Direzione didattica di Pavone Canavese

La duplice veste del conflitto
di Angelo Vita

 

"Pace è il modo di procedere per risolvere i conflitti in modo tale che entrambe le parti vincano, con accresciuta armonia come conseguenza del conflitto e della sua risoluzione."

J. e K. McGinnis

Un po’ di chiarezza credo non guasti, specie se vogliamo evitare significati estranei alle parole usate. Vorrei, in talo senso, condividere e sottoscrivere la superiore frase di J. e K. McGinnis riportata da Daniela Bardelli in Educare alla pace ? ma credo opportuno ricordare che il conflitto non contempla alcuna risoluzione armoniosa poiché non é vero che di fronte ad esso si può trovare una mediazione pacifica. Il conflitto di per sé, per sua nartura esclude qualsiasi forma di mediazione. Si vince o si perde, non ci si accorda, non si negozia. L’accordo é un effetto desiderato del contrasto e non del conflitto. Quando scoppia una guerra, una lite sui principi fondamentali dell’identità di un popolo o di una persona, la ricomposizione pacifica é impossibile. Ogni forma di riequilibrio si basa sul post/conflitto poiché si è arrivati all’irreparabile. Quando un Leone domina su un altro animale, il dominio é definitivo, non è provvisorio. Spesso la sua risoluzione si concretizza e si traduce nella morte fisica o/e nella sottomissione psichica che non è riappacificazione. Si riconosce, cioè, l’autorità o la priorità dell’altro come condizione nuova di ricostruzione del proprio status lontano da quello originario preconflittuale.
Persino nelle banalità familiari la scelta del telecomando, della precedenza nell’uso della toilette, nella scelta dei mobili, della macchina da acquistare, se viziati da conflitto tra coniugi il vincente determinerà le decisioni da prendere, mentre il perdente dovrà riconsiderare il suo status su basi completamente nuove. C’é chi ci sta e chi non ci sta. Chi ci sta si sottomette. Chi non ci sta, o rialza il livello del conflitto o va via, divorzia, cambia contesto.
Evidentemente ci sono conflitti che possono essere di grado inferiore e conflitti di grado superiore.
E’ di grado inferiore quel conflitto che scoppia per motivi contingenti legati al possesso, ad interessi economici o di potere rilevanti. In questo caso i contendenti possono sempre rifarsi ri/fondando il proprio campo d’azione su interessi, longitudini e latitudini diverse.
Si litiga col capo reparto per conflitti interni insanabili e si dà inizio ad una nuova esperienza con un’altra azienda o scuola che dir si voglia. Risolto il conflitto sic et nunc si rilanciano nuovi rapporti su basi diverse con persone diverse.
E’, invece, di grado superiore quel conflitto che contrappone popoli e Stati sull’identità razziale, religiosa e pre/razionale direbbe Galimberti, di quella determinata comunità. Se i musulmani intendono islamizzare i cristiani in nome di Allha e di converso i cattolici vogliono cristianizzare i musulmani in nome di Dio, non vi potrà mai essere ricomposizione poiché le motivazioni delle due chiese non sono razionali bensì religiose. Solo l’imposizione definitiva di uno dei due modelli potrà porre fine al conflitto. Appunto tramite la vittoria e la sconfitta di uno dei contendenti.
E’ per questo che il conflitto in atto é di una pericolosità inaudita e che dovrebbe costringere l’ONU a spostare i termini della contrapposizione di civiltà o religioni su interessi palpabili qualli quelli economici e politici che nulla hanno a che vedere con quelli propogantati da quanti inneggiano al "Dio della guerra".
Lo sforzo che va fatto da tutti i Paesi coinvolti nella guerra contro il terrorismo dichiarato dai Taleban deve seguire indicazioni nuove ed uscire fuori dalle sabbie mobili in cui volutamente é stato affossato. Solo allora potremo sperare nella soluzione/spostamento positivo del conflitto.

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