Direzione didattica di Pavone Canavese |
(09.09.2010)
Massmedialità -
di
Marco
Guastavigna
Sta per ricominciare la scuola.
E i media - come da tradizione e in modo assolutamente trasversale ai diversi schieramenti - trattano l'argomento in modo sensazionalistico.
Particolarmente ciarlatanesco un articolo di qualche giorno fa del Fatto quotidiano, sul tema dei libri digitali, indisponente per vari motivi su cui tornerò tra poco, ma soprattutto per il fatto di essere pubblicato, oltre che su carta, su uno pseudo-blog, gestito con ogni evidenza da una redazione con funzione di collo di bottiglia, dal momento che gli autori originari dei "post" non rispondono mai o quasi ai commenti degli ingenui ed entusiasti lettori. In compenso, in linea con le tendenze attuali al giovanilismo e all'audience purchessia, è possibile diventare loro "fan" su Facebook, approdando così ad altri lidi sostanzialmente inerti.
Del resto, sono sotto gli occhi di tutti il presenzialismo e il culto della personalità perseguiti con ammirevole tenacia da alcuni dei soci fondatori del quotidiano.
Torniamo al merito: si parla in modo entusiasta e acritico dell'utopia - di per sé concepita in assoluta buona fede- di sostituire ai tradizionali libri le dispense prodotte dagli insegnanti delle scuole, con l'obiettivo di abbattere i costi dell'istruzione e di combattere la dispersione: "Addio ai libri, i testi ora sono sul PC" è del resto il titolo del terrificante articolo, la cui superficialità dimostra la mancata conoscenza del campo su cui l'autore scrive.
Viene usato il concetto di "lezioni hi tech", che la sola applicazione del buon senso dimostra privo di qualsiasi autentico significato.
Vi pare possibile poi pensare che noi insegnanti siamo in grado (magari gratis) di scrivere libri di testo? Qualcuno si rende conto della fatica, dell'impegno, delle difficoltà impicati da un'operazione culturale così complessa come la "didattizzazione" della cultura? Crederlo davvero è ridicolo, almeno tanto quanto affermarlo è demagogico: (presunta) innovazione tecnologica come strumento di copertura dei tagli indiscriminati e della macelleria sociale connessa alla riduzione dei posti di lavoro e alla canalizzazione degli studenti verso destini scolastici e culturali profondamente diversi, con la rinuncia ad ogni unitarietà del percorso formativo.
Certo, dirlo buca lo schermo e permette notorietà mediale, almeno temporanea.
L’idea di progresso del preside intervistato, poi, è resa dal giornalista grottesca: la tv non ha sepolto la radio, il cinema non ha ucciso la fotografia e così via. I media si integrano, non si sopprimono uno con l’altro.
E poi non si può confondere il calamaio con la stampa, con l'editoria organizzata e selettiva, con la credibilità scientifica e l'attendibilità.
Quanto poi al sottendere l’idea che spetti alla Direzione Generale degli Ordinamenti Scolastici – organismo dell’Amministrazione – dare l’imprimatur ai testi in uso in una scuola, è a metà tra Minculpop e Fahrenheit 451.
Caro-libri e dispersione sono gravi problemi, ma non si risolvono certo con la demagogia politica e con l’approssimazione culturale.
Per non parlare degli aspetti pratici a cui nessuno pensa, intento come è a magnificare novità fini a se stesse: da una parte virus, errori del sistema e così via che fanno perdere un anno di lavoro; dall’altra l’idea di leggere un file sul piccolo schermo di un netbook, magari ridotto a metà per poter anche scrivere su un programma di word processing!
Inutile dire che gli stessi toni entusiasti sono usati oggi dall'inserto Nova del Sole24ore, con un altro titolo di grande effetto (Webbecedario), sotto il quale si nasconde il trionfalismo acritico di chi esalta il mezzo senza preoccuparsi di metodi e contenuti.
Sempre a proposito di correttezza mediale, è stato davvero spiacevole accorgersi in questi giorni che Repubblica TV si è impadronita senza alcuno scrupolo del mio lavoro di produzione di sottotitoli testimoniato qui sotto:
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