nuovo. “Ricaduta sociale pesantissima”, l’ha definita qualche giorno fa Augusto Bellon, Dirigente dell’I.C. n. 5 di Vicenza, ed è stato eufemistico. E non solo: finite le gite scolastiche (chi se la sentirà di uscire dalla scuola con trenta bambini da solo?!), finiti i laboratori (quelli dove si ‘perdeva tempo’ col teatro, la pittura, la musica e scemenze del genere). Ma altre ancora saranno le conseguenze, forse ancor più tragiche. Le compresenze – quelle che permettevano i tre, quattro, cinque insegnanti per classe, su cui più di un esponente del Governo ha stolidamente seminato fango per mesi – servivano anche ad altro. Servivano, soprattutto, ad assicurare ore ed ore di sostegno ai bambini stranieri bisognosi di alfabetizzazione. Te li portavi in un’aula vuota e pazientemente, giorno dopo giorno, gli fornivi gli strumenti per entrare a far parte della comunità civile. Da settembre, finita. ‘Che ‘i torna casa soa’ potrebbero commentare i fautori delle classi per non ariani, che da settembre sostituiranno queste iniziative. Sì, può essere un punto di vista, ma costoro forse non sanno che quelle ore venivano usate, in eguale se non in maggior misura, per aiutare bambini italiani – razza pura, razza Piave! – con problemi di apprendimento. Anche per loro, ore ed ore di lento aiuto, fino a farli diventare uguali a tutti, fino a non farli sentire inferiori. Anche per loro, basta. Da settembre, chi ce la fa a seguire l’insegnamento, bene. Chi non ce la fa ( dato che tra le molte virtù del maestro unico non ci sarà quella di potersi sdoppiare o triplicare, per seguire i meno capaci), affari suoi: abbiamo già chiarito il concetto. Così, la scuola si conformerà a quella filosofia che autenticamente sta dietro alla riforma, e si trasformerà in ciò che davvero si voleva. Da un lato, una fabbrica di ‘eccellenze’, che comunque ce l’avrebbero fatta lo stesso: perché, appunto, maggiormente dotati da Madre Natura e perché forniti di un ambiente familiare socialmente e culturalmente elevato: che aiuta, come si sa. Dall’altro, una fabbrica di ‘deficienti’, il grande esercito di tutti coloro che non ce la faranno, pronti ad ingrossare l’altro grande esercito che già li attende, quello dei disoccupati. Nell’attesa eventualmente potranno andare a dar fuoco a qualche immigrato, così imparano a portarci via il lavoro. Saranno in buona compagnia, assieme alle migliaia di precari che anch’essi con la riforma vedranno svanire per sempre la possibilità di entrare nell’insegnamento. Ragazzi magari giovani e ‘inesperti’, ma che arricchivano la scuola di nuove culture, nuove competenze e nuovi entusiasmi. Bene, che vadano a lavorare, appunto.
Dunque ci cacciano. Non importa niente se quando passate per i corridoi i bambini vi si appendono ai vestiti con una carezza o una caramella per voi; se a metà della Prima vi scrivono i bigliettini; ‘Cara maestra ti volio tanto bene’; se quando v’incontra al mattino, il bambino sudamericano cui dopo un anno di sforzi siete finalmente riusciti ad insegnare a leggere comincia a saltare come una molla, ripetendo a macchinetta: ‘Stamattinavengoconte? Stamattinavengoconte?’; se i colleghi si contendono il materiale che avete prodotto per le vostre classi; se i genitori vi scrivono lettere che vi fanno arrossire: ‘Considero una fortuna che mio figlio abbia incontrato una persona come Lei nel suo percorso umano ed educativo’. Non importa niente. Del resto, come pensate di poter spiegare stupidaggini come queste a chi ha l’etica di un bottegaio, e tratta la scuola come tratterebbe una compravendita di prosciutti? Ci cacciano, sì, e devo dire che sono anche contento. Io resisterò finché potrò – “Resistere, resistere, resistere” insegnava il giudice Borrelli – poi me ne andrò anch’io. Meglio cento euro di pensione di meno, ma un po’ di dignità in più. Ricordate cosa fa dire Gabriele Salvatores al personaggio di Diego Abatantuono alla fine del suo bellissimo Mediterraneo? “Almeno non potranno dire che siamo stati complici”.

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