Direzione didattica di Pavone Canavese

materiali per l'autonomia home page

Come sperimentare l'autonomia.
Riflessioni a margine della direttiva 252
(a cura di Giusi Milani, ispettrice tecnica - Milano)

 

Nel mese di settembre il mondo della scuola sarà coinvolto in un’intensa attività di progettazione che andrà ben oltre l’abituale impegno connesso all’avvio dell’attività scolastica. La novità più rilevante riguarda l’esame e la lettura approfondita del Decreto Ministeriale 29 maggio 98, n. 251 e della Direttiva 252, pari data, relativi al programma nazionale di sperimentazione dell’autonomia didattica e organizzativa: si tratta di disposizioni di notevole rilievo nel panorama di un lento avvio dell’autonomia, soprattutto perché consentono alle scuole di usufruire di un finanziamento che è abbastanza consistente (più consistente del finanziamento medio di un corso di aggiornamento!) da permettere una progettazione poggiata su basi certe. Il finanziamento, erogato direttamente dal Ministero alle scuole sulla base di parametri numerici esplicitati, senza la mediazione del Provveditorato agli studi (cui solitamente toccava di ripartire un budget che spesso lasciava insoddisfatti i più) è un segno tangibile della responsabilità affidata alle scuole di autodeterminarsi nel processo di autonomia, dandosi gli ambiti, i partners, i tempi desiderati.

L’applicazione della direttiva 252/98, ricca e complessa sta certamente suscitando - e susciterà ancora – un dibattito nelle scuole non esente da interrogativi meritevoli di un’attenta riflessione. Il processo di autonomia (che investe il nostro paese, oltre che il nostro sistema scolastico) per svilupparsi pienamente necessita di un profondo cambiamento culturale, accompagnato dall’adozione di atteggiamenti e costumi professionali meno convergenti rispetto all’adempimento e più coraggiosi rispetto alla progettualità. Docenti e capi d’istituto dovranno incentivare inoltre la capacità di leggere e interpretare la normativa, mettendo in connessione direttive e logiche relative a contesti diversi ma interagenti, sapendo sfruttare le opportunità e le risorse.

La lettura critica – in senso costruttivo – che si propone vuole mettere in luce alcuni passaggi che uniscono, agli aspetti innovativi e propositivi, aspetti problematici che meriterebbero un’ulteriore esplicitazione a livello ministeriale:

 

  1. La qualità didattica dell’innovazione: viene richiamata l’opportunità che le scuole non privilegino soluzioni didattico – organizzative fini a se stesse (settimana corta, flessibilità dell’orario, durata dell’ora di lezione, ecc.), bensì colleghino le eventuali soluzioni organizzative al senso complessivo dell’innovazione (la circolare indica, quali oggetto d’innovazione, temi cruciali quali la motivazione, gli stili di apprendimento, gli esiti formativi, la valorizzazione delle eccellenze, il recupero delle carenze). Il richiamo appare quanto mai pertinente, essendosi già evidenziati segnali che indicano la prevalenza della volontà di adottare provvedimenti particolarmente appetibili quali la settimana corta (gradita alle famiglie, soprattutto nelle grandi aree metropolitane del nord, segnate dai ritmi imposti dalle attività produttive) e la durata – al ribasso - dell’ora di lezione (gradita alle scuole, a volte per la necessità di pressare le materie in uno spazio temporale inadeguato, a volte per consuetudine o per gradimento dei docenti). Il richiamo alla qualità "didattica" è di grande importanza, quasi una piacevole sorpresa, dopo una stagione di sensibile rilievo attribuito – spesso a ragione – agli aspetti organizzativi nella scuola elementare; evidentemente una scuola che propone autonomamente curricoli di studio, vagliando calibrature e integrazioni della proposta formativa, non può essere titolare di una didattica vecchia e distante dalle acquisizioni della ricerca. Ma su quali strutture può attualmente contare la scuola per rinnovarsi in tal senso? I luoghi deputati alla ricerca e alla sperimentazione per mandato istituzionale (Università e Irrsae) scontano l’una – l’Università – una tradizionale distanza dalla scuola reale e l’altra (Irrsae) una modalità operativa di proposta non sistematica (non raggiunge tutte le scuole) e ancora non strutturata secondo una logica di servizio.
  2. L’assenza di autorizzazione formale: la sperimentazione di autonomia è dichiarata esente dalla necessità di un’autorizzazione formale. Mentre nella prima edizione della direttiva (ex 238) veniva esplicitata la motivazione di tale liberalizzazione (partecipazione ad un "piano nazionale" di sperimentazione), l’attuale edizione nulla dice nel merito, seppure la direttiva stravolga significativamente l’ambito delle "sperimentazioni ex – D. L.vo 297/94". In effetti, attraverso l’adozione della sperimentazione di autonomia, possono essere introdotte sia innovazioni metodologico – didattiche (per le quali non sussiste problema, in quanto necessitano della sola autorizzazione del collegio docenti), sia innovazioni strutturali (per le quali invece è previsto un complesso iter che coinvolge Provveditorato, Irrsae, Ministero). Nella logica della semplificazione delle procedure (e dell’assunzione di responsabilità progettuale che i proponenti la sperimentazione adottano) non può che essere accolta favorevolmente l’assenza di un’autorizzazione formale: si resta in attesa di nuove indicazioni per quanto riguarda la sperimentazione "classica" (se esisterà ancora), più congruenti con il nuovo assetto delle scuole.
  3. Le discipline integrative facoltative non curricolari: un margine di ambiguità si rileva a proposito della definizione di tali discipline in riferimento all’ordine e grado di scuola. La scuola secondaria superiore può contare sull’esperienza (e sul finanziamento, che viene mantenuto) avviata con gli IDEI e le attività introdotte dal DPR 567/96 e Direttiva 133/96 per i progetti formativi integrati con il territorio. Non accade altrettanto nella scuola dell’obbligo, dove le attività di recupero e sostegno fanno riferimento essenzialmente ad una normativa ormai obsoleta (quale la L.517/77 e la L.820/71), mentre le esperienze di integrazione con il territorio costituiscono un panorama assai variegato, sia per la distribuzione geografica, sia per il livello qualitativo (rispetto al quale non risulta sia stata effettuata un’azione sistematica di monitoraggio), dal quale appare difficile trarre indicazioni. Un ambito di complessa gestione riguarda, a proposito della scuola dell’obbligo, un insegnamento curricolare, quale la lingua straniera, che nella scuola elementare non ha ancora raggiunto l’estensione prevista a tutto il territorio nazionale a causa delle difficoltà legate alla formazione del personale. In molte realtà si pone il problema di introdurre – spesso con l’ausilio degli enti locali - una tipologia d’integrazione "curricolare e non facoltativa", creando una possibile disparità di trattamento nei confronti dell’utenza. Pensiamo, ad esempio, alle scuole in cui la lingua straniera viene impartita dall’insegnante statale in alcune classi, mentre nelle restanti classi – aventi diritto – viene impartita da un docente esterno: nasce l’inevitabile necessità di mettere a confronto metodologie, approcci, livelli di preparazione del personale, percezione di difformità del servizio da parte delle famiglie, ecc.
  4. La fisionomia della "rete": i suggerimenti della direttiva in questo ambito sono assai ampi, comprendendo sia reti di scuole (in orizzontale e in verticale), sia reti di scuole di ambiti territoriali diversi (vicine e lontane), sia reti di collaborazione con/tra soggetti esterni di varia natura (enti locali, Irrsae, università, associazioni culturali e professionali). La difficoltà consiste non tanto nella diversa tipologia della rete, bensì nella debole configurazione, oppure nell’inesistenza, di canali attraverso i quali attivare le reti poiché l’assetto centralistico del sistema scolastico – e la cultura prevalente nel mondo della scuola - ha favorito sinora la diramazione dell’informazione dal centro alla periferia (senza sensibile differenza tra gli organismi istituzionali e i soggetti privati, tra gli organismi collegiali ed i singoli, trattandosi di un atteggiamento culturale assai diffuso) attraverso canali unidirezionali sequenziali; di conseguenza è stato ignorato quasi sempre il ritorno d’informazione dalla periferia al centro e si è disincentivata, di fatto, la libera aggregazione collaborativa. Solo in tempi recenti si è iniziato a considerare l’utilità di attivare centri di documentazioni, poli di risorse, ecc., allo scopo di rendere più accessibile l’informazione, anche se evidentemente resta da costruire una cultura in tal senso.
  5. La corresponsabilità progettuale e operativa: l’assunzione di progetti in rete comporta la necessità del confronto e della negoziazione - sulla base di accordi di programma - di competenze, oneri, responsabilità, ambiti di operatività con altri soggetti istituzionali e non, individuali e collettivi, pubblici e privati (primi fra tutti, gli enti locali). La materia, già di per sè ostica, risulta poco frequentata a causa delle inevitabili difficoltà di gestione e di un’insufficiente esperienza in merito da parte delle scuole, oltre che di una scarsa conoscenza degli assetti e della normativa che regolano il funzionamento degli altri soggetti, specie se istituzionali (si pensi al complesso panorama del passaggio delle "deleghe" tra enti territoriali). Dal punto di vista della corresponsabilità all’interno del collegio docenti, è buona cosa che si sia indicata l’opportunità di costituire un apposito "gruppo di lavoro progettuale" e che siano state previste "risorse" e remunerazione per i docenti (Circolare 220/98), anche se ciò rappresenta una condizione necessaria ma non sufficiente a creare un legame di corresponsabilità tra l’organo collegiale e il gruppo operativo cui viene conferita una delega ad agire "per conto di". E’ presumibile che si evidenzierà una grande richiesta di supporto e di consulenza da parte delle scuole, in quanto le sole risorse finanziarie non possono sopperire alla funzione di competenza e conoscenza necessaria a svolgere il compito. A tali domande sarà necessario rispondere attraverso un meccanismo agile e tecnico: sarà adeguato a tale scopo il Nucleo per l’autonomia? E gli ispettori tecnici saranno utilizzati? E i Provveditorati, con le nuove funzioni?
  6. Il ruolo del Nucleo di supporto all’autonomia: il ruolo fondamentale del Nucleo dovrebbe essere quello di supportare le scuole in quei passaggi procedurali con i quali esse hanno poca dimestichezza e di cui possiedono scarsa informazione, fornendo assistenza, promozione, coordinamento, circolazione delle informazioni. La difficoltà consiste nella configurazione dei Nuclei: aggregati di professionalità varie (cui non sono estranee rappresentanze politiche, sindacali, ecc.), che necessiteranno a loro volta di trovare un linguaggio comune, un’omogeneizzazione dei metodi di lavoro, una strategia condivisa d’azione. Inoltre al Nucleo spetta il compito di svolgere il monitoraggio, a livello provinciale, in collaborazione con Irrsae e BDP, soggetti altrettanto complessi: anche in questo caso sono prevedibili difficoltà di comprensione, di condivisione, di operatività, e tempi lunghi…
  7. I livelli del monitoraggio e della valutazione: in questo ambito si nota una discrasia dei piani e dei livelli d’azione. Sul piano dell’assistenza il soggetto privilegiato appare essere il Nucleo (seppure integrato da rappresentanti del corpo ispettivo e dell’Irrsae); sul piano del monitoraggio si attivano ben tre livelli territoriali (singolo istituto, provincia, regione) e si intersecano molteplici soggetti: le stesse scuole, il Nucleo, l’Irrsae, la BDP, i Provveditorati, le Sovrintendenze, le Segreterie tecniche degli ispettori; sul piano della valutazione si attiva un unico livello – quello nazionale – ed un solo soggetto, il Cede. La territorialità appare un elemento rilevante, ma non appare chiaro in quale maniera si legherà ai vari piani d’intervento; anche i contenuti delle azioni di assistenza, monitoraggio, valutazione non sono esplicitati. Appare marginale l’utilizzo delle competenze tecniche rappresentate dagli ispettori, cui sono demandati compiti specifici della funzione, ma in regime "condominiale" con altri soggetti.
  8. L’articolazione del bilancio: le indicazioni relative all’imputazione delle entrate e delle uscite a due soli capitoli e la specificazione semplificata delle voci di bilancio costituiscono elementi di facilitazione della gestione dei progetti e saranno presumibilmente gradite al personale amministrativo. All’analisi del capitolo relativo alle spese emergono domande di chiarimento relative alle spese per il personale impegnato nei progetti di autonomia. Se si prevede di retribuire: a) Tutte le componenti: sono compresi i genitori e gli studenti? E per quali prestazioni? b) Il personale Ata dipendente dagli enti locali: con quale compenso? Quello previsto dal CCNL della scuola o da quello degli enti locali? c) Gli esperti esterni: se trattasi di docenti – esterni - di altre scuole, con il compenso previsto dal CCNL per le prestazioni straordinarie? Oppure sulla base della contrattazione privata, come prevede la direttiva 133/96, per gli esperti – esterni - "particolarmente qualificati"? Il discrimine sarà relativo all’appartenenza - o meno - all’amministrazione o al possesso – o meno – della prevista qualificazione? E’ ammesso il compenso forfettario? Le sole indicazioni rinvenibili nella direttiva sono quelle relative all’applicazione della circolare n.220/98 (vedi oltre) e alla retribuzione oraria contrattuale per i docenti che accettano di insegnare eventuali "discipline integrative facoltative" . La circolare 220 prevede l’assegnazione di risorse per il personale della scuola impegnato nel processo di autonomia (lo prevede come "una tantum" da assegnare in via sperimentale…) specificando che tali risorse non sono alternative ai "compensi per attività aggiuntive" e servono a retribuire (oltre "il disturbo" arrecato dallo studio, dalla predisposizione dell’informazione e dal collegamento con il Nucleo) anche l’attività di progettazione. Se ne deduce che le risorse previste per la progettazione effettuata da altri soggetti (i consulenti esterni "qualificati", ad esempio, che, si sa, costano…) sono da connettere alla voce E) del capitolo 15 delle uscite, mentre se la progettazione viene effettuata dal personale della scuola si accede ai fondi previsti dalla circolare n. 220, con la possibilità – anzi la certezza – che si verifichi una disparità di trattamento. Ancora a proposito della progettazione, ci si chiede quale sarà il compenso previsto? Orario o forfettario? Operando per analogia con le attività di aggiornamento?

 

Come si vede sono ancora molte le domande cui necessita di dare una risposta, almeno nella fase di passaggio al regime di autonomia. Questo non significa che a qualcuno competa di indicare "come essere autonomi" (ingiunzione paradossale!), significherebbe invece consentire alle scuole di sperimentare con successo la fase di passaggio per trarne un incentivo a continuare, giacchè si sa che non c’è migliore incentivo al successo che "avere successo".