Direzione didattica di Pavone Canavese |
(16.09.2005)
Fare scuola con i piedi (dedicato a Valentina Aprea, Mario Fierli, Alessandro Musumeci, Mario Pirani e al cane di Paola Mastrocola) - di Marco Guastavigna
Stamattina sono andato a scuola rincuorato dalle notizie sui rapporti tra Stato e Regioni: per qualche tempo ancora i miei allievi saranno cittadini come gli altri. Già ieri ho avvisato gli studenti di prima che oggi avremmo fatto una "cosa" che all'inizio sarebbe sembrata loro un po' strana e che avrebbe assunto significato solo via via. Oggi sono "carico", ho proprio voglia di provare.
Ho con me, come sempre, il mio portatile e la mia macchina fotografica digitale. Utilizzare per attività di apprendimento assistite dalle TIC le aule multimediali "ufficiali" è quasi sempre una "mission impossible". La tecnocrazia, l'addestramento all'ECDL e l'internet café hanno da tempo preso il potere.
Detto, fatto: li raduno in un angolo dell'aula in cerchio e scatto qualche fotografia dei loro piedi. Proprio in quel momento entra un collega con cui (lo scopro al momento) dovrei fare una codocenza e probabilmente pensa che sia ulteriomente impazzito: si tratterrà per un po', compilando i registri, poi andrà altrove, non so bene dove.
Trasferisco la foto sul PC; apro un programma per fare mappe mentali e la colloco al centro dello schermo, come argomento principale. L'obiettivo (per ora solo mio; con loro voglio dare vita ad un "evento") è anche quest'anno cominciare con i ragazzi un percorso strutturato sulle rappresentazioni della conoscenza.
Poi chiedo di dirmi cosa pensano osservando la fotografia. Per un po' c'è silenzio, poi la parola "Comodità" li sblocca.
Via via che riflettiamo la mappa mentale viene realizzata sul computer e sui quaderni. L'immagine dà conto del risultato, temporaneo, del lavoro:
Alcune osservazioni, non proprio a margine:
- l'evento ha funzionato, i ragazzi si sono incuriositi, hanno seguito tutti, l'ora è "volata";
- incidentalmente, ma non troppo, abbiamo immaginato, per dare un senso a quello che stavamo facendo, di essere degli "archeologi del futuro", impegnati ad analizzare un documento digitale sulle abitudini dei giovani del XXI secolo; dobbiamo anche chiarirci cosa voglia dire "antropologia culturale" - mi è scappato di dirlo;
- non ci siamo limitati a realizzare empiricamente la mappa: abbiamo ragionato sulle "regole"
logiche con cui l'abbiamo costruita (associazione gerarchica, nodi, livelli, importanza degli aspetti grafico-visivi) e le abbiamo fissate sul quaderno, per riutilizzarle;
non va trascurato il fatto che l'ambiente utilizzato ingegnerizza in modo
rigoroso ed evidente tali regole e diviene quindi una palestra per la loro
applicazione, ma soprattutto per la loro condivisione e comprensione;
- abbiamo dato concretezza all'idea del brainstorming organizzato, della raccolta delle idee con criteri definiti e condivisi;
- ho chiesto se fosse possibile trovare in classe altre "cose" su cui realizzare associazioni simili: rapidamente sono stati individuati i "jeans" ed i "polsi", carichi di braccialetti - e privi di orologi, la cui funzione presso gli adolescenti sembrerebbe assorbita dai telefoni cellulari: forse siamo di fronte ad un esempio di trasformazione antropo-tecnologica che, oltre a far risparmiare le famiglie, confermerebbe le ipotesi dei teorici del modello negoziale dell'innovazione tecnologica, anche se probabilmente fa inorridire molti di coloro che hanno messo piede in una scuola (pubblica, quella hanno diritto di andare tutti) solo nel periodo in cui sono stati studenti (rigorosamente di liceo) o al massimo per qualche cerimonia ufficiale, occasione in cui tutti si inamidano, non solo i colletti;
- ci siamo detti che, se ponessimo (loro non lo sanno, ma è quel che
faremo) al centro la parola "moda", potremmo scrivere al primo livello "jeans", "scarpe da ginnastica", "braccialetti di plastica" e così via;
- ho dovuto insistere per ottenere che i ragazzi si alzassero dai banchi per andare, se necessario, a dare uno sguardo da vicino allo schermo del PC - che non siano abituati alla libertà, alla responsabilizzazione, ma solo al controllo? Vedremo.