vai alla home page Direzione didattica di Pavone Canavese

(02.01.2004)
Bentornato, pensiero divergente! Pedagogical ICT licence 
- di Marco Guastavigna

In Italia infuria da tempo un dibattito francamente avvilente: hanno diritto o meno coloro che hanno frequentato i corsi del “piano nazionale di formazione sulle competenze informatiche e tecnologiche del personale docente” a ricevere la patente europea del computer? Se sì, quali devono essere le condizioni economiche per sostenere i relativi esami? Tutto questo senza riflettere su quanto il syllabus di tale certificazione sia poco congruente con le esigenze del profilo professionale docente. Per fortuna non è dappertutto così: in Danimarca negli ultimi tre anni 45.000 persone (ben un terzo dell’insieme degli insegnanti e degli educatori di quel Paese) hanno frequentato i corsi della Pedagogical ICT licence, un modello di corso che fin da subito associa l’obiettivo dell’integrazione delle Tecnologie dell’Informazione e della Comunicazione nell’attività didattica da un punto di vista pedagogico all’esigenza di conoscere le pratiche tecnologiche, tanto ovvia quanto non esauriente i bisogni professionali. Apprendimento basato sui problemi, attività di gruppo, insegnamento tra pari, impiego critico dell’e-learning e dell’educazione a distanza, hanno costituito i punti fondanti del percorso formativo frequentato, al termine del quale i corsisti hanno ricevuto un certificato formalmente riconosciuto su tutto il territorio nazionale. Approfondiamo un po’ la questione, perché ci sono vari punti che meritano attenzione. La Danimarca ha da tempo avviato un piano per garantire un’efficace integrazione delle TIC nell’educazione. Dapprima si è mirato al loro ingresso in tutti i curricula attraverso l’uso dei computer e del software educativo; successivamente sono stati realizzati piani nazionali per assicurare a tutte le scuole l’accesso ad Internet ad alta velocità; ora il Ministero dell’Educazione si concentra sulla formazione degli insegnanti, con l’obiettivo che tutti gli insegnanti danesi entrino in possesso di “adeguate, rilevanti, misurabili ed omogenee” competenze di uso pedagogico delle TIC, in modo da “assicurare una sufficiente integrazione delle TIC a tutti i soggetti e in tutti i livelli educativi”. Il modello della “Pedagogical ICT licence” ha aiutato lo sviluppo di questo piano, permettendo di commissionare l’attuazione della formazione in modo decentrato e contemporaneamente di mantenere un sufficiente grado di controllo nazionale della qualità della realizzazione del progetto, la cui supervisione è affidata da un comitato di guida politica, formato da rappresentanti del Ministero dell’Educazione e degli enti che agiscono a livello centrale in questo particolare campo dell’educazione. Il progetto complessivo è sviluppato con un finanziamento pubblico nazionale, ma l’organizzazione e l’uso di ogni corso sono realizzati su base regionale e quindi pagati con fondi locali. Anche chi si forma riceve una retribuzione per le ore impiegate e in alcuni casi tale compenso è stato parzialmente assolto con la fornitura di un pc per uso personale! La filosofia di fondo della formazione si basa su alcuni assunti di fondo: a ciascun insegnante deve essere data l’opportunità di cogliere il suo specifico punto di partenza in rapporto al suo specifico lavoro e al contesto sociale; la conoscenza e le competenze non devono nascere dal trasferimento di informazioni da una persona ad un’altra, ma dall’apprendimento collaborativo, attraverso il contributo, la creatività e l’azione comuni; parole-chiave e allo stesso tempo punti critici fondamentali sono “sviluppo”, “processo” e “lavoro di gruppo”; nessuno strumento digitale va utilizzato senza che se ne sia compiuta un’ampia analisi da un punto di vista pedagogico. Nel realizzare i materiali per la formazione si è tenuto conto delle pratiche tecnologiche già in possesso effettivo degli insegnanti (con particolare riferimento al 5% che si situa in una scala ideale nel punto più basso e del 5% che invece si colloca nel punto più alto), in modo che la proposta sia motivante per tutti e comprensibile da ciascuno. I corsi sono differenti a seconda che si rivolgano alla scuola di base, alla secondaria  o agli educatori socio-sanitari e cominciano con una giornata introduttiva in cui si costituisce il gruppo di lavoro e in cui ciascun partecipante può discutere gli obiettivi con i colleghi e con il “facilitatore” (il tutor). Vengono indicate le pratiche tecnologiche necessarie allo sviluppo dell’attività e i partecipanti vengono divisi in gruppi di 2-4 persone. Il corso dura in genere 24 settimane e si articola su 8 moduli, divisi in obbligatori e opzionali. Al termine del corso si compila un questionario di valutazione. Ciascun modulo prevede un compito definito e ha la stessa impostazione di fondo: ogni tematica va affrontata sia dal punto di vista delle pratiche tecnologiche sia dal punto di vista pedagogico. È ovviamente cruciale l’interazione con il “facilitatore”, anche via rete. È possibile assumere diversi modelli di conduzione, ma in linea generale i corsisti lavorano in parte individualmente e in parte in gruppo e sono “sfidati e moderatamente spinti a descrivere e documentare attività di apprendimento che integrino le TIC e a sviluppare prodotti TIC necessari per iniziare una attività di apprendimento definita”. Per l’acquisizione delle pratiche tecnologiche sono previsti esercizi e manuali appositi, realizzati su una piattaforma specifica e adattabili alle conoscenze iniziali di ciascun partecipante. Il corso richiede di prestare attenzione critica ed esplicita a metodologie pedagogiche contemporanee, che siano punti focali del dibattito attuale. Vengono fatti circolare e discussi articoli, studi di caso e esempi di “buone pratiche”; ogni corsista interagisce con il facilitatore a cui invia bozze di lavoro e da cui riceve commenti e indicazioni.

 

Concludo con una panoramica dei contenuti dei moduli relativi alla scuola di base e alla secondaria superiore, che fanno capire immediatamente, soprattutto nel primo caso, come l’impostazione del progetto danese di formazione sia di gran lunga più convincente del riferimento al syllabus Ecdl.

 


Scuola di base (primaria e secondaria inferiore)4 moduli obbligatori; 4 a scelta tra gli opzionali

 

Moduli obbligatori: A. Come trovare qualcosa su Internet; B. Scrivere un testo; C. Comunicazione e collaborazione su Internet; H. Che cosa può cambiare nell’educazione[1].

Moduli opzionali: 1.I disegni raccontano una storia - lavorare con le immagini sul computer; 2. I propri calcoli- fogli elettronici; 3. Informazioni sullo schermo. Strumenti di presentazione e storie interattive; 4. Andare sulla rete: pagine web e diffusione su Internet; 5. Archiviazione e ricerca dell’informazione; 6. Il dado è tratto: modelli e simulazioni; 7. Colonne? Impaginazione e desktop publishing; 8. Software educativo; 9. Metodi di lavoro con le TIC; 10. TIC come strumento di educazione compensativa; 11. TIC e competenze di lettura; 12. Giochi e intrattenimento nell’educazione.

 


Scuola secondaria superiore 3 moduli obbligatori; altri 5 a scelta

Moduli obbligatori
1. TIC ed educazione; 2. Internet; 3. La produzione di materiale per corsi
Moduli opzionali
1. Uso delle presentazioni; 2. Produzione di siti; 3. Trattamento delle immagini digitali; 4. Processi di digitalizzazione e di trasmissione dati; 5. Multimedia; 6. Fogli elettronici e software statistico; 7. Modelli e simulazioni; 8. Linguaggio e TIC; 9. Produrre e lavorare con i testi; 10. Lavorare per progetti.


[1] Ho tradotto qui come altrove, tentando di restituire il senso dei titoli dei moduli, che in qualche caso sono “slogan a effetto”. Spero di esserci riuscito


Novità: Qualcosa si muove anche in Italia, ovvero il progetto EPICTL, sulla base del progetto Europeo e-Content.

Chiosa: il risultato è vergognoso. Agli insegnanti viene proposto un syllabus ridicolo, probabilmente tradotto da uno strumento automatico. Leggi le mie cattiverie in proposito.

Licenza Creative Commons
Questo articolo è pubblicato sotto Licenza Creative Commons.