Direzione didattica di Pavone Canavese |
(24.04.2009)
Digital naïf
-
di
Marco
Guastavigna
Da tempo la scuola è succube del marketing concettuale: sul piano generale qualche anno fa andavano di moda espressioni come top-down e bottom-up; poi siamo passati a meta-, per approdare attualmente alle retoriche connesse al piano dell'offerta formativa, alla flessibilità e, magari, all'integrazione dei sistemi di formazione e istruzione. Nello specifico delle tecnologie, poi c'è davvero solo l'imbarazzo della scelta, per cui mi limiterò a citare solo l'ultima delle mitologie 2.0, ovvero quella dei digital natives.
Il vantaggio delle mitologie e delle retoriche (soprattutto se ridotte a batterie di facili slogan) è quello di "bucare lo schermo": colpiscono l'immaginario, sussumono in una visione suggestiva e di per sé coerente numerosi elementi, producono convegni, seminari, pubblicazioni, celebrità, potere culturale ed accademico.
Non è un caso che il ceto parassitario, istituzionale, para-istituzionale e privatistico che circonda e assedia unità scolastiche solo apparentemente autonome veda proliferare seguaci indiretti e, a volte, portaborse diretti di coloro che hanno coniato (nel nostro Paese più frequentemente importato) uno di questi concetti di mercato, tutti intenti a costruire le proprie rendite di posizione su questa subordinazione intellettuale acritica.
In aperta polemica con questa logica, voglio in questa occasione proporre una mia categoria, enunciata nel titolo dell'articolo. Chi è quindi il digital naïf? È colui o colei che utilizza in maniera ingenua le tecnologie della società della conoscenza, credendo - quasi sempre in totale buona fede - di impiegarle in modo produttivo ed efficace.
A differenza del mitico digital native, il nostro soggetto è trasversale alle generazioni.
Il digital naïf adolescente:
- tiene il cellulare (in qualche più di uno) perennemente acceso anche se non lo/la chiama mai nessuno;
- scarica film, giochi, musica e vari altri prodotti culturali dalla rete perché lo fanno tutti e magari fa scambi con compagni, amici e parenti via bluetooth;
- registra un programma televisivo- tutto o in parte - e lo colloca su Youtube;
- pensa che il diritto d'autore sia un colpo molto ben riuscito a Federer o a Nadal;
- durante la gita scolastica fa una gara di rutti, la filma con il cellulare e di nuovo colloca il video su Youtube, per poi segnalarlo ad amici ed amiche;
- ascolta musica con il suo lettore Mp3 fino al momento dell'ingresso in aula senza scambiare parola con i compagni;
- scarica la tesina d'esame da studenti.it o siti similari; o magari prende il file del cugino, senza nemmeno aggiornarlo, tanto...
- chatta con Messenger o simili con amici e amiche del quartiere;
- si iscrive a Facebook senza assolutamente interessarsi del suo regolamento, che sottoscrive senza leggerlo; vi colloca fotografie personali, numeri di cellulare, sentimenti e stati d'animo; se è molto attivo aderisce a gruppi del tipo "quelli che fanno bordello a scuola";
- copia una voce di Wikipedia - senza nemmeno leggerla - per risolvere un compito scolastico, sapendo che ha ancora buone probabilità di non essere beccato/a dall'insegnante;
- usa nickname di dubbio gusto per dimostrare quanto è figo e nell'illusione di essere autonomo.
Il digital naïf adulto:
- osserva ammirato il digital naïf adolescente;
- confonde quantità di connessione con qualità dell'esperienza culturale;
- confonde la praticaccia tecnologica con la competenza comunicativa e intellettuale d'uso delle strumentazioni digitali;
- aspira a prendere l'ECDL o almeno a un riconoscimento formale delle sue competenze informatiche;
- non compera il software commerciale perché nessuno lo fa; in alternativa: resta folgorato/a dall'open source e diventa fanatico/a di Linux;
- si appassiona all'ultimo gadget, salvo tradirlo con il successivo;
- formula di preferenza la domanda: "Tu, cosa usi per... ?"; e va in panico quando deve ammettere: "Non lo conosco";
- pratica del tutto tranquillamente il copia - e - incolla delle opere di ingegno altrui sul proprio blog, wiki, cms, perché "in rete si fa così"; oppure, esibisce una licenza Creative Commons al fondo dei suoi messaggi di posta perché è molto trendy farlo; in ogni caso, maledice quelli che proteggono un file pdf con una password e impediscono l'immediata riproduzione del suo contenuto;
- se trova qualcosa di interessante, non si limita a linkarne l'url; fa il download e poi l'upload in un proprio spazio sulla rete ("I miei link sono più sicuri di quelli altrui; pazienza se mi perdo l'ultima versione di un materiale che verrà via via aggiornato; intanto ce l'ho);
- appena se ne impadronisce, utilizza con compiacimento ogni possibile espressione gergale: il d. n., per esempio, non inserisce un commento, lo "posta"; e pensa che le avvertenze contro i tecnicismi collaterali - quelle espressioni che complicano un ragionamento senza aggiungere alcun significato - siano un vezzo teorico dei linguisti.
Quando è insegnante, il digital naïf ha poi alcuni comportamenti specifici:
- va ai convegni sulle tecnologie per accertare "che cosa c'è di nuovo", nel timore che gli sia sfuggito; tira un sospirone di sollievo quando ha la conferma di avere tutto sotto controllo;
- ciclicamente si innamora dell'ultimo gadget professionale (nel passato magari lo scanner, oggi probabilmente la Lavagna Interattiva Multimediale) e pensa che se lo avesse risolverebbe tutti i suoi problemi didattici;
- appena si imbatte in una novità hardware e/o software, immediatamente cerca il modo di "sperimentarne le potenzialità" con i suoi allievi;
- non coglie la contraddizione tra gli scenari descritti e le intenzioni annunciate dall'amministrazione scolastica in occasione delle annuali parate sulle tecnologie e il disinvestimento sulla scuola operato dalla stessa;
- pensa che se tutti usassero le tecnologie come lui/lei la scuola sarebbe molto diversa;
- rifugge dalla teoria perché ciò che importa davvero è la pratica quotidiana;
- se partecipa ad iniziative di formazione a distanza su piattaforma e-learning, legge superficialmente il materiale di studio, perché "ciò che conta sono i forum dove si scambiano le esperienze tra colleghi".
La
scuola del disinvestimento Intervento estemporaneo all'iniziativa YouTeacher Grugliasco, 23 aprile 2009 |
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